Onda su onda i migranti continuano a provarci
articoli di Fulvio Vassallo Paleologo, Mauro Armanino, Domenico Gallo, Doriana Goracci, Giulio Cavalli e una canzone di Germano Bonaveri
Immigrazione e propaganda elettorale a venti anni della legge Bossi Fini – Fulvio Vassallo Paleologo
Immigrazione: propaganda, disinformazione e attività del legislatore
A partire dal Decreto Dini del 1995, e poi durante la faticosa elaborazione della legge 40 del 1998 (Turco-Napolitano), le politiche migratorie sono sempre state oggetto di campagne di disinformazione di massa e di palesi strumentalizzazioni, che si intensificano in occasione di ogni tornata elettorale. Anziché affrontare le questioni dell’immigrazione e dell’asilo con risposte efficaci e conformi al diritto internazionale e al riconoscimento dei diritti fondamentali della persona, sanciti nella Costituzione italiana e nelle norme europee, si è ricercato un facile consenso individuando negli immigrati potenziali pericoli per la sicurezza ed il benessere collettivo. Anche contro l’evidenza dei fatti, che a ogni crisi economica rendevano evidenti ben altre responsabilità, il senso comune è progressivamente scivolato verso posizioni discriminatorie e xenofobe, se non razziste. Una questione che non riguarda solo gl’immigrati ma che intacca il principio di uguaglianza e costituisce, per tutti, un grave rischio per la democrazia.
La legge Bossi-Fini e le misure restrittive della libertà personale
Con la legge Bossi-Fini n.189 del 2002 questo processo degenerativo conduceva all’adozione di una normativa che corrispondeva più a un manifesto elettorale che non ad un tentativo di soluzione dei problemi concreti a fronte dei quali si era allora costretti a periodiche regolarizzazioni di massa (anche attraverso l’estensione dei decreti flussi annuali). La legge modificava il Testo unico n.286 del 1998 nel quale era confluita la precedente legge 40 dello stesso anno, rendendo sempre più precaria la condizione degli immigrati residenti in Italia, introducendo, dopo l’abrogazione dell’istituto dello sponsor, condizioni di maggiore rigore per il loro ingresso legale e sanzioni penali rafforzate in materia di agevolazione dell’ingresso irregolare. Venivano previsti nuovi centri di detenzione e si prolungava la durata del trattenimento amministrativo. Si deve ricordare peraltro come già la legge Turco-Napolitano prevedesse ii centri di detenzione, allora chiamati Centri di permanenza temporanea e assistenza (CPTA) per facilitare il meccanismo delle espulsioni, senza rispettare il sistema di garanzie imposto dalla nostra Costituzione. E infatti nel 2001 doveva intervenire la Corte costituzionale, con la fondamentale sentenza n.105, per affermare, in base all’art.13 della Costituzione, il principio della necessaria convalida giurisdizionale in qualunque ipotesi di allontanamento forzato dello straniero irregolare dal territorio dello Stato. Con specifico riferimento alla tormentata attuazione della Bossi-Fini non si possono dimenticare i numerosi interventi della Corte Costituzionale, in particolare con le sentenze n. 222 e 224 del 2004 in materia di limitazioni della libertà personale e di mancata convalida giurisdizionale prima dell’accompagnamento forzato in frontiera.
La legge Bossi- Fini e la esternalizzazione dei controlli di frontiera
La legge Bossi Fini semplificava il regime degli allontanamenti forzati e avviava i processi di esternalizzazione dei controlli di frontiera con previsioni che rinviavano ad accordi di riammissione, ma anche di respingimento, con paesi terzi, anche quando questi paesi non rispettavano i diritti fondamentali della persona, come nel caso dell’Egitto e della Libia.
E infatti già nel 2004 venivano operati numerosi respingimenti collettivi da Lampedusa direttamente verso la Libia, prima con aerei militari italiani, poi con aerei civili di compagnie private. Con la breve interruzione del governo di centro-sinistra tra il 2006 è il 2008, appena insediato Maroni al ministero dell’interno, riprendeva una politica di intensa cooperazione operativa con le autorità libiche, fino al respingimento collettivo operato dalla motovedetta Bovienzo della Guardia di finanza, il 6 maggio del 2009, con la riconsegna diretta, nel porto di Tripoli, dei migranti intercettati in acque internazionali. A seguito di un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo (caso Hirsi Jamaa e altri), arrivava nel 2012 la condanna del nostro paese. Dopo quella condanna, i diversi governi che si sono avvicendati nel tempo hanno cercato di aggirare la decisione della Corte europea, concludendo accordi che di fatto hanno delegato alle autorità libiche e tunisine quei respingimenti collettivi che le autorità italiane non potevano più operare.
