Nizar Banat non parlerà più

ne scrivono Chiara Cruciati e Luisa Morgantini

Dissidente ucciso durante un raid della polizia dell’Anp nella sua casa

Nizar Banat, noto critico del presidente Abu Mazen e candidato alle presidenziali sospese dall’Autorità nazionale palestinese, è morto dopo un violento arresto. La famiglia denuncia: è stato brutalmente picchiato. Attivisti e partiti politici chiedono un’indagine indipendente

“Nizar Banat è stato assassinato”. Questa è l’accusa che da questa mattina gira sui social e tra tanti palestinesi della diaspora e dei Territori Occupati: l’attivista palestinese, duro critico dell’Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen, ha perso la vita stamattina nella sua casa di Dura, vicino Hebron, durante un raid delle forze di sicurezza dell’Anp.

La sua salute “è derivata durante l’arresto”, il commento laconico del governatore di Hebron Jibreen al-Bakri, una dichiarazione che non dice nulla e che la famiglia di Banat rigetta: è stato picchiato, dicono, dai poliziotti venuti per arrestarlo. Una detenzione che non è isolata: non solo Banat era stato arrestato più di una volta nella sua vita, ma sono diversi i casi di critici e oppositori della linea di Abu Mazen, ma anche semplici utenti dei social, finiti in manette in Cisgiordania nell’ultimo periodo.

Secondo quanto riportato da Middle East EyeMuhannad Karajah di Lawyers for Justice aveva ricevuto una telefonata di Banat ieri, durante la quale l’attivista aveva raccontato di essere stato oggetto di minacce da parte dei servizi di intelligence palestinesi. Un mese fa inoltre uomini armati avevano sparato 60 volte contro la sua casa di Dura, mentre la famiglia era all’interno.

A condurre l’arresto, stanotte alle 3.30, sarebbero stati ben 25 membri della Preventive Security and General Intelligence, che hanno buttato giù la porta con un ordigno, svegliato Banat con spray urticante in faccia – racconta il cugino – e picchiato con dei bastoni di legno. E’ stato poi spogliato e portato via su un veicolo militare.

Subito la famiglia ha preso contatti con le varie sedi dei servizi segreti a Hebron per sapere dove fosse stato portato, senza successo. Solo un’ora e mezzo dopo hanno saputo della sua morte su WhatsApp, senza ricevere comunicazioni ufficiali. Banat è stato dichiarato morto all’ospedale governativo di Alia, ma il suo corpo lì non è stato trovato, facendo sospettare che sia morto in una caserma dei servizi.

“Quello che è successo è un omicidio”, ha commentato Karajah, mentre crescono le richieste di un’inchiesta indipendente – dal Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina ad Hamas fino alle organizzazioni per i diritti umani – che individui i responsabili della sua morte. E crescono le critiche dure verso l’Autorità, considerata un governo sempre più repressivo delle voci critiche e incapace di confrontarsi con gli oppositori.

La cancellazione delle elezioni presidenziali e legislative previste per maggio e luglio 2021 è ritenuta da molti la prova della deriva. Lo stesso Banat era candidato alle parlamentari con la lista Freedom and Dignity e, dopo il rinvio del voto a data da destinarsi, era stato tra i firmatari di un appello diretto alla Corte europea dei diritti umani in cui si chiedeva la fine dei finanziamenti all’Anp.

L’omicidio di Banat giunge in un periodo di grave crisi per Fatah, il partito di Abu Mazen, e per l’Anp. Il presidente non ha saputo gestire l’escalation di questi mesi, a partire dal movimento popolare di protesta nato intorno ai minacciati sgomberi di famiglie palestinesi dal quartiere di Sheikh Jarrah a Gerusalemme est; è quasi scomparso durante l’offensiva militare israeliana contro la Striscia di Gaza; e insiste a mantenere una carica senza più alcuna legittimità, vista l’assenza di elezioni dal 2006. Una debolezza che danneggia il movimento palestinese di base e di cui stanno approfittando soprattutto le forze islamiste, a partire da Hamas, che sta incrementando i consensi in ogni angolo della Palestina storica.

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Rabbia dopo l’uccisione in custodia di Nizar Banat: «Basta ANP» – Chiara Cruciati

L’attivista palestinese, noto critico dell’Autorità Nazionale Palestinese, è stato arrestato e picchiato a morte dalla polizia di Ramallah, denuncia la famiglia. In migliaia in piazza a Ramallah marciano sul palazzo presidenziale: «Il popolo vuole la caduta del regime»

La doppia reazione alla morte di Nizar Banat è arrivata ieri da Ramallah, dagli uffici governativi e dalla piazza: da una parte il portavoce dei servizi di sicurezza dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), il generale Talal Dweikat, ha annunciato la creazione di una commissione d’inchiesta; dall’altra migliaia di palestinesi hanno marciato verso la Muqata, il palazzo presidenziale, per protestare contro quello che non temono di definire un omicidio di Stato. Sono stati fermati dai lacrimogeni.

