Nuova specie umana in Sudafrica: sembrerebbe dei nostri ma…
di Alessandro Ghebreigziabiher (*)
Pare che in una caverna nei pressi di Johannesburg, in Sudafrica, siano stati trovati più di 1500 resti di ossa di individui appartenenti a una nuova specie. (**) Ecco in esclusiva il comunicato stampa del team degli scienziati:
Ebbene sì, udite, udite.
Abbiamo fatto la scoperta del secolo.
Ma che dico? Di più, esageriamo perché il caso stavolta lo richiede.
Questa è l’impresa di sempre, senza scherzi.
Abbiamo trovato una nuova specie.
Sembrerebbe dei nostri, ecco, ma non possiamo metterci la mano sul fuoco.
Diciamo pure che nessuno tra noi si giocherebbe un singolo frammento di polpastrello, ma non siamo qui per giocare, dopo tutto.
Il momento è solenne, cribbio.
Perché questa nuova specie, che sembrerebbe dei nostri ma aspetta a dirlo, è davvero nuova.
Osservando i fossili e operando un’attenta analisi spettrografica degli enzimi esalongitudinali tramite sondini cuneiformi – è inutile che vi spieghiamo, gli scienziati siamo noi, mica voi – abbiamo capito molto dell’omino.
Sì, avete capito bene, non era una cima, il vecchietto, ma all’epoca il detto altezza mezza bellezza non era stato ancora coniato.
Al contrario c’era già quello della botte piccola… e adesso non rammento come prosegue, ma c’era.
Lo dicono gli enzimi, fidatevi.
Ci dicono anche che la nuova specie era nuova e molto diversa da noi altri.
Tra una scheggia di osso sacro e i rimasugli di un dente del giudizio abbiamo scoperto che mai si sarebbe sognato di sgambettare un suo simile in fuga con prole in braccio, che so, inseguito da un velociraptor isterico.
O anche solo in fuga e basta.
La nuova specie sapeva bene che i muri servivano a sorreggere il soffitto della caverna per poi divenire i fogli su cui raccontare storie, giammai per impedire il transito al prossimo.
E quando sei consapevole che il luogo in cui ti rifugi ogni notte e il mezzo con il quale testimoni la vita che hai vissuto sono entrambi un dono della natura, che sono tutto fuorché roba tua, non ti viene proprio in mente di impedire qualsiasi cosa a chicchessia.
La nuova specie non viveva assai, questo va detto.
Ecco perché il tempo era l’unica vera ricchezza, oltre a un misterioso profumo che veniva estratto da un raro esemplare di mammut presbite. Perché questa lo sanno tutti, anche i profani come voi: il mammut al massimo è miope. Infatti non c’è al mondo una sola foto di mammut presbite, vi sfido a negarlo.
Pare che il profumo fosse un formidabile afrodisiaco che avrebbe riscaldato la caverna per tutta l’era glaciale, non so se mi spiego.
A ogni modo, il tempo era davvero la moneta più preziosa.
Indi per cui la nuova specie di sicuro non ne aveva da perdere.
Ecco perché non l’avresti mai vista soffermarsi sul colore della pelliccia altrui, sul modo con il quale l’altro adorasse il sole o se al contrario cercasse di abbatterlo con la lancia, in quanti secondi riuscisse a trovare riparo durante una grandinata, per poi chiedersi se l’altro si fosse messo improvvisamente in posizione eretta per colpa di quella roba dell’evoluzione o semplicemente perché sedutosi su un porcospino incacchiato.
Oltre a quella faccenda dei muri, la nuova specie non ne sapeva molte altre di cose, ma una si sforzava di non dimenticarla.
La vita è breve ed è troppo bella per sprecarla con le sciocchezze.
Ecco, mi sembra tutto.
Ed è tanto, credetemi.
Perché noi scienziati abbiamo scoperto una creatura straordinaria.
Sembrerebbe dei nostri, ma il dubbio rimane.
Perché abbiamo proprio l’impressione che questa nuova specie.
Sia davvero.
Umana.
(*) Tutte le storie di Alessandro sono linkate in “bottega”: le trovate, quasi ogni giorno, in Alessandro Ghebreigziabiher sul colonnino di sinistra.
(**) Il «pare» è ironico. In effetti è stato chiamato «Homo Naledi» e viene definito una nuova specie di ominine: trovato nelle caverne del Sudafrica chiamate Rising Star (stella che sorge). Una scoperta che sembra aggiungere un tassello fondamentale nella ricerca sui nostri antenati. Non molto alto, piuttosto snello, l’Homo Naledi aveva un cervello minuscolo, ma forse seppelliva già i suoi morti, ben prima dell’Homo sapiens. I diversi sedimenti ritrovati nella caverna non permettono ancora di datare le ossa ma secondo gli studiosi potrebbe avere fra i due milioni e i due milioni e mezzo di anni.