ORA (seconda puntata) – di Pabuda
Ora che, come dicevo,
son già bell’e schiattato
e – per quel che mi dicono –
sepolto sotto qualche palmo
di terra,
ma senza neppure
una lastra di marmo, di bronzo
o – che so – d’una qualunque,
volgarissima lega di tungsteno
e, magari, con qualche appropriato verso
inciso ben per dritto o di traverso…
manco fossi stato imboscato là sotto
in tutta fretta e di soppiatto
come s’usa fare sulla Terra
con certi rifiuti tossici.
vabbé… lasciamo perdere,
ché mi viene il magone:
qui, dove mi trovo adesso,
in questo luogo oltre il tempo
(se m’avete seguito, avrete capito
che al pensiero dominante
più o meno ho aderito)
qui non ce la prendiamo,
siamo molto accomodanti
e ben disposti.
non ce la leghiamo al dito:
neppure con gli assenti alle esequie di rito!
e anch’io mi sento e sono
buono
come un bimbo a Natale
(no, non… quel bimbo:
non stiamo a esagerare!)
come un bimbo qualunque:
buono
per cronica inesperienza natalizia.
qui, la bontà che ci accomuna tutti,
qui nello spazio infinito
dei morti e sepolti, ch’è facilitata
– bisogna ammetterlo –
dalla sonnolenza generalizzata,
fa sì
che s’affrontino faccende spinose
con davvero sorprendente
ma sempre discreta amorevolezza.
per esempio, qualche tempo fa
(non statemi a chiedere quanto,
cribbio! qui il tempo non c’è,
quante volte dovrò ripeterlo!?)
insomma… una volta
un tale dei nostri
incontrando un tizio
che in Terra
era stato una merda pazzesca
gli augurò di soffrire
d’insonnia incurabile.
fu indetta in men che non si dica
(o, forse, passò una vita,
come potrei dirlo?)
un’assemblea plenaria gigantesca:
apparentemente, a giudicar
dagli sbadigli, dai contagiosi
stiracchiamenti
e da certe innocenti grattatine
intra-mutande,
il dibattito non fu esattamente
qualcosa d’effervescente…
d’altra parte, era quasi scontata
l’allegra, bonaria
e cadaverica unanimità:
“ma lasciamolo dormire quello là!”
però per me quel raduno,
cogli strascicati interventi
e certi dotti, pallosissimi ma
illuminati e illuminanti
approfondimenti
fu – potessi morire adesso, se esagero!
tanto… già defunto sono –
estremamente istruttivo:
un vademecum enciclopedico,
un chilometrico suggerimento:
in quattro e quattr’otto
(o, forse, in un quadrimillenio al cubo…
ma essendo che il tempo non c’è
io del tempo che ci metto me ne fotto),
diciamo… a tambur battente
– che, intanto, per me
non ha mai significato niente –
ho compreso e adottato il comportamento
più conveniente e appropriato
per l’attuale ambiente e pel mio stato:
basta coi pregiudizi, i luoghi comuni terreni
sugli spazi e i tempi e i procedimenti ultraterreni,
basta
con le vecchie credenze, gli antichi bauli, i cassettoni
e con le ridicole superstizioni:
qui… belinate come il contrappasso
son passate di moda, scadute, archiviate.
non c’è spazio
(nè tempo, ovviamente)
per imbrogliarsi
con ragionamenti terra terra
su torti e ragioni,
scusanti e aggravanti.
figuriamoci
per le bassezze volgari
come vendette, ripicche
e risarcimenti…
ma, intendiamoci:
questo non è il regno del perdono.
il fatto è che qui ci si interessa
d’altro: riposare a più non posso.
(continua…? mi sa di sì)