Non solo manga: le mille …

sfaccettature del fumetto di fantascienza: girando per il mondo con un’intuizione finale di Alberto Savinio, quasi una formula contro le chiusure della mente

di Fabrizio («Astrofilosofo») Melodia

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Si tende a generalizzare o a parlare per spot, o peggio, per tweet, se non addirittura a ordinare per post. Tutte le categorie sociali sono risistemate dalle esigenze e dalle griglie di comunicazione della televisione e dei social network, veri e propri letti di Procuste dove spalmare, strizzare, allungare, miscelare, tagliare, montare le menti e i comportamenti dell’utenza nell’era della smaterializzazione dei rapporti sociali.

A esempio, se ascolti musica “death metal”, automaticamente non puoi apprezzare la musica di Vivaldi e Beethoven; se ami Michelangelo, ciò implica che non possa piacerti l’arte informale di Alberto Burri o l’action painting di Jackson Pollock; in campo letterario, se ti affascina la letteratura “impegnata” automaticamente si esclude ciò che sa d’avventura.

Tutto viene chiuso in scatole preordinate dall’industria culturale, come avviene per i prodotti in scatola dei supermercati: la nostra mente ragiona per barattoli e modelli pre-impostati. In questi binari viaggia spesso la nostra mente fagocitata, ordinata e indirizzata dal sistema.

In campo fumettistico, mi sono ritrovato spesso a parlare con amici per i quali esiste solo il fumetto giapponese; alcuni vanno pazzi solamente per il genere “romantico”; altri dicono “arti marziali” e basta; , altri ancora si gustano il genere “fantascienza” e/o “orrorifico”. C’è chi ama solo il fumetto italiano, meglio se bonelliano, escludendo interessanti proposte di altre case editrici, le quali, pur confezionando prodotti di buon livello, spesso si ritrovano a dover chiudere la testata o, nel migliore dei casi, a farla emigrare sul web.

C’è chi ama il fumetto “americano” magari solo il genere dei supereroi, dimenticando la linea della casa editrice Vertigo, che nel tempo ha portato alla ribalta prodotti di altissimo valore letterario quali “Sandman” e “Preacher”, con la dicitura in copertina «For mature readers» ovvero “Per lettori maturi”, nel senso maturi di cervello e in grado di capire e appassionarsi a tematiche di letteratura forte.

Il settarismo, il “fare nicchia”, è una piaga sociale decisamente pericolosa e che permea ogni aspetto della nostra realtà.

Ma – almeno in parte – è sempre stato cosi?

E cosa accade invece quando i generi si mescolano fra di loro, liberandosi dalle anguste catene in cui il Mercato Editoriale li costringe?

Per capire meglio penso sia necessario andare all’origine, alla nascita stessa del fumetto, magari proprio di quelle “nuvolette” fantascientifiche che tanta strada e favore hanno trovato in quasi ogni luogo e latitudine.

Il fumetto di fantascienza nasce in maniera ufficiosa e sonnacchiosa nei primi anni del secolo XX sui giornali ststunitensi, come vignette umoristiche a carattere prettamente satirico, e con intenti nemmeno velatamente politici: i “Marsoozalums” (1901) e “Mr. Skygack from Mars” (1907) del fumettista Armundo Dreisbach Condo (1872 – 1956) pubblicato nel «Chicago Day Book», un giornale gratuito distribuito ai lavoratori fino al 1917: in circa 400 strisce e singole vignette, usavano il punto di vista del solito alieno giunto da Marte per criticare duramente le norme e gli usi sociali ingiusti.

Si dovrà aspettare qualche anno, per la precisione il 1929, per avere il primo albo a fumetti fantascientifico: “Buck Rogers”, ispirato ai romanzi brevi dello scrittore Philip Francis Nowlan, pubblicati a puntate su «Astounding Stories». “Buck Rogers” debuttò nel 1928 come striscia a fumetti sui quotidiani statunitensi, per poi trovare la propria strada come primo albo di genere fantascientifico proprio nell’anno più duro per l’economia degli Usa, quello del crollo della Borsa.

