Note e amplessi di ferragosto
di Daniela Pia
In un patio spagnoleggiante la sera di ferragosto, davanti a insalata, formaggio e pane di Rosina cotto nel forno a legna, gli amici accendono una candela, i cani ci fanno compagnia e tentano approcci carichi di pelo. Ad occidente ancora si lasciano osservare nuvole malva, ricordo di un tramonto troppo basso e la luce scende sino a farsi buio. Si accendono i lampioni e compaiono le farfalle notturne mentre minuscole onde vanno sull’acqua. Luci, lucciole e vino rosso. Buio, per non smentirci. In sottofondo la tromba di Paolo Fresu , racconta come sono stati suonati i suoi 50anni, e nei suoni incontriamo quei noi che siamo stati assieme a lui, anche se lontani. Voci lo accompagnano: le nostre, ricche di chiacchiere amene, assieme a quelle di altri che con Fresu raccontano storie di Sardegna cariche di silenzi vocianti.
La compagnia non sente nostalgia di lidi affollati o di locali griffati. La sera è benevola, lenta e accogliente. È in questa cornice che inizia una danza, sorda, in cerchio, vicino al lampione. Unu ballu tundu animale svela una passione, irrefrenabile, quella che prende e si scopre inattesa. Lui la blocca e l’afferra per la nuca con la bocca. Immobili stanno per 20 minuti. Ci siamo incantati a vedere, voyeurs di ferragosto, un amplesso di gechi. Ballu tundu notturno, a perpetuare la specie.
E riprende la notte con le note in sordina.