«Ornette is the question»
Un bell’omaggio di «Musica Jazz»
«Tomorrow Is the Question!» si intitolava un famoso album inciso nel 1959 dal quartetto di Ornette Coleman. Polemiche a non finire. E innamoramenti. Qualcosa di nuovo nel jazz, nella musica, nelle galassie.
«Ornette is the question!», con lo stesso punto esclamativo, si intitola il cd – con 11 brani – che la rivista «Musica jazz» (numero di agosto, dunque affrettatevi in edicola) dedica al ricordo del grande musicista, scomparso a giugno. L’idea è offrire «una insolita raccolta di rivisitazioni colemaniane eseguite da celebri colleghi, con diverse sorprese». Fra le sorprese – almeno per me – il brano d’apertura cioè «Turnaround» con un quartetto capitanato dal “vecchio” Pee Wee Russell e Marshall Brown; sorpresona l’eccellente violino di Svend Asmussen in «Lonely Woman»; un trio colemaniano del pianista Paul Bley in «Crossroads» e in «When Will the Blues Leave»; poi «Tears Inside» con il quintetto di Art Pepper; il trio di Barney Kessel, Ray Brown e Shelly Manne (ed è interessantissimo confrontare questa versione di «The Blessing» con l’altra sempre qui). Neppure conoscevo o ricordavo il gran quintetto del colemaniano Don Cherry e Archie Shepp con gli ottimi John Thicai, Don Moore e J. C. – così all’anagrafe? – Moses in «Emotions». Tra le “conferme” – sempre belle per me da riascoltare – Don Cherry in tre brani (in due nientepopodimeno che insieme a John Coltrane, nell’altro con Dewey Redman e altri degni compagni), un altro bel duo sax-tromba (Archie Shepp e Bill Dixon). Salvo in un caso sono tutte registrazioni degli anni ’60 ma conservano intatto il loro valore.
Dunque W «Musica Jazz» per l’idea. Sulla rivista (98 pagine per 9 euri, ovviamente cd incluso) oltre a un ricordo di Ornette, un incuriosente ritratto di Ambrose Akinmusire (andrò a scoprirlo), il giovane Kamasi Wahington, la riscoperta di «Space is the Place», un film con Sun Ra e la sua Arkestra (non è un refuso: lo preciso per chi non conosce questo bravissimo e “solare” musicista) e naturalmente molto altro.
Tornando al cd, se il jazz più maturo non vi ha già graffiato il cuore, questo potrebbe essere un buon inizio.