Buck Rogers” narra le vicende di un pilota dell’aviazione americana che acquisisce superpoteri dopo essere stato costretto in uno stato di ibernazione per un periodo di 500 anni avendo inalato gas radioattivo in una grotta. Rogers si risveglia nel XXV secolo in un mondo che lo spiazza completamente, popolato da robot, astronavi e raggi laser. Torna a fare quello che conosce meglio, ovvero il pilota d’astronave, combattendo contro il temibile invasore Killer Kane, affiancato dalla bella dottoressa Wilma Deering e dal dottor Elias Heur. Il suo autore fumettistico, Dick Calkins, ispiratosi al John Carter di Marte di Edgar Rice Burroghs, oltre ad aver dotato le avventure di Buck Rogers di un fascino molto retrò, con astronavi e ambientazioni che non fanno rimpiangere quelle di Herbert George Wells e di Jules Verne, ha il merito indubbio di aver introdotto il concetto di esplorazione spaziale nei giornali popolari, tema che verrà immediatamente ripreso dal bravo Alex Raymond con il celeberrimo personaggio “Flash Gordon” (1934), un fumetto ispirato al romanzo «Quando i mondi si scontrano» (1933) scritto da Philip G. Wylie ed Edwin Balmer, che troverà una trasposizione cinematografica nell’omonimo film del 1951 diretto da Rudolph Durè.

Il fumetto narra le vicende di Flash Gordon e dei suoi amici, il brillante dottor Zarkov e la bella Dale Arden. Gli eventi hanno inizio quando viene avvistato il pianeta Mongo in rotta di collisione con la Terra e Zarkov costruisce un’astronave con l’intento di deviare la traiettoria dello strano planetoide. Per puro caso, a seguito di un disastro aereo, Zarkov si ritrova nel suo hangar proprio Flash Gordon e Dale Arden, atterrati con il paracadute dopo che il loro aereo aveva subìto l’influsso magnetico del pianeta Mongo. Zarkov, che non può assolutamente perdere tempo, li costringe senza troppe cerimonie a entrare nella sua astronave e a seguirlo alla volta di Mongo, dove rimarranno per più di 10 anni.

Scoprono molto presto che il pianeta è abitato da popolazioni di etnie assai diverse, alcune estremamente avanzate tecnologicamente, altre invece, le più arretrate, sono sottomesse all’influenza tirannica dell’imperatore Ming.

Flash Gordon, Dale Arden e il dottor Zarkov incontrano il principe Barin, legittimo pretendente al trono e diretto avversario del malefico imperatore dalle fattezze “orientaleggianti”.

Nata proprio per contrastare Buck Rogers, la serie di Flash Gordon ha continuato imperterrita le sue avventure fino al 1944 con il periodo d’oro di storie scritte e magnificamente disegnate da Alex Raymond, che lasciò poi il timone ad altri autori quali Don Moore ai testi con Austin Briggs e John Mayo ai disegni. Dopo che numerosi autori e disegnatori si sono alternati negli anni nella realizzazione della serie, questa ha chiuso definitivamente nel 2003, quando era scritta e disegnata da Jim Keefe.

Il King Features Syndicate, una delle più grandi casi editrici e distributrici appartenenti all’allora magnate dell’editoria William Randolph Hearst, continua da allora a ristampare le avventure del personaggio firmate da Keefe.

Molti eroi spaziali seguiranno le orme di Buck Rogers e Flash Gordon, eroi come Brick Bradford (1933) e Dan Dare (1950) eroi spaziali assai cari proprio alle generazioni degli anni ’50, quelle che avrebbero conosciuto i fumetti più maturi della EC Comics. Tale casa editrice si specializzò in produzioni di genere orrorifico e fantascientifico, raggiungendo un’elevata popolarità proprio negli anni ’50, ma subì una brusca frenata a causa del crescente credito che andava godendo la caccia alle streghe promossa da Friedric Whertham con il suo noto libro «La seduzione dell’innocente» dove indicava nei fumetti la via maestra con cui si corrompevano le menti delle giovani generazioni Usa.