I tentativi falliti di riforma: dalla legge Bossi-Fini ai decreti sicurezza di Salvini
I tentativi di tornare ad una legislazione maggiormente equilibrata nella direzione di una salvaguardia dei diritti fondamentali della persona si infrangevano contro l’impossibilità di completare il percorso parlamentare in conseguenza del sistematico ostruzionismo da parte delle destre, ma anche per gravi contraddizioni interne, come avveniva nel 2007 con la legge di riforma Amato -Ferrero che, dopo essere stata approvata da un ramo delle Camere, decadeva per la scioglimento anticipato della legislatura, che ne impediva l’approvazione definitiva.
Il Testo unico n.286 del 1998 veniva poi modificato con i pacchetti sicurezza Maroni del 2008 del 2009 e poi ancora negli anni più recenti con i decreti sicurezza di Salvini, nel 2018 e nel 2019. Il punto di attacco dei diversi provvedimenti si spostava progressivamente dalle misure di trattenimento amministrativo, in vista dell’allontanamento con accompagnamento forzato, verso l’abolizione della protezione umanitaria e gli accordi con i paesi terzi per collaborare contro l’immigrazione “illegale”. Si moltiplicavano le norme penali per i casi di ingresso o soggiorno irregolare con un aumento esponenziale delle persone immigrate internate nelle carceri ed escluse per sempre da qualunque regolarizzazione. Ed adesso, di fronte al fallimento dei decreti sicurezza ed alla bocciatura della politica dei porti chiusi da parte della Corte di Cassazione, il candidato Salvini, ancora sotto processo a Palermo per il caso Open Arms, rilancia quei decreti e si ripropone come futuro ministro dell’interno.
Il ruolo dell’Unione Europea ed il legislatore nazionale
Mentre in tema di immigrazione la potestà normativa è esercitata quasi esclusivamente dal legislatore nazionale, per quanto riguarda la materia dell’asilo l’attività del Parlamento è scandita delle Direttive dell’Unione Europea, alle quali occorre dare attuazione. Nel corso degli anni le capacità di intervento normativo da parte dell’Unione Europea si sono progressivamente svuotate, salvo un impegno crescente nella direzione dei respingimenti e delle attività di contrasto dell’immigrazione illegale, affidate all’Agenzia Frontex. Con i risultati che abbiamo visto in Egeo ed a sud di Lampedusa, e con le violazioni dei diritti umani che hanno portato alle dimissioni del suo Direttore Fabrice Legeri. La mancata riforma del Regolamento di Dublino sui criteri di distribuzione delle persone che fanno richieste di asilo dopo avere raggiunto le frontiere europee, non ha permesso di superare il principio del primo paese di ingresso come paese competente per la trattazione delle richieste di protezione. La conseguente clandestinizzazione dei cd. “movimenti secondari” ha incrementato il numero delle espulsioni e dei respingimenti alle frontiere interne dell’Unione Europea, anche a danno dei minori non accompagnati. Di fronte alle nuove emergenze climatiche ed energetiche, dopo essersi dimostrata incapace ad affrontare la crisi tra Russia ed Ucraina, l’Unione Europea appare oggi sostanzialmente paralizzata sul fronte delle politiche migratorie…
Navi bianche e navi di nessuno – Mauro Armanino
La nave Vulcania impiegata per il rimpatrio dei profughi italiani nel 1942
“… Tra il 1941 e il 1943 quattro transatlantici della Marina mercantile italiana – Saturnia, Vulcania, Giulio Cesare e Caio Duilio – furono appositamente trasformati nelle cosiddette Navi Bianche per riportare in patria dall’Africa Orientale Italiana 30.000 civili prelevati dalle loro case dopo l’occupazione del 1941 e rinchiusi nei campi di concentramento britannici: donne, anziani, invalidi e tantissimi bambini…” (Massimo Camorani, Dalle navi bianche alla linea Gotica 1941- 1944).
