Nicaragua: : studiare oggi nelle università…

… è un sogno sempre più lontano.

Tagliata la quota percentuale destinata al funzionamento degli atenei del paese, ossia alla formazione di oltre 180mila giovani e delle future generazioni. Con il 6% sono infatti finanziate pure le borse di studio per i meno abbienti che, in tal modo, avranno minori possibilità di poter proseguire gli studi.

di Bái Qiú’ēn

¡Que vivan los estudiantes, / jardín de las alegrías! / Son aves que no se asustan / de animal ni policía, / y no le asustan las balas / ni el ladrar de la jauría. (Violeta Parra, 1965).

Il sacrificio di Ernesto Che Guevara, identificato con gli ideali marxisti, ha insegnato che l’epoca dei conformisti che si travestivano da marxisti appartiene al passato. (Carlos Fonseca Amador, Mensaje del Frente Sandinista de Liberación Nacional a los estudiantes universitarios, 15 aprile 1968)

Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza. (Antonio Gramsci)

Ieri: «Le Università e i Centri di istruzione tecnica superiore, che secondo la legge devono essere finanziati dallo Stato, riceveranno un contributo annuo pari al 6% del Bilancio generale della Repubblica, che sarà distribuito secondo la legge. Lo Stato può concedere contributi aggiuntivi per spese straordinarie di dette università e centri di formazione tecnica superiore». Così stabilisce il terzo comma dell’art. 125 della Costituzione della Repubblica del Nicaragua, in vigore dal gennaio 1987.

Oggi: «Avere voci di bilancio percentuali legate al volume del bilancio esistente sembra positivo, ma non lo è» ha affermato di recente il presidente dall’Asamblea Nacional Gustavo Eduardo Porras Cortés, nel suo discorso di chiusura dell’attività legislativa il 15 dicembre 2023. Ha aggiunto che questo vincolo deve essere eliminato per il bene del Paese, poiché il bilancio del Nicaragua è andato sempre più aumentando negli ultimi anni e, di conseguenza, pure la percentuale destinata all’istruzione superiore è salita. Per quanto non abbia fatto alcun riferimento esplicito al 6%, pare evidente il suo riferimento, poiché il 4% in origine fissato per il funzionamento della magistratura (art. 159) è stato eliminato il 23 novembre 2023 motivandolo con la necessità di «suprimir la rigidez presupuestaria». Non esistono altre percentuali fisse stabilite nel testo della Costituzione.

Il bene del Paese lo si fa, pertanto, tagliando la quota percentuale destinata al funzionamento delle università, ossia alla formazione di oltre 180mila giovani e delle future generazioni. Con il 6% sono infatti finanziate pure le borse di studio per i meno abbienti che, in tal modo, avranno minori possibilità di poter proseguire gli studi.

In base ai dati forniti dall’ultima Encuesta de Medición del Nivel de Vida realizzata nel 2014 dal governativo Instituto Nacional de Información de Desarrollo (INIDE) un terzo della popolazione vive in una condizione di povertà (meno di US$ 3,65 al giorno), la quale è un sintomo dell’enorme disuguaglianza di reddito e ricchezza che esiste nel Paese. Nel decennio successivo, fino a oggi, si sono sviluppate soltanto delle proiezioni del tutto teoriche, sebbene la povertà non sia solo un problema economico e sociale, bensì essenzialmente politico.

Il bilancio generale previsto per il 2024 raggiunge la cifra di 138.634 milioni di córdobas (circa US$ 3.800 milioni), per cui la quota del 6% corrisponderebbe a 8.318 milioni di córdobas (circa 228 milioni di dollari), equivalenti a circa US$ 1.270 ogni studente universitario. Cifra astronomica, secondo Gustavo Porras, che la definisce «molto alta ed è necessario porvi un limite», anche perché la Costituzione «era basata sul pensiero neoliberista» (scordando opportunamente la data in cui entrò in vigore: 9 gennaio 1987). A tutti gli effetti, la questione del 6% si presentò alla ribalta politica con l’insediamento presidenziale di Violeta Barrios de Chamorro nel 1990, vincitrice delle elezioni anticipate del 25 febbraio: le manifestazioni studentesche iniziarono alla fine del 1991, poiché non si rispettava detta percentuale costituzionale in relazione alle entrare statali ordinarie e straordinarie (provenienti dalla cooperazione internazionale).

In realtà, ai 228mila dollari occorre sottrarne una buona fetta di almeno il 10%, poiché già nel 2023 ben 23,58 milioni di dollari sono finiti nelle casse della segreteria tecnica del Consejo Superior de las Universidades (CSU). Guarda caso, nel dicembre 2023, con la riforma all’art. 56 della Legge sull’autonomia universitaria, il presidente, il vicepresidente, il direttore e il vicedirettore del CNU sono «nominati dalla Presidenza della Repubblica per un periodo di cinque anni». Al contempo, con il nuovo art. 56bis, la stessa “riforma” stabilisce che i fondi per le università saranno gestiti dal Ministerio de Hacienda y Crédito Público (ministero delle Finanze). Lo stesso Porras ha aggiunto nel suo discorso che ciò corrisponde all’ammodernamento dell’istruzione superiore.