Nonostante le proteste, i sequestri e le persecuzioni, gli albi della EC Comics continuarono a essere pubblicati, rivolti principalmente a un pubblico di bambini e adolescenti, tornando solo negli anni ’60 a proporre tematiche più mature.

In Europa, il fumetto di fantascienza sbarca in Francia, con l’albo “Zig et Puce au XXIème Siècle” nel 1935, per un pubblico di adolescenti. Il primo fumetto francese fantascientifico per adulti è invece “Futuropolis” nel 1937-1938, e il suo seguito “Electropolis” nel 1940. Durante l’occupazione nazista, quando fu vietata l’importazione di Flash Gordon su suolo francese, gli autori (alcuni dei quali militanti partigiani) crearono il fumetto “Le Rayon U”, oltre ad altri albi quali “Otomox” e “L’Épervier Bleu”.

In ambito italiano, il fumetto di fantascienza ebbe – incredibile ma verissimo – un grande favore, un vero e proprio periodo d’oro, pur con tutti i problemi derivanti dal regime fascista e dalla mano censoria del famigerato Ministero della Cultura Popolare.

La prima serie italiana di fantascienza è del 1936, “Saturno contro la Terra”, su soggetto di Cesare Zavattini (che poi sarà un famoso autore per il cinema neorealista, nonché scrittore poeta e saggista) per i testi di Federico Pedrocchi e i disegni di Giovanni Scolari: venne pubblicata inizialmente su “I tre porcellini” e quindi in varie altre testate di Mondadori fino al 1946; pur avendo vita breve (7 episodi) è il primo a essere esportato negli Stati Uniti (nel 1940, in “Future Comics”).

Si erano comunque già avute incursioni nella fantascienza nientemeno che sulle pagine del “Topolino” formato tabloid il quale, nel 1935, ospitava alcune storie del fumetto “SK1” di Guido Moroni Celsi, un personaggio ispirato direttamente a Flash Gordon, e con il fumetto “Gli uomini verdi” del pioniere della fantascienza in Italia, lo scrittore per ragazzi Yambo, al secolo il pisano Enrico de’ Conti Novelli da Bertinoro, che si era ispirato al proprio romanzo “Atlantide” (1901). Personalità molto eclettica, Yambo si distinse per la propria produzione fantastica, anche se avrebbe legato il suo nome alla produzione per ragazzi con quello che è considerato il suo capolavoro, “Le avventure di Ciuffettino”.

Nel 1939, sulla rivista “Audace”, fa il suo debutto “Virus, il mago della foresta nera”, del gagliardo Federico Pedrocchi con i disegni di Walter Molino, dove fa il suo debutto uno scienziato pazzo intenzionato a conquistare il mondo con l’ausilio delle proprie futuristiche invenzioni, tra le quali un teletrasporto che avrebbe fatto invidia a “Star Trek”.

Nel 1947 Cesare Zavattini firma ufficialmente il primo soggetto di un fumetto con “Un uomo contro il mondo”, sceneggiato da Pedrocchi e disegnato da Molino, pubblicato sulle pagine di “Topolino” ora in formato quaderno.

Veniamo ai manga giapponesi, i quali molto presto annoverano tematiche fantascientifiche a iniziare da Osamu Tezuka, la cui prolificità e le tecniche pionieristiche gli valsero il soprannome di “Manga no kasimama” cioè “Dio del Manga”. La sua produzione, raccolta adesso nell’opera omnia “Complete works of Tezuka Osamu” pubblicata in Giappone, conta qualcosa come 400 volumi e più di 80.000 pagine. Sua fu l’introduzione degli occhi grandi che tanto distinguono il fumetto giapponese, ispirandosi nientemeno che alla visione delle opere di Walt Disney, in particolare del film d’animazione «Bambi», che visionò per 81 volte di seguito, e che gli avrebbe ispirato il primo fumetto “Kimba il leone bianco” (1951), il primo successo, plagiato molti anni dopo dalla Disney medesima con il film d’animazione «Il re leone» (1994).

