ORDINE & DISORDINE
(roba del Pabuda)
devo dirlo:
non mi piacciono
la costruzione d’uno scritto,
dopo tutto,
dovrebbe sottostare
a certe regole:
come serve un certo ordine
per far sopravvivere
una semplice frase,
una volta sputata di bocca.
soprattutto,
se a posteriori
(intendo dire: una volta
ch’è bello fatto e finito
e colle buone o le cattive
è uscito
dall’impossibile casa
dello scrittore),
si pretende ch’io lo legga
quello… scritto,
traendone
un qualche genere di piacere.
so che degli scrittori
sostengono di scrivere
per sé soltanto
e non per i lettori:
per placare una specie di smania
che li prende, periodicamente.
altri, per dei motivi impellenti
d’avanguardia,
voglion fare nuovi esperimenti.
liberissimi: figuriamoci!
ma non potrebbero avere almeno
la compiacenza
di… conservare quei fogli
in un ben serrato cassetto buio
della loro sbilenca scrivania
o di ficcarli sotto
il cumulo di biancheria da lavare
che giace da settimane
nell’angolo a destra
della bisunta finestra?
o d’incastrarli a forza
nello scomparto pieno di briciole
appena sotto la vetrinetta
della credenza?
Sante parole!