Si può prevedere che la quota economica che anno dopo anno sarà assegnata, verrà probabilmente stabilita dalla stessa Asamblea Nacional, su indicazione della presidenza della Repubblica, in altre parole di Daniel e Rosario, assegnando loro una nuova e ulteriore quota di potere. È evidente che una struttura istituzionale di tipo verticale e verticistico sia la netta antitesi della democrazia, comunque la si voglia declinare. Già da alcuni anni, per ottenere una borsa di studio è necessario scrivere una lettera a Daniel (nonostante l’autonomia universitaria) ma è ufficialmente il Ministerio de Educación (MED) in collaborazione con il Ministerio de la Juventud (MINJUVE) a decidere chi ne può beneficiare. Esistono vari tipi di borse di studio, in genere per poter pagare l’alloggio, i trasporti e l’alimentazione. Per un periodo di dieci mesi si possono ricevere fino a 5.000 córdobas mensili (circa 137 dollari). Questa è la cifra astronomica secondo Porras!

Senza scadere nel populismo o nell’anti-casta, è opportuno ricordare che un deputato all’Asamblea Nacional riceve un “salario” di circa 100mila córdobas mensili (grosso modo 2.700 dollari), oltre al rimborso delle spese sostenute nell’esercizio delle funzioni. Per quanto riguarda lo stesso Porras, deputato dal 2002, gode di ben quattro entrate che portano nelle sue tasche l’equivalente di oltre 5.600 dollari mensili (dall’Asamblea Nacional, dal Ministerio de Salud e dall’Universidad Nacional Autónoma), oltre a ciò che intasca dall’impresa farmaceutica Unimark, fondata nel settembre 2006. Negli ultimi anni l’attività dei parlamentari si è però ridotta all’approvazione dei decreti presidenziali, con pochissime iniziative di legge “autonome” nel corso dell’anno. Noi italiani, mutatis mutandis, conosciamo assai bene questo meccanismo e non occorre chiarirlo nei dettagli: in sostanza la sola differenza è che da noi è il Governo a emanare decreti legge a ripetizione, che il parlamento approva a scatola chiusa, mentre in Nicaragua è il presidente dalla Repubblica: questione formale più che sostanziale. Con buona pace dello slogan El pueblo presidente.

È opportuno ricordare che vari Paesi e parecchie ONG, nel corso degli anni, hanno finanziato numerose borse di studio essendo insufficienti i fondi statali del 6% destinati al settore universitario. Alcune di queste ONG sono state soppresse in questi ultimi anni dal Governo socialista, cristiano e solidale.

L’unica domanda logica che ci si può porre è: come potranno affrontare gli studi universitari i figli delle famiglie povere od estremamente povere se quei miserrimi 137 dollari mensili (1.370 in un anno, id est: dieci mesi) verranno ridotti o se saranno assegnati a un numero minore di studenti? Sia l’una sia l’altra alternativa ricadrà inevitabilmente sui figli delle famiglie disagiate, che non dispongono delle risorse economiche necessarie.

Considerando che già all’inizio dell’aprile 2019, accusandola di terrorismo, il Governo aveva tolto il finanziamento del 6% all’Universidad Centroamericana (UCA), per poi requisirla e trasformarla nell’università statale Casimiro Sotelo Montenegro (con insufficienti finanziamenti statali) e che nel giro di alcuni mesi ha chiuso una trentina di centri universitari in tutto il Paese, la proposta di Porras è evidente che rientri in un vero e proprio attacco all’istruzione superiore nel suo complesso. Non a caso le proteste del 2018 iniziarono dagli studenti universitari che solidarizzavano con i pensionati che protestavano per la riforma dell’INSS, per allargarsi a macchia d’olio ad altri settori della società civile.

Due anni dopo quelle proteste popolari spontanee, il 10 gennaio 2020, lo stesso Porras aveva affermato: «Ecco un Nicaragua diverso, con un’enorme quantità di diritti restituiti al popolo nicaraguense». Come no, cro. Porras!

