Notti agitate

di Mark Adin

C’era questo grande partito della sinistra, nel quale i giovani volevano partecipare a frotte, torme, legioni e moltitudini. Urlavano: “Non spingete! C’è posto per tutti!”.

Era un partito in cui, non appena parlava il segretario nazionale, non c’erano quattro o cinque capibastone che gli facevano il controcanto dicendo cose le più disparate e soprattutto in contrasto alle sue.

Era un partito, nel sogno, dove un giorno prima di prendere la tessera non si veniva considerati una risorsa per essere il giorno dopo considerati una minaccia.

Era un partito che ti telefonava, lui e non i suoi impiegatini, anche se non c’erano a breve delle prove elettorali. Diceva: “Come stai? Posso fare qualcosa per te? Come va la zietta? Ti va di venire a buttare giù Berlusconi? Porta pure gli amici, che stavolta a quello lì gli facciamo un culo grande come il Cremlino!”

In quel partito ci si sentiva a casa propria, perciò le sedi erano il luogo naturale nel quale gli iscritti si incrociavano nella massima libertà, rimettevano a posto tutte le sedie una volta terminato l’incontro, arrivavano puntuali alle riunioni, pagavano i dipendenti e le spese, e i maschietti cercavano di fare pipì centrando la tazza e sollevando l’asse.

Le donne rifiutavano di stare negli organi amministrativi pubblici solo per rispettare le quote rosa e continuando a non contare un cazzo. Ci stavano per capacità e si facevano apprezzare per questo.

C’era un partito della sinistra che sceglieva i suoi rappresentanti non soltanto tra gli astrofisici e gli statistici, ma talvolta anche tra gli operai, che erano molti e molto ben rappresentati.

In quel partito lì, i voti non erano quelli, in perenne lenta diminuzione, degli incrollabili iscritti da una vita, ma erano aumentati da nuovi voti appartenenti a nuove iscritte e nuovi iscritti.

Quello era un partito, nel sogno, dove chi arrivava ai piani alti della politica non lo faceva “a vita” ma, dopo aver svolto temporaneamente un servizio, tornava carico di esperienza da condividere con chi lo sostituiva.

Chi perdeva le elezioni un anno, alle elezioni successive non andava in giro a insegnare a tutti come si vincono le competizioni elettorali.

Chi veniva trovato con le mani nella marmellata, non era arso vivo nelle piazze, d’accordo, ma veniva prontamente congedato e non se ne parlava più.

I manifesti elettorali non rappresentavano uno sfigato in bianco e nero con la faccia del “ma chi me l’ha fatto fare?”: avevano splendidi colori e in primo piano c’erano rappresentati giovani sorridenti, dallo sguardo ardente di voglia di cambiare il mondo che ti toglieva il fiato.

Quello che stavo sognando era il partito che non inseguiva la Lega, ma era la Lega l’inseguitrice, col fiato grosso, nella sua scia, e non lo prendeva mai.

Stavo sognando un partito della sinistra che non difendeva chi non faceva il proprio dovere; un partito che non stava dalla parte di Marchionne, ma dalla parte degli operai.

In quel grande partito della sinistra, l’umiltà era una diretta conseguenza dell’intelligenza politica.

Quel partito stava al fianco di Beppino Englaro.

Sognavo un partito che, nel caso si fosse persa una Regione importante a causa dello spostamento di certi suoi elettori amanti delle stelle (cinque nella fattispecie), non ringhiava insultando e calunniando i dissidenti, ma chiedeva conto del perché fosse successo questo soprattutto ai suoi stessi dirigenti, senza schiuma alla bocca di fronte alle critiche.

Quella notte sognavo un partito senza complessi, in prima fila nel difendere il sindacato dei lavoratori.

E, poco prima che suonasse la sveglia, ho sognato che, quando arrivava uno coi baffetti e la faccia da “stronzetto arrogante primo della classe” ad impartire a tutti lezioni di alta politica, c’era un ragazzo sui vent’anni che lo mandava a fare in culo. E tutti controllavano che ci andasse, una volta per tutte.

Sì, avevo proprio mangiato pesante.

Una notte complicata da una dieta inadatta.

Dichiaro di aver consumato, nella serata di ieri, tra la mezzanotte e le due: peperonata, bagna cauda (aglio olio acciughe), una puttanesca con capperi al sale in un soffritto infernale, salamelle con cipollotti crudi e formaggio fritto, parmigiana e tiramisù. Con l’aggravante di aver strafocato in compagnia del Citozzi, commensale compulso. Forse il fegato ne ha risentito, ma ne è valsa la pena. (Potete ottenere le stesse allucinazioni con otto boccioli di Peyote e un bianco secco “sporcato” col bitter).

Rivelo questo con l’intenzione di essere utile ad altri perché, in condizioni normali, non ci riesco più a fare di questi sogni, e temo di non essere il solo.

Redazione
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4 commenti

  • ginodicostanzo

    Può darsi, magari, che anche la forma-partito non vada più bene. Può darsi che sia un errore cercare ancora una qualche rappresentanza nelle istituzioni… L’illusione del cavallo di troia all’interno del covo parlamentare. Può darsi che se si accettano le regole del gioco finto-democratico si stia già scrivendo la propria sconfitta. Perché le regole le hanno scritte loro…
    mah…

  • Può essere. Come no. In attesa di scoprirlo quel gioco bisogna giocarlo, approfittando di ogni occasione per ritorcerlo a loro danno. Quel poco possibile. Quando la chiarezza arriverà giocheremo con le regole nuove del gioco che avremo inventato. Nel frattempo bando agli scetticismi, ai dubbi e alle paralizzanti sindromi da sconfitti. Tutto non è ancora perduto. Neppure durante il fascismo, la storia lo ha dimostrato, tutto era perduto. Lavoriamo dunque, ognuno nel proprio piccolo, affinché il sogno, quel determinato sogno, diventi realtà.

  • ginodicostanzo

    La parte finale del commento di “Miglieruolo” non è in contraddizione con quanto ho detto, anzi è proprio ciò che ho detto. Ma da ottenere possibilmente al di fuori delle forze parlamentari. Altrimenti bisogna dire chiaro e tondo che le regole del gioco non le hanno inventate “loro”. Perché se invece Miglieruolo è d’accordo con me ed ammette che le hanno inventate “loro”, crede davvero che si possa ritorcere qualcosa a “loro” danno con le loro regole? Non sembra una pia illusione? La sindrome da sconfitti qui non c’entra nulla.
    Comunque siamo nel campo dell’opinabile…

  • Quel sogno lì l’ho fatto anch’io, eppure non avevo mangiato pesante. Era il partito della gente, degli operai, delle lotte sindacali. Poi mi sono svegliato ed ho visto che addirittura due sigle sindacali su tre hanno smesso di tutelare i lavoratori, a cominciare da quelli di Fiat. Ho visto la scarsa reazione delle sinistre, la loro incapacità di fare opposizione compatta, la scarsità d’idee. Ora soffro d’insonnia.

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