Dovevo tornare dal Niger per imbattermi con questo pezzo di storia per me sconosciuta e particolarmente eloquente. Mi ha particolarmente incuriosito la vicenda delle ‘Navi Bianche’, che furono chiamate tali perché colorate di bianco con una grande croce rossa. Ciò per essere meglio identificate e dunque evitare di essere un facile bersaglio di guerra. Si trattava di bastimenti che riportarono migliaia di connazionali in patria in seguito alla rapida dissoluzione dell’impero coloniale italiano in Africa Orientale ad opera degli inglesi.
E fu così che, sempre secondo il diario del citato Massimo Camorani “… dopo mesi nei campi di prigionia trascorsi in proibitive condizioni climatiche, igieniche, alimentari e sanitarie, i rimpatriandi si trovarono ad affrontare un percorso lunghissimo e difficile di circumnavigazione dell’Africa, poiché il governo britannico non aveva concesso il passaggio dal Canale di Suez…tre viaggi, ognuno dei quali, tra andata e ritorno, durava tre mesi, su una distanza di oltre 23.000 miglia…”
Le navi di nessuno, invece, sono quelle che oggi, in circostanze analoghe, imbarcano persone che fuggono dalle prigioni libiche, ivi internate per tentare di fuggire da altri ‘inferni’ meno noti ma ugualmente mortali. Piuttosto che navi si usano gommoni e non devono circumnavigare l’Africa. Sfidano quel Mediterraneo che, invece di essere un ‘mare di mezzo’, viene camuffato in cimitero marino incustodito… “I sopravvissuti ancora a bordo sono 460 e le condizioni di molti di loro non sono buone. Soccorsi dopo 3 giorni sotto il sole, senza cibo né acqua, sono disidratati, presentano ustioni da carburante, gravi ferite e infezioni non curate e segni fisici e psicologici delle violenze e delle torture subite nei campi di detenzione libici’. (Messaggio di S.O.S. Mediterranée del 30 agosto 2022)
Un popolo che smarrisce la memoria rischia di smarrirsi a sua volta nel mare dell’indifferente ipocrisia del tornaconto economico ed elettorale.
Casarza Ligure, 4 settembre 2022
Blocco Navale, naufragio morale – Domenico Gallo
Nel riproporre il suo obiettivo del blocco navale dei barconi in partenza dalla Libia l’on. Meloni ha fatto riferimento ad un precedente, il blocco navale operato dall’Italia nei confronti delle imbarcazioni di profughi/migranti che partivano dalle coste dell’Albania nella primavera del 1997 (primo Governo Prodi), indicandolo come un modello da seguire. Peccato che nel riproporre il modello Albania la Meloni abbia sorvolato su un piccolo inconveniente la morte di 81 persone.
Tutti i partiti stanno pubblicando i loro programmi elettorali sulla base dei quali si confronteranno nella competizione elettorale. Poiché il programma serve e catturare il consenso degli elettori, si sprecano le promesse di benefici miracolosi che questo o quel partito assicurerà agli italiani in caso di vittoria. Così si promettono meno tasse per tutti e più soldi in busta paga, pensioni più alte e più facili da raggiungere, incentivi e bonus di ogni sorta. Si sorvola su alcune palesi incongruenze come l’incompatibilità fra la riduzione delle entrate fiscali, la crescita della spesa militare e l’incremento della spesa sociale. In realtà i programmi dei partiti più che a proporre, servono ad occultare i problemi reali e le intenzioni dei decisori politici, gettando fumo negli occhi degli elettori.
Il programma della destra, però, ha un suo profilo di originalità che lo distingue da quello di altre forze politiche. C’è una sezione dedicata alle promesse (ai cittadini italiani), ma c’è anche una sezione dedicata alle minacce (ai non cittadini). Il tema è quello dell’immigrazione, cioè della pressione alle frontiere di profughi e rifugiati che cercano di sbarcare in Italia. La pretesa di bloccare il flusso di profughi che provengono in maggioranza dalle coste della Libia è sempre stata oggetto di una politica muscolare che ha esibito come un titolo di merito condotte di palese violazione degli obblighi del diritto internazionale, sfociate in alcuni casi in atti di rilevanza penale, come dimostra il processo a carico di Salvini per sequestro di persona in corso a Palermo.