Una risposta concreta a questa facile propaganda la diede Gerard Lutte nell’agosto dello stesso 2018: «Da quando il 19 aprile scorso è scoppiata l’insurrezione pacifica di giovani e contadini contro il governo di Ortega, mi mantengo ogni giorno in contatto con amiche ed amici che vivono in Nicaragua. Sono tutti sandinisti di cuore e quasi tutti stanno appoggiando la ribellione contro Ortega-Murillo. Ho notato negli ultimi tempi la prudenza di vari amici che non esprimono la propria opinione con la libertà di prima. Quando le persone hanno paura di esprimersi liberamente via email, per telefono o sulle reti sociali perché temono la repressione, significa che qualcosa di grave sta succedendo nel paese». Lutte, religioso di origine belga scomparso nel 2023, non può di certo essere considerato un controrivoluzionario: assieme a Giulio Girardi e altri, fondò nel 1990 l’associazione Unicaragua per finanziare borse di studio universitarie per gli adulti: «Così abbiamo dato sostegno in forma completamente volontaria a più di 700 donne e uomini e al loro desiderio di studio. Ho abbandonato questo progetto non appena mi sono reso conto, dopo la prima crisi del Fronte Sandinista […] che le borse di studio erano usate in modo clientelare dalla fazione di Daniel Ortega».

Forse Porras dovrebbe rileggere con attenzione (o leggere per la prima volta in vita sua) il Programa Histórico del FSLN e meditare almeno sul punto che indica: «La Rivoluzione Popolare Sandinista […] Assegnerà borse di studio a studenti di diversi livelli con risorse economiche limitate. Le borse di studio comprenderanno: alloggio, cibo, vestiario, libri, trasporti» (1967).

Per la cronaca, in modo assai generalizzato tra i combattenti storici del FSLN, Porras è definito «un sandinista del 20 luglio», poiché non si sa che ruolo politico-rivoluzionario abbia svolto nel periodo precedente al trionfo del 1979 (quando aveva venticinque anni). La comandante Mónica Baltodano (di pochi mesi più giovane di lui), che ha intervistato numerosi combattenti storici della lotta antisomozista, ha affermato che «Nessuno di loro lo colloca in un’organizzazione, nemmeno come collaboratore». A tutti gli effetti, stando a chi lo conosceva all’epoca, essendo del tutto avulso dalla lotta politico-sociale, più che altro si limitava a studiare medicina all’UNAN di León e si lamentava per il fastidio che gli causavano sia le lotte studentesche contro la dittatura sia le azioni guerrigliere del FSLN.

Stando ad alcuni testimoni oculari, il 19 luglio 1979 si presentò nella Plaza de la Revolución (ancora denominata de la República) a bordo della sua Volkswagen rossa. Soltanto per curiosare.

***

Il 13 dicembre 1995, nel corso di una protesta studentesca per l’applicazione dell’art. 125 della Costituzione che proseguì fino all’agosto del 1996, si verificarono alcuni scontri con la polizia, con due ragazzi uccisi: Jerónimo Urbina ed Ernesto Porfirio Ramos. Lo stesso accadde il 20 aprile 1999, quando fu ucciso lo studente di Diritto Roberto González Herrera, di fronte alla biblioteca del Banco Nacional. Erano gli anni del governo del presidente “rojo sin mancha” Arnoldo Alemán, in piena auge dell’idea neoliberista che l’istruzione rappresentava una spesa per lo Stato e non un fattore strategico del progresso del Paese.

All’epoca il dirigente sindacale Gustavo Porras (dal 1984 eterno coordinatore nazionale del Frente Nacional de Trabajadores, FNT) appoggiava le lotte studentesche, come pure il segretario del FSLN Daniel Ortega. Anzi, per dirla tutta, dal 1990 al 2006, negli anni in cui Daniel governava “dal basso”, proprio la difesa del 6% era stata la molla per numerose manifestazioni, scioperi e proteste con tanto di morteros caseros, lancio di pietre, incendio di veicoli e persino l’allestimento di numerosi tranques sulle strade.

Per far fronte a quella situazione di caos sempre più generalizzato, Arnoldo Alemán approvò un piano congiunto della Polizia Nazionale e dell’Esercito per proteggere i principali edifici pubblici e garantire la libera circolazione nelle strade: una decisione che poteva preludere alla dichiarazione dello stato di emergenza. Aveva inoltre tentato di affrontare la crisi politico-sociale con una campagna di propaganda in cui affermava che tutto quel bochinche era dovuto ad «un piano sandinista ben orchestrato» per destabilizzare il suo governo. Il 1° maggio, dal canto suo, Daniel affermò che «il popolo ha il diritto all’insurrezione» di fronte alla mancanza di rispetto della legge da parte del governo e alla chiusura degli spazi civici di lotta.

