OMONIMIE-2: Yariv e Robert contro i fanatici
Qualche giorno fa (a essere pignoli era il 29 marzo) ho trovato su «L’unità» una intervista a Yariv Oppenheimer; molto interessante, vi invito a leggerla.
Questo Yariv è il trentaquattrenne leader di Peace Now, gruppo storico del movimento per la pace israeliano ed è stato parlamentare laburista. Per le sue posizioni contro la colonizzazione dei Territori è stato minacciato di morte molte volte dai gruppi più radicali della ultradestra israeliana.
Come forse ha notato chi bazzica questo blog c’è una rubrica intitolata OMONIMIE che scatta quando noto cognomi simili (*) oppure se qualche amica/o me li segnala. Per la mia memoria il primo Oppenheimer è Robert e dunque di lui vi parlerò.
Secondo qualunque buona enciclopedia (o Google se siete pigr e mouse-dipendentii) il fisico statunitense Julius Robert Oppenheimer è nato il 22 aprile 1904. I suoi genitori erano ebrei emigrati negli Usa. Ha dato molti contributi importanti contributi nella fisica ma la sua fama resta legata alla prima bomba atomica e alla successiva crisi di coscienza che lo spinse al rifiuto di collaborare alla bomba all’idrogeno.
Grande ed eclettico scienziato (è ricordato anche per essere stato il primo a concepire quegli oggetti cosmici con forte attrazione gravitazionale oggi noti come buchi neri) ma anche eccellente organizzatore. Perciò, nel 1942 il governo degli Stati Uniti lo scelse a dirigere il Progetto Manhattan. Gli storici sostengono che riunì tutti i migliori fisici nucleari del mondo, costituendo il gruppo di ricerca più importante mai esistito nella storia della scienza. A differenza di molti colleghi, fu sempre consapevole della propria responsabilità per il lancio delle due atomiche su Hiroshima e Nagasaki. «Oggi la scienza ha conosciuto il peccato» fu il suo commento – diventato celebre – dopo la disastrosa esplosione a Hiroshima. Appena venti giorni prima, durante gli ultimi, positivi test nucleari aveva pronunciato un’altra terribile frase, ripresa da un sacro testo Veda: «Sono diventato morte».
Il suo dramma si manifestò apertamente nel dopoguerra quando, come presidente del comitato per l’energia atomica, si oppose alla costruzione della bomba H. Spiegò che una nuova arma di distruzione di massa non avrebbe risolto i problemi strategici degli Usa ma ne avrebbe abbassato il livello etico. Le sue tesi si scontrarono – e persero – con quelle dei “falchi” (soprattutto Edward Teller, un personaggio che forse ispirò lo scienziato pazzoide e sessuomane del romanzo – poi film – «Il dottor Stranamore»). Oppenheimer finì ovviamente nel mirino di un pericoloso psico-pol, cioè psicopatico della politica, il senatore Joseph McCarthy. Così nel 1954 venne sottoposto a un’inchiesta al termine della quale gli fu vietato l’accesso ai segreti atomici. La comunità scientifica insorse per questa decisione e Albert Einstein guidò il gruppo di sostenitori di Oppenheimer riuscendo, nel giro di pochi mesi, a confermarlo nel ruolo di direttore e professore dell’Institute for Advanced Studies di Princeton, carica che mantenne fino alla morte.
Ricordo negli anni ’60 di aver visto a teatro un dramma su di lui e persino di aver poi letto il testo (forse nella collana teatrale dell’Einaudi, la memoria e l’archivio non mi sorregono abbastanza). Anni dopo incontrai sia nella fantascienza che nella memorialistica un altro dei padri “pentiti” dell’atomica, Leo Szilard, ma è una storia che magari racconterò un’altra volta.
Solo omonimia oppure fra quel Robert di ieri e lo Yariv di oggi c’è qualche somiglianza etica e storica? Entrambi si scontrano, a mio parere, contro il fanatismo. Nel primo caso Robert fu vittima della caccia alle streghe organizzata ai vertici dello Stato; nel secondo a minacciare Yariv sono integralisti religiosi travestiti da estremisti (o viceversa) comunque ben protetti dal militarismo che oggi comanda in Israele.
(*) Se volete sapere come nasce OMONIMIE andate su questo blog in data 23 marzo. Già che ci sono vi dò un consiglio: prendete uno degli autori più “gettonati” del momento, lasciate il cognome e cambiate due lettere (su tre) del nome. Al posto del secondo me mediocrissimo Dan Brown eccovi il ben più interessante Dee Brown. Di lui potete recuperare, negli Oscar Mondadori, il documentato quanto ben scritto e struggente «Seppellite il mio cuore a Wounded Knee» che racconta il trentennio (1860-1890) della «soluzione finale» al problema indiano, ovvero la distruzione quasi completa della civiltà e della cultura dei “pellerossa”.