A questa particolare vocazione della Lega, la leader di FdI, ha aggiunto un peso da novanta proponendo il “blocco navale” intorno alla coste della Libia. I Fratelli d’Italia si sono preoccupati per tempo di sdoganare la parola “blocco navale”, al punto di votare, nel marzo dell’anno scorso contro la ratifica degli emendamenti allo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale adottati a Kampala il 10 e 11 giugno 2010 dalla Conferenza dei paesi membri. Gli emendamenti mirano a risolvere un vuoto normativo dello Statuto procedendo alla definizione del crimine di aggressione. Fra gli atti che integrano il crimine di aggressione rientra: “il blocco dei porti o delle coste di uno Stato da parte delle forze armate di un altro Stato.” Sul piano del diritto internazionale non v’è dubbio che il blocco dei porti o delle coste, se attuato al di fuori dell’art. 51 della Carta dell’ONU, costituisce un atto di guerra.
Se il blocco non è attuato nei confronti di uno Stato ma nei confronti di una flottiglia di profughi, non è un vero e proprio atto di guerra, ma costituisce pur sempre un atto illecito perché in violazione di un principio antichissimo del diritto internazionale, quello della libertà dell’alto mare, ribadito dall’art. 87 della Convenzione ONU sul diritto del mare. Nell’opporsi alla ratifica e nel riproporre il suo obiettivo del blocco navale dei barconi in partenza dalla Libia l’on. Meloni ha fatto riferimento ad un precedente, il blocco navale operato dall’Italia nei confronti delle imbarcazioni di profughi/migranti che partivano dalle coste dell’Albania nella primavera del 1997 (primo Governo Prodi), indicandolo come un modello da seguire.
Peccato che nel riproporre il modello Albania la Meloni abbia sorvolato su un piccolo inconveniente. Il 28 marzo 1997 (venerdi di Pasqua) la corvetta Sibilla della Marina militare italiana intervenne per costringere una imbarcazione albanese, la Kater I Rades, carica di profughi e diretta in Italia, ad invertire la rotta, finendo per speronarla. La nave colò a picco trascinando con sé il suo carico umano. 81 furono i corpi recuperati nel relitto (fra cui decine di bambini con le loro madri), 34 furono i sopravvissuti che furono portati in Italia. Nel corso di una audizione tenuta dinanzi alle Commissioni Esteri e Difesa del Senato, il 1° aprile 1997, il Ministro della Difesa dell’epoca, on. Andreatta, ammise: “Le unità del nostro dispositivo hanno ricevuto direttive di adottare regole di pattugliamento volte a dissuadere il naviglio clandestino dal raggiungere il nostro paese (..) Le norme di comportamento prevedevano anche la possibilità, da parte delle nostre unità di manovrare in modo da scoraggiare il proseguimento della navigazione dei natanti verso le coste italiane”.
Quindi nel 1997 il primo Governo Prodi cercò di attuare, senza dichiararlo, una sorta di blocco navale delle coste albanesi, salvo poi rimangiarselo dopo il disastro della Kater I Rades. Poiché provocare un naufragio e la morte per annegamento dei profughi è comunque un crimine sanzionato dalle leggi penali, il comandante della Sibilla, Fabrizio Laudadio, fu condannato alla pena di tre anni di reclusione del Tribunale di Brindisi (poi ridotta ad anni due in Cassazione), ed il Ministero della Difesa a risarcire le vittime. Del resto quando si pretende di arrestare la navigazione di natanti stracarichi ed in condizioni di sicurezza precarie, il naufragio è una conseguenza del tutto scontata. Ma altrettanto criminoso sarebbe la cattura in alto mare dei profughi per ricondurli con la forza nei lager libici da cui sono fuggiti.
Quello che colpisce è che un programma così palesemente criminoso e criminogeno, e così atrocemente disumano, venga promesso al popolo italiano per ottenere più consenso dagli elettori. Promettere in campagna elettorale di fare strage dei diritti (e dei corpi) di determinate categorie di persone, non è quello che accadeva in Germania negli anni trenta del secolo scorso? Ricordate come è andata a finire?
