«Noi siamo l’opposizione che non si sente»
Giulia Abbate sul libro curato da Giulio Milani
“Noi siamo l’opposizione che non si sente”, AAVV, A cura di Giulio Milani, Transeuropa edizioni, 2021.
È di ottobre 2021 questa raccolta di interventi che Giulio Milani ha curato, per dare voce a quella opposizione – ma anche solo alla critica, alla riflessione, alla interlocuzione – che, come riporta il titolo, «non si sente».
E se non si sente, non è tanto perché sia avanzata a bassa voce, piuttosto perché a partire dal febbraio del 2020 ogni tentativo di opposizione, critica, riflessione, interlocuzione rispetto alle politiche pandemiche governative è stata brutalmente repressa, con una macchina propagandistica degna di un regime dittatoriale.
Improvvisamente ci siamo trovatə nella dimensione dell’inevitabile, creata facendo appello a un’emergenza che doveva rientrare in quindici giorni: era stato questo il tempo di chiusura delle scuole annunciato dal Comune di Milano, primo a serrare tutto… in realtà, non è mai finita. Si è trasformata in un aiutino momentaneo alle terapie intensive, poi in una corsa all’odio verso chi non rispettava le nuove regole con entusiasmo; poi in un salvataggio dell’estate, poi in una attesa spasmodica della Salvezza sotto forma di puntura, mentre intanto si salvava pure il Natale. Poi la propaganda si è impegnata a imporre la puntura come unica Cura, poi abbiamo lavorato per salvare l’estate… poi è arrivato il green pass.
I testi del volume sono stati scritti durante questo periodo di tempo, un anno lungo e traumatico che ha aperto la nuova era nella quale ancora ci troviamo, impegnati a salvare l’Ucraina, la libertà, il clima e a combattere qualsiasi altra Battaglia dell’Inevitabile attraverso l’arma che ci è esplicitamente richiesta, sempre la stessa: l’obbedienza.
«Noi siamo l’opposizione che non si sente» non arriva, per ragioni cronologiche, all’introduzione del green pass, anche se in alcuni testi si comincia a presagirla e a temerla, identificandone le contraddizioni; a posteriori, i timori espressi da questi scritti anticipatori risultano persino tenui, e restano a testimonianza di un momento cruciale.
Mi pare che il concetto di testimonianza sia centrale, nella raccolta. Gli interventi sono molto diversi gli uni dagli altri, e la loro resa dipende anche dalla ricezione: immagino che ognuno di noi, a seconda di come ha vissuto questi due anni e di come vuole o è in grado di vederli oggi, possa apprezzare alcuni scritti invece di altri; ma dal punto di vista della testimonianza essi sono tutti validi, perché – in un momento in cui lo sguardo è artatamente velato, lo spirito critico efficacemente soffocato dal potere – anche solo l’atto di dire la propria verità è una testimonianza a sé stante.
Dunque, le voci della raccolta testimoniano in primis la loro esistenza: non è vero che sono sempre stati tutti d’accordo, non è vero che alcuni problemi sono stati visibili solo dopo, non è vero che qualsiasi altra strada era impensabile; e non è vero nemmeno quello che è stato raccontato come incontrovertibile: queste voci consegnano nelle mani della Storia tante versioni dei fatti. Di quei fatti che il potere ha adulterato, e che lo sguardo del singolo è stato invece capace di vedere nelle sfumature quotidiane, nelle paure, nei percorsi di indagine, nei dialoghi casuali, nel ricordo di notti insonni.
Questo aspetto del quotidiano è ben rappresentato dagli scritti: deve essere stato molto difficile (anzi, lo è stato, parlo anche per esperienza personale, visto che ho a mia volta un percorso di “dissenso pandemico” precoce) raccogliere le idee ed esprimere vissuti complessi, in un contesto che ci urlava nelle orecchie continue e squallide semplificazioni. I dubbi e le paure qui non mancano, ma sono affiancati da letture del mondo accorte, che non nascono certo a marzo 2020, ma testimoniano anche il percorso pregresso delle autrici e degli autori, su strade poco battute. La fatica fatta per costruire questo specifico dissenso, credo, è una fatica già conosciuta, già frequentata, una fatica ormai amica, al pari del senso di isolamento che si prova nel dire cose diverse. E al pari del coraggio del non tacerle.
I contributi sono i seguenti, che nel volume sono riportati in ordine alfabetico – una scelta che solitamente deploro, ma che in questo caso stento a pensare diversa, per la complessità e la diversità degli approcci.
