Oggi 12 dichiarazioni d’amore…
…ai libri: 7 – Denis Diderot
di Ignazio Sanna (*)
«Come s’erano incontrati? Per caso, come tutti. Come si chiamavano? Che v’importa? Di dove venivano? Dal luogo più vicino. Dove andavano? Si sa dove si va? Che dicevano? Il padrone non diceva niente e Jacques diceva che il suo capitano affermava che tutto ciò che ci accade quaggiù, di bene e di male, era scritto lassù.»
Questo è l’incipit di uno dei più bei romanzi del Settecento francese e della letteratura tutta: «Jacques le Fataliste et son Maître» (1796) ovvero «Jacques il fatalista e il suo padrone». Jacques ne è il protagonista e il suo padrone gli fa da spalla. L’autore è quel Denis Diderot passato alla storia soprattutto per «L’Encyclopédie», ideata e compilata assieme a Jean Baptiste Le Rond d’Alembert.
E’ un romanzo satirico nel quale – fra digressioni (la storia degli amori di Jacques che viene continuamente interrotta) e dialoghi del narratore con il lettore – ci viene presentato un rapporto fra “datore di lavoro” e “dipendente” decisamente atipico rispetto alle regole del tempo. Il servitore, filosofo fatalista, dialoga con il padrone, che lo tratta con grande riguardo, prendendosi libertà impensabili all’epoca in un rapporto di quel tipo.
Il seguente impagabile scambio fra i due trae spunto dal fatto che il nome Jacques (cioè Giacomo) all’epoca in Francia fosse utilizzato come sinonimo di uomo da poco, mezza calzetta. L’orgogliosissimo Jacques non apprezza il riferimento del padrone al suo nome in questi termini, e si difende attaccando.
«IL PADRONE: Ebbene! Giacomo, eccoti da Desglands, vicino a Denise, ed ecco Denise autorizzata da sua madre a farti almeno quattro visite al giorno. Briccona! Preferire un Giacomo!
GIACOMO: Un Giacomo! un Giacomo, signore, è un uomo come un altro.
IL PADRONE: Giacomo, t’inganni, un Giacomo non è affatto un uomo come un altro.
GIACOMO: E’ a volte meglio di un altro.
IL PADRONE: Giacomo, dimentichi te stesso. Riprendi la storia dei tuoi amori, e ricordati che non sei e non sarai mai altro che un Giacomo.
GIACOMO: Se, nella capanna dove trovammo quei birbanti, Giacomo non fosse valso un po’ più del suo padrone…
IL PADRONE: Giacomo, sei un insolente; abusi della mia bontà. Se ho avuto la stoltezza di tirarti fuori dal tuo posto, saprò bene rimettertici. Giacomo, prendi la bottiglia e la cuccuma, e scendi giù.
GIACOMO: Vi piace dirlo, signore; io mi trovo bene qui, e non scenderò giù.
IL PADRONE: Ti dico che scenderai.
GIACOMO: Sono sicuro che non dite il vero. Come, signore, dopo avermi abituato per dieci anni a vivere da pari e amico…
IL PADRONE: Mi piace che ciò finisca.
GIACOMO: Dopo aver sofferto tutte le mie impertinenze…
IL PADRONE: Non voglio più soffrirne.
GIACOMO: Dopo avermi fatto sedere a tavola accanto a voi, avermi chiamato vostro amico…
IL PADRONE: Tu non sai che cos’è il nome di amico dato da un superiore al suo subalterno.
GIACOMO: Quando si sa che tutti i vostri ordini non valgono un fico secco, se non sono stati ratificati da Giacomo; dopo aver accoppiato il vostro nome al mio così bene, che l’uno non va mai senza l’altro, e che tutti dicono Giacomo e il suo padrone, di colpo vi piacerà separarli! No, signore, non sarà mai. E’ scritto lassù che finché Giacomo vivrà, finché il suo padrone vivrà, e anche dopo che saranno morti tutti e due, si dirà: Giacomo e il suo padrone.
IL PADRONE: E io dico, Giacomo, che tu scenderai, e che scenderai subito, perché te lo ordino io.
GIACOMO: Signore, ordinatemi tutt’altra cosa, se volete che vi obbedisca.
Qui, il padrone di Giacomo si alzò, lo prese per il bavero, e gli disse gravemente: – Scendi.
Giacomo gli rispose freddamente:
– Non scendo.
Il padrone scuotendolo forte, gli disse:
– Scendi, gaglioffo! Ubbidiscimi.
Giacomo gli replicò di nuovo freddamente:
– Gaglioffo, quanto vi piace; ma il gaglioffo non scenderà. Vedete, signore, quello che ho in testa, come si dice, non ce l’ho sotto i piedi. Vi riscaldate inutilmente, Giacomo resterà dov’è, e non scenderà.
E poi, Giacomo e il suo padrone, dopo essersi contenuti fino a questo momento, vanno fuori dai gangheri entrambi nello stesso tempo, e si mettono a gridare a squarciagola:
– Scenderai.
– Non scenderò.
– Scenderai.
– Non scenderò.
A questo chiasso, l’ostessa salì e chiese cosa succedesse; ma non fu subito che le si rispose; si continuò a gridare: Scenderai. – Non scenderò -. Poi il padrone, con il cuore gonfio, camminando per la stanza, diceva bofonchiando: – Si è mai visto niente di simile? – L’ostessa stupefatta e in piedi: – Ebbene! signori, di che si tratta?
Giacomo, senza commuoversi, all’ostessa: – E’ il mio padrone, a cui dà di volta il cervello; è matto.
IL PADRONE: E’ una bestia, vuoi dire.
GIACOMO: Come vi piace.
IL PADRONE (all’ostessa): Lo avete sentito?»
(fonte: http://libri.freenfo.net/4/4021030.html)
Non si tratta forse di uno dei più straordinari dialoghi della letteratura tutta? Non è forse ancora oggi di grande attualità? Domande retoriche, evidentemente. Cambiano le epoche, cambiano le usanze e le formule della conversazione, ma al di sotto di tutto questo l’uomo è fondamentalmente sempre lo stesso.
Se i libri non esistessero bisognerebbe inventarli.
(*) La Giornata mondiale del libro è un evento nato spontaneamente in diversi luoghi (tradizionalmente in Catalogna) e dal 1996 patrocinato dall’Unesco: la data scelta è il 23 aprile ma in qualche caso con manifestazioni che durano per un mese, cioè fino al 23 maggio. Noi abbiamo deciso di ricordarlo in blog – con una pioggerellina di post, uno ogni due ore – proprio oggi per suggerire che un giorno va bene, un mese è meglio ma se «continua» tutto l’anno è “meglissimo”. Fra gli impegni credibili che ognuna/o potrebbe prendersi c’è l’organizzare ogni tanto presentazioni di libri e/o letture collettive oppure calendarizzare (una volta al mese?) di prestare o regalare un “vecchio” libro amato non a qualche persona che abitualmente legge ma a chi di solito non frequenta librerie e biblioteche. Se ci sono altre idee fatevi sentire. (db)
L’idea è buona a metà; regalare un libro a chi di solito non legge è inutile e ti lascia quel dolorino fastidioso costante;quell’esatta sensazione di non aver fatto niente di buono;è beneficenza sms; la persona che “abitualmente non legge” è una persona arida il cui limite è se stessa, non ho voglia di portare avanti una crociata fallimentare; mi piace, invece, l’idea di condividere un vecchio libro con chi riconosce il valore del mio gesto.