Articolo pubblicato da Micromega.net
Nell’immagine un murale in una scuola di Bari curato dall’artista Giuseppe D’Asta. Una sirena azzurra che mette in salvo una barca con bimbi migranti. Il progetto è sostenuto da Bosch. Gli attivisti di Retake Bari hanno ripulito il muro dalle scritte vandaliche, prima di realizzare il murale con colori acrilici delebili.
I morti che invece non piange nessuno – Giulio Cavalli
Nel 2022 sono scomparse oltre mille persone nel Mediterraneo centrale cercando di raggiungere l’Europa. Da poco la Guardia nazionale tunisina ha recuperato altri tre corpi al largo della costa meridionale di Gabes
Il numero di vite rivendicate dal Mediterraneo continua ad aumentare. Mercoledì 7 settembre la Guardia nazionale tunisina ha riferito che le sue navi avevano recuperato altri tre corpi al largo della costa meridionale di Gabes. Le vittime erano state su una barca che trasportava altri quindici migranti quando è stata “intercettata” e riportata in Tunisia.
Dall’inizio di quest’anno, oltre mille persone sono morte o scomparse nel Mediterraneo centrale cercando di raggiungere l’Europa, secondo i dati dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni.
Lo stesso giorno in cui le autorità tunisine hanno recuperato i tre corpi, più a sud nella città di Zarzis, le madri dei migranti scomparsi si sono riunite per chiedere la verità sui loro figli che sono scomparsi ormai da anni, in alcuni casi anche un decennio.
Decine di donne, alcune con i volti dei loro figli stampati sulle loro magliette, agitavano le foto dei loro amori scomparsi. Tra la folla c’erano anche cartelli che dicevano: “Stop alla violenza contro i migranti” e cartelli e magliette con lo slogan “Ferries, not Frontex”.
Per le madri quella marcia in città (che è luogo di partenza per il Mediterraneo) è il solo modo per mantenere viva la memoria dei loro figli e per chiedere risposte.
«Stiamo lottando per ottenere la verità sui nostri figli», ha detto Fatma Kasroui, una madre tunisina in lutto che non ha avuto notizie di suo figlio dal 2011. «Abbiamo bussato alle porte del ministero degli Interni e del ministero degli Affari esteri. Abbiamo organizzato sit-in. Ma non abbiamo avuto risultati. Come possono le autorità tunisine dirci che i nostri figli sono semplicemente scomparsi?».
Il raduno si è svolto 10 anni dopo la tragedia di una barca partita da Sfax con 130 migranti a bordo, diretti in Italia. Solo 56 sono sopravvissuti a quel viaggio. Un decennio dopo, rimangono molti dubbi su quanti siano effettivamente i morti.
L’Ue fornisce aiuti economici alla Tunisia, che è paralizzata dal debito. In cambio, il Paese si impegna a fermare i migranti che partono dalle sue coste, provando a impedire gli arrivi in Europa. Nonostante ciò, il numero di tentativi di attraversamento dei migranti – e delle sparizioni – dalla Tunisia continua ad aumentare.
Il numero di disastri causati da questi tentativi disperati è talmente alto che la Tunisia è a malapena in grado di seppellire i cadaveri. Ci sono due cimiteri di migranti in città, con quasi 1.000 corpi sepolti. Ormai non c’è più spazio.
Troppo facile usare l’immigrazione solo quando sarà un’utile arma d’opposizione contro il prossimo governo di destra. Troppo ipocrita essere “umanitari” a fasi alterna, nei momenti in cui torna utile per la propria battaglia politica. C’è in corso un guerra feroce da anni in cui l’Europa ha il triste ruolo del mandante.
Tu, voi sapete qualcosa della storia della Siria, di quanto è realmente accaduto in questo paese negli ultimi 20 anni? Chi ha aiutato o combattuto la Siria e perché? Perché chi può scappa? Sappiamo solo dalle ultime notizie che “Sei rifugiati siriani, fra cui due bambini di uno e due anni, un adolescente e tre adulti, sono morti su un barcone presumibilmente “di fame e di sete“. E questo lo afferma l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) sottolineando che l’Agenzia sta assistendo i 26 sopravvissuti sbarcati a Pozzallo, molti dei quali “presentano condizioni estremamente gravi, tra cui ustioni”.
Sappiamo poi realmente che fine fanno i profughi siriani?