- Giulio Milani – Prefazione
- Roberto Addeo (scrittore e poeta) – “La fine prima dell’inizio”
- Giovanni Agnoloni (scrittore) – “Senza ‘se’ e senza ‘ma’, ma nel Sé”
- Lucianna Argentino (poeta) – (Senza titolo)
- Fabrizio Bajec (poeta) – “L’anno del rinoceronte”
- Francesca Bartellini Moech (scrittrice, poeta, regista, attrice) – “Intervento a due con microfono”
- Francesco Benozzo (poeta) – “Terre di confine”
- Franco Berardi Bifo (filosofo e scrittore) – “Il dispositivo pandemico e l’impotenza della volontà”
- Giorgio Bianchi (fotoreporter e scrittore) – “La vaccinazione delle coscienze”
- Donatella Bisutti (scrittrice e poeta) – “La saggezza degli dei”
- Ginevra Bompiani (scrittrice e editrice) – “Black Pass”
- Mario Bramè (scrittore e manager) – “La SEO, la morte e Astra Zenec: tecniche e principi per un’infodemia perfetta”
- Davide Bregola (scrittore) – “Lezione di economia post-covid19”
- Stefano Burbi (compositore, direttore d’orchestra e poeta) – “Il diritto alla vita calpestato”
- Michele Caccamo (scrittore e editore) – “Addio di nuovo”
- Simone Cerlini (scrittore) – “Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza imperdonabile”
- Carlo Cuppini (scrittore e poeta) – “L’estate delle non persone”
- Raphael d’Abdon (poeta e scrittore) – “Il professore”
- Caterina Davinio (poeta e artista) – “Una questione di fiducia”
- Monica Dini (scrittrice) – “Lievito di birra”
- Luca Fassi (scrittore) – (Senza titolo)
- Rita Florit (poeta) – “Quattro ecoinvettive per gli anni ’20”
- Gabriele Frasca (poeta) – “Noi lo sappiamo e abbiamo anche le prove”
- Andrea Garbin (poeta) – (Senza titolo)
- Peter Genito (bibliotecario e scrittore)– “Paradigmi (immunologici) e paralipomena (politica)”
- Andrea Genovese (poeta e scrittore) – (Senza titolo)
- Giovanna Giolla (giornalista e scrittrice) – (Senza titolo)
- Marco Guzzi (poeta) – “Rialziamo la bandiera della libertà”
- Mia Lecomte (poeta e scrittrice) – “Glossario per la fine del mondo”
- Enrico Macioci (scrittore) – “Sgarbi e funghetti”
- Flavia Mastrella (regista e scultrice) – “Cosa accadde insieme al covid? Lettere dal carcere dorato”
- Eva Milan (scrittrice e musicista) – “L’emergenza è il totalitarismo infosferico”
- Emanuela Nava (scrittrice) – (Senza titolo)
- Aldo Nove (poeta e scrittore) – “Al fratello Lello*”
- Riccardo Paccosi (regista e scrittore) – “Dall’opposizione sociale al contropotere costituente: il ruolo cruciale della cultura e delle arti”
- Vincenzo Pardini (scrittore) – “La ragnatela del virus”
- Antonio Francesco Perozzi (scrittore e poeta) – “Didattica della distanza, ovvero come assicurarsi peril futuro una cultura dell’assenza”
- Federico Pietrobelli (poeta) – “Pastorale statico”
- Andrea Ponso (poeta) – “Senza titolo”
- Antonio Rezza (attore e scrittore) – “Il trabocchetto”
- Luca Rossi (scrittore e sceneggiatore) – “Breve storia naturale della speciazione”
- Federico Sanguineti (poeta) – (Senza titolo)
- Gianfranco Sanguinetti (scrittore) – “Il dispotismo occidentale*”
- Francesco Scardone (scrittore) – “Istruire e istruiremo: un vademecum”
- Marco Tutino (compositore) – (Senza titolo)
- Lello Voce (poeta e scrittore) – “Noterelle sul tempo del Carogna-Virus (bonus tracks)”
I brani con l’asterisco * sono ripresi da lavori più ampi.
Da parte mia, ho molto apprezzato (forse per distorsione professionale?) i contributi di poete e scrittori più versati al paradosso: come il magistrale “Glossario” di Mia Lecomte, o il sinistro “Il professore” Raphael d’Abdon, o il geniale “Quattro eco-invettive per gli anni ’20” di Rita Florit; ho poi amato i passi nei quali si fa menzione anche a una sfera trascendente, che troppo spesso si dimentica: Marco Guzzi e Francesco Benozzo sono preziosi a ricordarcela.
In generale, comunque, questo viaggio nel dissenso è un viaggio in tutte le contraddizioni che anche noi abbiamo vissuto, e magari non abbiamo registrato per vari motivi (dalla paura alla stanchezza alla forza della propaganda intorno a noi), ma che sono rivelatrici di una storia diversa da quella raccontata, di un “testo ombra” (per rubare la splendida definizione di Shoshana Zuboff) che è l’unica vera “emergenza” da prendere seriamente. Ovvero, un disegno cupo e spersonalizzante che emerge tra le pieghe dell’assurdo, e che a una/un artista degna di questo nome dovrebbe suonare come un campanello.
Perché, in questo momento in cui il neoliberismo fagocita tutto e vomita “emergenze”, davvero avremmo bisogno del proverbiale canarino nella galleria, che cinguetta prima che essa crolli, avvisando i minatori: questa è l’immagine che Kurt Vonnegut ci lascia, come esempio della funzione dell’arte. E però. E però parliamo di una povera creatura in gabbia, mandata avanti contro la sua volontà, che starebbe molto meglio libera e altrove. Noi artistə siamo diversə, noi nella galleria ci dovremmo entrare di nostra volontà, non in catene, ma anzi tenendo saldo un filo di Arianna a cui la società possa aggrapparsi (e senza poi abbandonare Arianna: mi perdonerete per queste precisazioni un po’ pedanti, ma sono stufa di mettere puntini sulle I degli altri, preferisco farlo con le mie).
E se il mondo non ci sta a sentire? E se il potere fosse (sì, lo sarebbe!) ben felice di vederci crepare in un cunicolo? E se la giostra tentasse di comprarci?
“Che cosa possiamo fare? Equitare, arcum tendere, veritatem dicere, secondo il motto che Karen Blixen prese a Erodoto: Pensare, resistere, dire la verità.”
(Ginevra Bompiani, dal suo “Black Pass”)
Qui si misura la verità e la profondità della nostra arte, del nostro compito nel mondo.
(Grazie a Giulio Milani e al suo lavoro coraggioso, attivista e indefesso, con Transeuropa edizioni e con Rivoluzione Allegra.)