Niente mutuo se hai avuto il cancro

di Gianluca Cicinelli (*)

Chi ha avuto una malattia oncologica, oggi si trova a vivere delle difficoltà nell’accesso ad alcuni servizi. Richiedere mutui, prestiti, assicurazioni e adozioni, per un ex paziente significa spesso fare i conti con il passato e con la patologia che si è lasciato alle spalle. Mentre un tempo il tumore era una malattia che dava poche speranze di sopravvivenza, oggi moltissime neoplasie sono curabili e altre hanno un’aspettativa di vita lunga.

È necessario che il nostro Paese si unisca a quelli che hanno emanato la legge “per il diritto all’oblio”, garantendo ai suoi cittadini un futuro libero dallo stigma della malattia oncologica. Si tratta di una norma che permetterebbe all’ex paziente di non dichiarare la malattia, pratica oggi obbligatoria per la stipula di molti contratti e la richiesta di alcuni servizi.

Per questa ragione Fondazione AIOM ha realizzato la campagna di comunicazione “Io non sono il mio tumore” con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e le Istituzioni, nella speranza di raggiungere al più presto gli altri Paesi virtuosi.

Ogni neoplasia ha diverse caratteristiche e richiede, anche in funzione della persona che ne è affetta, un diverso iter di terapie. Esistono tumori che possono essere curati in alcuni mesi, altri in pochi anni, altri ancora richiedono più tempo. Alcuni possono essere cronicizzati e garantiscono al paziente una qualità di vita quasi pari a chi non è malato. Nel dettaglio, la legge per il diritto all’oblio permetterebbe di non considerare più paziente oncologico:

  • Chi ha avuto un tumore solido in età pediatrica, dopo 5 anni dal termine delle cure;
    Chi ha avuto un tumore solido in età adulta, dopo 10 anni dal termine delle cure.

LA RIABILITAZIONE PER LA QUALITÀ DI VITA
Il Piano europeo di lotta contro il cancro mira non solo a garantire che i pazienti oncologici sopravvivano alla malattia, ma che vivano una vita lunga e soddisfacente, senza discriminazioni e ostacoli iniqui.

A tal proposito, la Mission on Cancer, promossa e finanziata dalla Commissione Europea, prevede di salvare entro il 2030 tre milioni di persone, assicurando una vita più lunga e migliore, attraverso 3 pilastri: prevenire tutto il prevenibile, ottimizzare la diagnostica e il trattamento e sostenere la qualità della vita.

Il ritorno a una vita normale, produttiva e “di qualità” può essere assicurato solo da una tempestiva riabilitazione oncologica, conditio sine qua non per un pieno recupero fisico, nutrizionale, cognitivo, psicologico e sociale. I problemi più comuni cui devono far fronte le persone guarite dal cancro derivano infatti da complicanze, più o meno invalidanti, conseguenti alla malattia in sé o ai trattamenti (chirurgia, chemioterapia, radioterapia, farmaci), per cui è necessario un programma personalizzato, che tenga conto dei diversi aspetti dei deficit funzionali.

Solo una tempestiva riabilitazione oncologica “globale” consente di reinserire le persone libere da malattia e/o guarite nel sistema lavorativo, nella famiglia e nella società civile.

La riabilitazione deve dunque essere parte integrante del piano terapeutico di ciascun malato di cancro, in tutte le fasi del percorso, allo scopo di prevenire e trattare gli effetti collaterali dei trattamenti, come anche di recuperare le funzioni lese.

La riabilitazione oncologica in Italia è di fatto un diritto negato, tanto che anche una rilevante quota di persone guarite convive con disabilità più o meno gravi che impediscono loro il ritorno a una vita produttiva e che le costringono a ricorrere al sostegno assistenziale e previdenziale riconosciuto alle persone invalide ed inabili da INPS e da enti e casse previdenziali.

Per dare risposta a questa grave mancanza, già nel 2015, AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) e FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia), in collaborazione con tutte le società scientifiche, hanno prodotto un documento di consenso (“Dalla pratica del follow up alla cultura di survivorship care”) per orientare i comportamenti dei clinici, migliorare la qualità degli interventi e ridurre gli sprechi.

Fondazione AIOM e FAVO, con le altre associazioni amiche che aderiranno al progetto sul “Diritto all’oblio”, proseguiranno unite nella realizzazione delle necessarie iniziative, anche sul piano normativo e legislativo, per assicurare la migliore qualità di vita ai malati di cancro e alle persone guarite. Ciò potrà avvenire attraverso l’accesso gratuito alla riabilitazione oncologica che potrà essere assicurata dal SSN solo a seguito del suo inserimento nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).
In tal modo, le persone portatrici di disabilità potranno recuperare le condizioni per il ritorno a una vita normale e fruire del diritto all’oblio.

I NUMERI IN ITALIA
Nel nostro Paese sono 3,6 milioni le persone che hanno avuto una diagnosi di cancro. Di questi, il 27% – circa 1 milione – può essere considerato guarito. Molti di loro subiscono, hanno subito o subiranno ingiustamente discriminazioni legate alla malattia.

DOVE È GIÀ LEGGE
Negli ultimi due anni Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda e Portogallo si sono attivati per dare vita alla legge che garantisca agli ex pazienti il diritto a non essere rappresentati dalla malattia e a non subire discriminazioni.

Per ulteriori informazioni https://dirittoallobliotumori.org/diritto-alloblio-oncologico/ 

(*) articolo in origine pubblicato su https://diogeneonline.info/niente-mutuo-se-hai-avuto-il-cancro/

 

ciuoti

Un commento

  • Aumentare le tutele per chi si è ammalato, comprese quelle Inail che richiama a visita i lavoratori per vedere se si può sottrarre qualche punto di percentuale di danno biologico;
    è una condotta ansiogena che vede solo i postumi somatici della malattia senza considerare quelli psicosociali e relazionali compreso i timori per il futuro, il rischio di ricaduta, i sentimenti di rabbia per essere stati vittime di esposizioni “indebite” cioè evitabili;
    poi Inail è capace di “riconoscere” il 25% di danno biologico a un malato di mesotelioma…e anche di non riconoscere nulla; in altri termini si comporta peggio delle banche; AD OGNI MODO LOTTA SENZA QUARTIERE CONTRO LE DISCRMINAZIONI…LE BANCHE …CON TUTTI I PRESTITI CHE FANNO A PADRONI CHE INQUINANO E FABBRICANO ARMI…
    che sarà fare un piccolo “sforzo” per non discriminare che ha già avuto “problemi” ???

    Vito Totire, medico del lavoro

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