Operazione Mare nostrum: il danno collaterale

di Mohamed Malih (*)
Leggendo delle numerose “fregate” che l’operazione Mare Nostrum impiegherà per pattugliare meglio il canale di Sicilia mi è venuto spontaneo associare fregate a fregature. Non so se sarà o meno una fregatura, ma l’idea di qualcosa sopra le righe, trombonesco e in definitiva di sola (come si dice a Roma, fregatura cioè) mi è rimasta. Quest’armata brancaleone infatti che perlustra il Mediterraneo dalla terra e dai cieli con tanto di droni, predator, elicotteri, radar a infrarossi e non so quante navi tutte battezzate con nomi di santi … sa tanto di parata. Una messinscena a uso e consumo dei media e del popolo bue. A testa di questo esercito si colloca ovviamente Letta. A dispetto dei mezzi bellicosi messi in campo il comandante in capo Letta ci tiene a sottolineare che si tratta di missione umanitaria. Non abbiamo ragione di dubitare delle sue buone intenzioni, rassicurati anche dalla sua aria bonaria da maresciallo in congedo, ma è chiaro che con tutta la ferraglia sputafuoco dispiegata ora nel Mediterraneo nessuno oserà più navigarci. L’effetto deterrente, a mio avviso, sarà così efficace che finirà per convincere non solo gli scafisti e i profughi a cercarsi altre acque e altre rotte, ma anche banchi di sardine e delfini a girare alla larga. Solo qualche squalo temerario oserà d’ora in poi farsi vedere da quelle parti. E in ogni caso la sua pinna non sfuggirà ai binocoli dei militari appostati sulle navi e in agguato sugli elicotteri.
Dovremo abituarci ad un futuro senza più profughi e senza più fritture di pesce
misto. E non mi sembra poco come danno collaterale.

(*) 16 ottobre 2013

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