O ti ghettizzi o ti ghettizzano
un intervento di Milena Debenedetti sul panel a «Stranimondi 2016», sulle scrittrici italiane di fantascienza e sulle idee precostituite
Interessante, molto, questo resoconto (*) e il tema dell’incontro. Mi dispiace ancora una volta, per motivi di salute, non aver potuto partecipare a Stranimondi perché forse qualcosina avrei potuto dire sull’argomento, bazzicando l’ambiente della fs femminile, scrivendo, pubblicando e facendo per qualche tempo l’editor, incontrando tutte le resistenze e i pregiudizi del caso, da più di trent’anni.
Anch’io finalista al premio Urania (due volte) con un romanzo giudicato bene, guarda un po’, solo dalla lettrice donna della preselezione, bombardato di critiche dagli altri, in parte senz’altro condivisibili ma in parte molto discutibili. Giusto perché non era prettamente la storia standard a carattere thriller con protagonista stile hard boiled e donne di contorno.
Nel mio romanzo per quanto ci fosse la protagonista donna non c’erano “le problematiche” delle donne, era scritto come reazione al G8 di Genova, si ipotizzava una società del prossimo futuro iperconsumistica e dominata dai cellulari, con i diritti fondamentali degli individui sospesi, una sorta di resistenza noglobal… insomma molta sociologia e anticipazione, poi ahimè realizzatasi in gran parte nel giro di pochi anni, e una considerazione di fondo sulla forza-debolezza dell’empatia. E non mancava comunque l’aspetto thriller.
Sono sempre rimasta convinta che molte delle critiche nascessero da un fastidio di fondo per il modo in cui mescolavo le carte e uscivo dagli schemi prefissati, turbando le opinioni e le idee precostituite. Che molto del fastidio sul mio personaggio fosse perché somigliava più a una donna vera con difetti reali, un po’ acida e bisbetica, che a una supereroina o a una vittima svenevole.
Premetto che di solito non sono una che si dia delle arie, o che sia eccessivamente presuntuosa sulle sue opere; anzi sempre ipercritica, propensa a non appoggiarmi ad alibi come la sfortuna o l’incomprensione altrui. Ma quella volta il senso di delusione, di grande occasione mancata è rimasto. Forse, sarebbe bastato un minimo di editing su alcuni difetti superabili, dei personaggi e dell’infodump… volgarmente detto eccesso di informazioni. Ma sappiamo che l’editing oggi non ce lo possiamo permettere, e perciò – detto anche da operatori del settore – a volte si privilegiano opere più nella media ma “già pronte”. Me ne hanno convinta anche giudizi di lettori che trovo a volte, su testi finalisti di premi, non vincitori e poi pubblicati magari come ebook: impressione che si trattasse di romanzi con aspetti esaltanti e anche difetti, che se rimessi a posto – come all’estero, almeno nell’età d’oro della fs, avveniva abitualmente – avrebbero potuto dare contributi significativi e magari più innovativi di altre opere pubblicate e rapidamente dimenticate.
Così ho dovuto darmi al fantasy, genere che amo meno della fs, e farmi inquadrare nello stereotipo: tu sei donna, scrivi fantasy (anche quando io ero convinta di scrivere fs) per pubblicare romanzi. Mentre sui racconti, almeno e per fortuna (come su altri aspetti della mia vita personale e lavorativa) ho sempre dimostrato di scrivere su argomenti universali e non prettamente “femminili”.
In soldoni, o ti ghettizzi o ti ghettizzano.
Chiedo scusa dello sfogo, giusto per animare il dibattito, non avendo potuto ahimè partecipare di persona.
(*) cfr La fantascienza è delle donne
L’IMMAGINE, scelta qui in redazione, è di Karel Thole.
Intervento di pancia, quasi, e per questo l’ho apprezzato moltissimo. Sulla questione editing le tue parole mi hanno colpito, è tutto vero, faccio l’editor oltre che la scrittrice e la situazione che fotografi ce l’avevo sotto gli occhi anche io ma senza effettiamente riconoscerla, darle un nome e ricollegandole le implicazioni. Grazie!!!