«Il popolo vuole la caduta del regime», hanno gridato, ispirati dagli slogan che dal 2011 hanno attraversato le rivolte nel mondo arabo. A scatenare una rabbia che ormai non cova più sotto la cenere è stata la morte, all’alba di ieri, del 44enne Nizar Banat.

Ex di Fatah, attivista, candidato alle parlamentari con la lista Freedom and Dignity (previste per lo scorso maggio ma cancellate dal presidente Abu Mazen), noto critico della leadership dell’ANP, Banat si è visto piombare nella sua casa di Dura a Hebron 25 poliziotti alle 3:30 del mattino. Hanno buttato giù la porta con un ordigno, raccontano i familiari, lo hanno picchiato con dei bastoni, spogliato e portato via.

Poco dopo è stato dichiarato morto dall’ospedale Alia di Hebron. Ma lì il suo corpo non c’era. Ammazzato di botte, accusa la famiglia, in una caserma dei servizi segreti. Banat era da tempo nel mirino dell’Autorità: arrestato diverse volte, aveva denunciato di aver ricevuto minacce negli ultimi tempi. E un mese fa, 60 colpi di arma da fuoco avevano colpito la sua casa. Immediata la reazione degli altri partiti politici palestinesi, dal marxista PFLP ad Hamas, che chiedono un’inchiesta indipendente.

Per tanti palestinesi è solo l’ultimo esempio della deriva autoritaria dell’ANP, incapace di una strategia nazionale di liberazione dall’occupazione israeliana e concentrata solo sul mantenimento di un potere effimero e pericoloso.

https://ilmanifesto.it/rabbia-dopo-luccisione-in-custodia-di-nizar-banat-basta-anp/

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Nizar Banat, una morte pesante come una montagna che chiede a tutti responsabilità! – Luisa Morgantini

Un dolore ed una ferita profonda per tutto il popolo palestinese, l’assassinio da parte delle Forze di Sicurezza Palestinesi, di Nizar Banat, militante e attivista indomito per la libertà del Villaggio di Dura. Un dolore ed una ferita profonda per tutti noi e per me che conoscevo Nizar da molti anni: sono stata ospite della sua famiglia, nel suo villaggio ed abbiamo varie volte manifestato insieme a Hebron nella campagna Open Shuhada Street. AssoPacePalestina porge alla famiglia di Nizar e ai palestinesi tutti le più sentite condoglianze, con l’impegno di continuare ad esigere con Nizar il rinnovamento, la trasparenza, la democrazia e la partecipazione popolare per liberarsi dall’occupazione, dalla colonizzazione e dall’apartheid israeliana.

Ci auguriamo che la sollevazione popolare e l’indignazione contro questo crimine possa portare ad un cambiamento dei metodi usati dalle Forze di Sicurezza Preventive e del Mukhabarat Palestinese: non è possibile che per un “reato d’opinione” si faccia incursione nelle case nelle prime ore del mattino, si facciano saltare porte con ordigni, si terrorizzi la famiglia e si uccida di botte una persona. Certo succede anche in Italia che si muoia durante gli interrogatori o gli arresti fatti dalla polizia; quest’anno in Italia, ricorderemo i 20 anni dal massacro di Genova compiuto dalla nostra polizia contro inermi manifestanti.

Ci auguriamo che l’ANP, il Presidente, il primo Ministro e il Capo del General Intelligence Service (GIS) si assumano la responsabilità di questo tragico evento, cessando ogni tipo di intimidazione e repressione verso chi esprime critiche alla leadership palestinese o manifesta pacificamente subendo gli attacchi e gli arresti, non solo dei servizi di sicurezza in divisa, ma anche da individui in abiti civili. Per onore della franchezza, dobbiamo dire che ci stupisce che Hamas si faccia paladino della libertà nella Cisgiordania, visto che a Gaza dove ha preso il potere, pratica la pena di morte ed in questi anni ha ucciso e incarcerato molti militanti e attivisti.

Fratelli che uccidono fratelli.

Ci auguriamo, ed abbiamo la speranza, che il popolo palestinese sappia trovare l’unità, non perdendosi in reciproci discrediti o accuse, non cercando in Fatah il facile capro espiatorio ma mettendo in discussione tutta la rappresentanza dei partiti e, perché no, anche dei movimenti, ed invece di delegare la ricerca dell’unità solo alle vecchie rappresentanze formi una commissione di riconciliazione che possa trovare una mediazione e una soluzione alle divisioni cosi profonde che indeboliscono tutti i palestinesi, nei territori occupati, in Israele e nella diaspora. Confidiamo anche in nuove elezioni nelle quali la popolazione palestinese possa liberamente scegliere le proprie rappresentanze capaci di essere il rinnovamento necessario per la costruzione di un paese che sappia riconciliarsi e raggiungere la libertà.

Noi di AssoPacePalestina ci sentiamo responsabili, in quanto italiani ed europei, della iniquità della politica del nostro governo e dell’Unione Europea, che permette a Israele di essere totalmente impunita per le violazioni continue dei diritti del popolo palestinese.

Per questo, continueremo, insieme a tutti quelli che hanno amore per un mondo giusto ed umano ad agire per la libertà e l’autodeterminazione del popolo palestinese.

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Redazione
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