Ostacoli e persone nel Mediterraneo centrale
Osservazioni dall’ultima rotazione della Nadir di RESQSHIP.
di Pietro Desideri (*)
La Nadir è tornata in navigazione, 18m galleggianti a sostegno di chi decide di sfidare Fortezza Europa. Abbiamo operato in coincidenza di un anniversario doloroso: dieci anni prima, 368 persone perdevano la vita davanti a Lampedusa. Invece di creare canali di passaggio sicuri, le politiche europee sono sempre più mortifere.
Condivido tre osservazioni dalla rotazione 1 appena conclusa.
Un nuovo muro
La prima: il corridoio tunisino si sta atrofizzando. Fino a settembre tantissime imbarcazioni erano riuscite ad arrivare a Lampedusa partendo da Sfax, e questa rotta era diventata addirittura più importante di quella libica. La guardia costiera italiana ogni giorno soccorreva decine di barchini e migliaia di persone, che così riuscivano ad arrivare a Lampedusa.
Una situazione che il governo definiva cinicamente “atto di guerra”, mentre oltre 7.000 persone in migrazione arrivate sull’isola non avevano accesso ai servizi più basici. Di fronte al collasso pilotato del cosiddetto sistema di accoglienza, sono stati i canali di solidarietà diffusa ad accogliere le persone – ristoranti che non facevano pagare, persone che si auto-organizzavano per distribuire i pasti in piazza.
Tutto questo è successo fino alla settimana prima della partenza della nostra rotazione con la Nadir.
Noi invece abbiamo osservato gli effetti del memorandum firmato il 16 luglio con il presidente tunisino Saïed.
Un accordo sciagurato, siglato con un autocrate che deporta nel deserto, aizza la popolazione contro le persone provenienti dall’Africa subsahariana. In mare si raccolgono anche le testimonianze delle sopravvissute, che raccontano di una violenza diffusa e cieca – raccontano di pogrom.
In un primo momento, firmato l’accordo tra Saïed e UE, il numero di arrivi dalla Tunisia è crollato. Ma in questi 3 mesi la situazione è cambiata: a ottobre la Tunisia ha restituito all’Unione Europea i 60 milioni di aiuti che aveva ricevuto: «Non accettiamo la carità», ha dichiarato Kaïs Saïed 2.
Scappare dalla cosiddetta guardia costiera
La secondo osservazione: una rotta ibrida tra quella libica e quella tunisina si sta intensificando. Si tratta di imbarcazioni che partono dalla Libia e che invece di puntare direttamente verso Lampedusa deviano verso la Tunisia, costeggiandone le coste al largo. La deviazione è dovuta al tentativo di evitare la cosiddetta guardia costiera libica, la sua violenza e i suoi pull backs 3.
I pull backs libici sono diffusi, giornalieri, coordinati dagli assetti aerei di Frontex. Nello stesso tempo in cui la Nadir era in rotazione, Sea Bird ne ha documentato uno dei tanti, in cui un assetto della cosiddetta guardia costiera speronava un gommone, risultando in 50 persone in acqua.
Gli assetti veloci della civil fleet, come Louise Michel o Aurora, spesso ingaggiano vere e proprie gare per arrivare ai casi di distress prima della cd guardia costiera libica, con risultati alterni e, a seconda, grande sollievo o grande tristezza e rabbia.
Il tentativo di seguire di seguire una nuova rotta di per se è una fuga, una testimonianza del grado di violenza a cui le persone sono soggette. Noi stesse abbiamo avuto avuto a bordo della Nadir delle persone superstiti che già erano state respinte dalla cd guardia costiera, portate all’interno dei lager libici finanziati dall’Europa, e ne testimoniavano la brutalità. Lager che funzionano sulla base di torture, estorsioni, chiamate alla famiglia durante le torture per ricevere i soldi del riscatto. Una delle persone che abbiamo avuto a bordo, scappata dopo sette mesi di detenzione, ha voluto semplicemente descrivere la situazione ricordando lə compagnə che rimanevano in quelle strutture “there are a lot of people in prison. We hope they will be lucky”.
Iron boat
L’ultima osservazione: abbiamo assistito un’imbarcazione di ferro proveniente dalla Libia. Questa potrebbe essere la prima proveniente da così lontano, e potrebbe aprire a sviluppi preoccupanti. Come per la Tunisia, da dove le prime imbarcazioni di ferro erano apparse lo scorso anno, e diventate poi preponderanti. Sono facili e veloci da assemblare, poco costose, riescono a contenere una cinquantina di persone. Espongono le persone a dei rischi aggiuntivi durante la navigazione, perché per il materiale con cui sono costruite affondano più facilmente, appena cominciano a imbarcare acqua.
Ancora una volta, come sempre quando i soldi sporchi dell’Europa pongono nuovi ostacoli, i mezzi e le rotte per penetrare la Fortezza cambiano e si adattano. Le persone che decidono di rischiare la propria vita, praticando la libertà di movimento, si mettono a volte in piedi a prua di un’imbarcazione di ferro in partenza della Libia, con degli occhiali che ricordano Michel Polnareff, e ci guardano.
***(*) Tratto da Melting Pot.
Pietro Desideri
E se i confini non esistessero? Cerco di trovare risposte (spoiler: si starebbe meglio). Lavoro in programmi di cooperazione internazionale, dove porto una prospettiva anticoloniale e antirazzista.
Ho approfondito le tematiche legate all’asilo e all’immigrazione vivendo a Lesbo, in Grecia. Ho partecipato a una missione SAR con l’associazione RESQSHIP, a bordo della Nadir. Mi piace il copyleft e Banksy.
Per contattarmi: pietro@desideri.eu
Note:
- Il termine “rotazione” è diffuso e significa un periodo in cui si effettua ricerca e soccorso. Sostituisce quello di “missione”, pregno di storia coloniale
- Migranti, la Tunisia ha restituito all’Ue i 60 milioni di aiuti: “Non accettiamo la carità” di Tommaso Coluzzi, Fanpage (12 ottobre 2023)
- I pull backs nel Mediterraneo centrale sono respingimenti per procura: l’UE finanzia la cosiddetta guardia costiera libica – miliziani locali – perché respingere direttamente le persone in Libia è contro al diritto internazionale.
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