Leggo oggi della fine che fece un ragazzino nel 2019, di soli nove anni che si uccise, Wael al-Saud, a Kocaeli in Turchia. Bullizzato dai suoi compagni di scuola: era un siriano. “Wael era un ragazzo sensibile, intelligente e calmo, che amava la vita. Era molto amato dalle persone intorno a lui”,disse suo padre, Mustafa al-Saud, all’Independent Turkish. L’articolo in inglese che mi sono tradotta continua così: “Stiamo osservando molti incidenti in cui i bambini rifugiati vengono esclusi dalle scuole”, ha affermato il deputato del Partito per la giustizia e lo sviluppo (AKP) Mustafa Yeneroglu.I nostri bambini come #VailElSuud non devono perdere la speranza nella vita, teniamoci per mano”, ha aggiunto, condividendo un video dell‘UNHCR su come insegnanti ed educatori possono costruire una vita scolastica più inclusiva per i rifugiati.”Un altro siriano se n’è andato… Sei felice adesso?” Ha scritto Ahmet Hamou, un rifugiato in Turchia.Non impegnarti nel razzismo. È una parola normale per te ma è velenoso conviverci”, ha aggiunto. Nella stesura del testo apprendo che anche in Italia si parlò di questo caso, qui.
Bambini di appena 10 anni hanno tentato il suicidio in Siria e nei campi profughi in Grecia, secondo gli enti di beneficenza Medecins Sans Frontieres (MSF) e Save the Children.”
Nel 2021 Save the Children scrive: “Nel nord-ovest della Siria stanno aumentando i casi di suicidio o i tentativi di suicidio e in un caso su 5 si tratta di minori. Solo negli ultimi 3 mesi del 2020 si sono registrati 246 suicidi compiuti e 1748 tentativi portando un incremento dell’86% rispetto al primo trimestre dello stesso anno.Sul totale delle persone che hanno tentato di togliersi la vita, almeno 42 hanno 15 anni o meno, mentre il 18% sono adolescenti e giovani di età compresa tra 16 e 20 anni.La scorsa settimana un ragazzo di 14 anni si è ucciso in un campo per sfollati ad Hama, l’ultimo di una serie di casi del genere registrati. L’aumento di questo fenomeno rientra in un quadro di crescente disagio della popolazione di quest’area del Paese, il nord-ovest della Siria, intrappolata in una spirale di povertà, violenza, mancanza di istruzione violenza domestica, matrimoni precoci, relazioni interrotte e bullismo, in comunità che sono state piegate da dieci anni di conflitto.Le dure condizioni di vita nei campi sovraffollati nel nord-ovest e la mancanza di infrastrutture sono tutti fattori che spingono le persone a sentirsi più angosciate. Non è un caso che il maggior numero di suicidi è avvenuto proprio tra la popolazione sfollata, per un totale di ben 187 casi. È una situazione che rispecchia il sentimento di sconforto dopo 10 anni di conflitto e che sta togliendo ogni speranza persino ai più giovani e ai bambini.Anche l’economia in forte crisi influisce sullo stato d’animo di quanto non hanno abbastanza risorse per procurarsi cibo e medicine, una deprivazione che alimenta lo stato di stress all’interno delle comunità…”
Loujin, 4 anni, è morta di sete su un barcone bloccato da 10 giorni in mezzo al Mediterraneo, “suicidandosi” ?! E’ morta all’incirca quando è morta la Regina. Oggi o meglio ieri 13 settembre abbiamo sentito quest’altra notizia di cronaca che apprendiamo, forse perchè la barca è arrivata in Italia a Pozzallo. Poi c’è altro da pensare…le bollette che crescono come i migranti…
VIDEO FOTO E ALTRE NOTIZIE SU https://www.agoravox.it/Le-bollette-crescono-come-i.html
LA VIGNETTA è di Benigno Moi
scrive Mauro Armanino:
https://comune-info.net/quella-croce-alla-deriva
Politiche mortali nel Mediterraneo: i naufragi provocati consapevolmente al largo delle coste tunisine devono cessare.
https://www.borderlinesicilia.it/news/politiche-mortali-nel-mediterraneo-i-naufragi-provocati-consapevolmente-al-largo-delle-coste-tunisine-devono-cessare/