Ma è nel 1951 che Tezuka si distingue nella fantascienza con la creazione di “Astroboy”, considerato uno dei suoi massimi capolavori e uno dei più importanti e influenti manga della storia del fumetto giapponese. Narra le vicende del piccolo Tobio, figlio amatissimo di un eminente scienziato del ministero delle Scienze nipponico, il quale muore fatalmente in un banale incidente stradale. Sconvolto dall’accaduto, il professore costruisce un robot con le sembianze e la personalità del figlio morto, per rimpiazzarlo. All’inizio tutto sembra andare per il meglio ma ben presto al professore si palesa la triste verità: il robot non potrà mai essere come suo figlio, poiché, in quanto automa, non può crescere come un bambino normale. Deluso e arrabbiato, il professore vende Atom (così ha battezzato l’automa) a un circo, con l’intento preciso di sbarazzarsene. Il piccolo Atom, anni dopo, verrà ripreso dal nuovo direttore del ministero della Scienza, il professor Ochanomizu, il quale lo dota di armi e della capacità di provare emozioni umane: ora Atom combatterà per difendere la propria nuova famiglia contro le mire di conquista dei potenti del mondo.

Il manga conobbe immediatamente una grande popolarità, arrivando a vendere in oriente oltre cento milioni di copie, una cifra mai vista prima. Tezuka ricevette i complimenti da Walt Disney in persona, affascinato dal personaggio di Atom, mentre il regista Stanley Kubrick, lettore del manga e ammiratore di Tezuka, gli chiese di partecipare alla realizzazione di «2001: Odissea nello spazio», ricevendo un netto rifiuto forse a causa del noto carattere spocchioso del regista inglese.

La fantascienza in Giappone avrebbe conosciuto grande fortuna, in varie e originali forme, con autori come Go Nagai, Leiji Matsumoto, Masamune Shirow, Hayao Miyazaki, Mamoru Oshii e altri di cui ho già parlato in precedenti articoli e ai quali rimando.

In Inghilterra, dopo Dan Dare, emulo di Flash Gordon, negli anni Sessanta è la volta di “The Trigan Empire” e “Storm” di Don Lawrence mentre gli anni Settanta vedono la nascita della rivista di fumetti “2000 A.D.” e l’introduzione del personaggi del Giudice Dredd, creato da John Wagner per i testi e disegnato da Carlos Ezquerra, da un’idea originale di Pat Mills, nel 1977. Joseph Dredd, questo è il nome completo, è un ufficiale di polizia in una società futura molto violenta, in cui è stata istituita una squadra speciale denominata i “Giudici”, ai quali vengono dati i poteri di polizia, di magistratura e di governo, potendo quindi arrestare, giudicare e persino giustiziare i criminali direttamente sul posto. Questa serie nasce con le dichiarate intenzioni di satira e critica sociale, mettendo alla berlina l’aumento costante di potere delle forze di polizia nei sistemi democratici.

Come si può vedere, la fantascienza ha mille volti e in ognuno di essi, autori diversissimi fra loro la esplorano in ogni aspetto, con i propri strumenti e retaggi culturali. Mai come ora la cultura può viaggiare da un luogo all’altro e avere incontri prima assolutamente impensabili, anche attraverso il grande veicolo della rete: al di là dei gusti personali, dei settarismi, delle nicchie o degli spazi angusti, gli scambi culturali privi di preconcetti possono solo arricchire chi è in grado di accostarsi a loro senza prese di posizione aprioristiche. Condividere sogni e archetipi interiori è il modo più sano di comunicare e la fantascienza è uno dei veicoli più forti con cui socializzare forme di pensiero avanzate, in grado di abbattere i muri della paura e della diffidenza.

«La cultura ha principalmente lo scopo di far conoscere molte cose. Più cose si conoscono, meno importanza si dà a ciascuna cosa: meno fede, meno fede assoluta. Conoscere molte cose significa giudicarle più liberamente e dunque meglio. Meno cose si conoscono, più si crede che soltanto quelle esistono, soltanto quelle contano, soltanto quelle hanno importanza. Si arriva così al fanatismo, ossia a conoscere una sola cosa e dunque a credere, ad avere fede soltanto in quella» scrisse acutamente lo scrittore, musicista, commediografo e pittore surrealista Alberto Savinio.

 

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

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