Il ministro delle Finanze attualmente in carica, Iván Acosta, il 19 ottobre 2023 ha spudoratamente travisato la realtà storica, facendo un paragone indiretto ma chiaro con le proteste del 2018: «Abbiamo dovuto trattarli in modo rude [gli agenti di polizia], lanciando loro delle uova perché sappiamo come protestare, sappiamo come incanalare la nostra energia. Non bruciamo i beni pubblici, non bruciamo le persone, non danneggiamo le cose dei più poveri, né danneggiamo la ricchezza del Paese».
Un’altra ondata di proteste universitarie avvenne dal 2003 al 2006, negli anni del presidente Enrique “Churruco” Bolaños Geyer, che aveva tappezzato il Paese di enormi cartelloni con lo slogan Sí, se puede.

Nell’attualità pare che l’idea neoliberista sull’istruzione come inutile spesa per lo Stato sia propagandata e attuata proprio da coloro che oggi governano “dall’alto” e avrebbero il dovere storico e politico di difendere un diritto costituzionalmente sancito e che dal 2018 la massa studentesca rappresenti un pericolo esistenziale per il sistema ufficialmente socialista, cristiano e solidale: la misma mona con distinto rabo, recita il proverbio. Per la cronaca, nel 2012 il Fondo Monetario Internazionale (FMI) aveva “suggerito” al Governo del Nicaragua di ridurre sensibilmente il 6% e in maggio si svolse un’imponente manifestazione studentesca di fronte all’edificio dell’Asamblea Nacional sull’Avenida Bolívar. Il capogruppo del FSLN Edwin Ramón Castro Rivera si incontrò con i protestatari, dichiarando: «Voglio affermare alla comunità universitaria, a tutti i giovani, che questa Assemblea Nazionale, questo gruppo parlamentare del popolo del Nicaragua [FSLN], è estremamente rispettoso della Costituzione Politica del Nicaragua e il 6% è una norma costituzionale e quindi non può essere modificata». Ha poi aggiunto: «Qui rispetteremo il nostro diritto di decidere per noi stessi. Si è deciso che l’autonomia e il 6% sono norme costituzionali, quindi non può esservi alcuna legge che tenti anche solo di discuterne». A tutti gli effetti, l’autonomia universitaria è stata praticamente cancellata il 31 marzo 2022 con la “riforma” di quella legge n. 89, approvata pochi giorni prima del passaggio delle consegne con l’entrata in carica di Violeta Barrios come presidente della Repubblica e pubblicata ne La Gaceta Diario Oficial del 20 aprile 1990: «Considerando […] Che l’autonomia universitaria, per la quale da anni si è lottato in Nicaragua, implica la capacità dell’Ateneo di formulare la propria legislazione interna, designare le proprie autorità, autogovernarsi e programmare la propria attività accademica, nonché di disporre dei propri fondi in completa libertà».

Poiché troppa acqua è passata sotto i ponti, dopo il 2018 è in corso una sorta di vendetta a tappe contro la società civile e la gioventù del Nicaragua, troppo insofferente e per natura incline alla ribellione. Contemporaneamente aumenta il livello di controllo socio-politico. A tutti gli effetti si può parlare di una vera e propria guerra del potere contro la società civile. Nulla e nessuno, però, può garantire che gli studenti universitari restino passivi e succubi, senza rispolverare il vecchio slogan sandinista «Derecho no defendido, derecho perdido». Del resto, il 13 dicembre 2023 (due giorni prima delle parole di Porras), come tutti gli anni, nelle università nicaraguensi si è svolta la celebrazione in ricordo e in omaggio dei caduti nelle lotte per il 6%.

Sul by-pass di Tiscapa, a Managua, parecchi anni fa fu collocato il busto di José Martí (1853-1895), l’Apostolo dell’Indipendenza cubana, che a suo tempo affermò: «Solamente un pueblo culto puede ser verdaderamente libre» e aggiunse «La educación es el único modo de salvarse de la esclavitud».

Dal canto suo, A.C. Sandino, nel suo Manifiesto político del 1° luglio 1927 (detto anche de San Albino), avvertì: «tened presente que a todos se puede engañar con el tiempo, pero con el tiempo no se puede engañar a todos».

Sorge il dubbio che il governo in carica abbia deciso di limitarsi all’alfabetizzazione minima, escludendo il più possibile quella superiore, con un’interpretazione ristretta e dogmatica del noto invito di Carlos Fonseca: «Y tambien enseñenles a leer». E insegnategli pure a leggere…

Quali e quanti altri passi in direzione ultra-conservatrice faranno Daniel e Rosario pur di mantenersi al potere? Avranno il coraggio d’inimicarsi tutto il settore studentesco cancellando il 6% e rischiare un altro 2018? Quanto tempo ancora continuerà l’uso di un linguaggio apparentemente di sinistra che maschera scelte politiche antipopolari? Una cosa è la realtà fattuale, altra sono i reiterati discorsi “rivoluzionari”, con la loro logica tendenzialmente suicida a livello politico, che la cronaca ha già deplorato e la storia difficilmente potrà assolvere.

Redazione
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