Otto marzo: e si continuano a scagliare prime pietre
Otto marzo: e si continuano a scagliare prime pietre
Mauro Antonio Miglieruolo
http://miglieruolo.wordpress.com/2013/03/08/otto-marzo-e-si-continuano-a-scagliare-prime-pietre/
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Dico subito, a scanso di equivoci, che non ritengo di avere in tasca la verità, che anzi sono incline ai dubbi e ai ripensamenti; e però su alcuni temi mi concedo volentieri di sostenere con forza le opinioni che mi sono formato. Temi cruciali a causa dei quali può accadere, non sempre si ha la lucidità necessaria di non farlo, di borbottare, rimbrottare, correggere e censurare. Il prossimo mi scuserà, non è un buon modo di sostenerle, la passione a volte fa agio sull’opportunità e sull’esperienza. Prometto di correggermi (ci proverò, almeno).
Tra questi temi uno dei più cruciali, forse il primo in assoluto, insieme a quello dello sfruttamento a cui siamo tutti sottoposti, è quello dell’oppressione sulle donne. Oppressione che si manifesta platealmente nel modo in cui la società (non solo gli uomini, quindi), tratta e considera alcune donne. Quelle che un tempo, per intenderci, si usava definire di “malaffare”. Donne con cui non c’era chi non fosse disposto a fare affari. Siamo alla doppia ipocrisia di sputare nel piatto in cui si mangia e di mangiare in un piatto in cui si sostiene che è meglio non mangiare.
In merito non ritengo appropriato né il linguaggio, né le concezioni che ispirano chi lo adopera. Per me oggi personaggi pubblici noti a tutti quali Ruby Rubacuori o Minetti, nonché le tante escort delle quali è pieno il panorama giornalistico italiano, non “sono poco di buono” colpevoli di chissà quali azioni riprovevoli, ma vittime (VITTIME) di un sistema che produce tanta ricchezza quanta variegata umana afflizione: siamo tutti in vendita, alla vetrina delle necessità del capitale.
Baso preferibilmente le valutazioni sulle persone a prescindere dal modo in cui usano il loro sesso (nella speranza che nessuno voglia interessarsi a come uso il mio), se pure lo usano e non lo lasciano invece usare (che è faccenda ben diversa). Tra Madre Teresa di Calcutta, tanto per fare un nome, e la qualsiasi che si vende per strada non vedo altra differenza che la infelice condizione di quest’ultima: il disagio, i pericoli, le umiliazioni, la perdita di autonomia, l’incanaglirsi in un mestiere che non perdona: fatto per indurire, per annientare (poi però un grazie a Madre Teresa di Calcutta per il bene che ha fatto, se lo ha fatto; e tanta umana solidarietà per queste sorelle dei cui servizi volentieri approfittiamo; e alle quali con tanta ingratitudine rispondiamo).
È un mio limite, forse, molto forse, ma non vedo differenze tra il vendere e il comprare, sempre di commercio si tratta. E nel commercio è affare di tutti i giorni rubare sul peso, sbagliarsi sui resti o ingannare sulla qualità del prodotto (mi guardo bene dal criminalizzare, disprezzare o emarginare i commercianti: mi servo di loro tutti i giorni e almeno per uno – oggi – dico loro grazie; la mancanza di pietà nei confronti dei consumatori mi impedisce di farlo tutti i giorni); di fronte a loro sta una umanità che prende anche quando non gli spetta e esce senza aver pagato il conto. Pan per focaccia, giusto: ma chi può dire contro chi il pane è restituito? Siamo tutti un po’ buoni e un po’ cattivi, i vari gradi i cui i due elementi combinano fanno sì ci sono persone migliori e persone peggiori. Fuori dai tribunali però nessuno può dirsi giudice.
E non c’è anche chi alza le mani (è un vizio inveterato, questo) e invece di pagare si fa pagare prelevando direttamente dalla borsetta della sua vittima? Sono le ultime, i penultimi possono agevolmente restituire i calci in culo che prendono dai più forti, contro i quali non osano ribellarsi. Dopodiché tornano a casa ed è la liberazione. Escono ed è ulteriore liberazione. Avendo incontrato donne a ogni passo: ottimo sfogatoio delle turpitudini nel costume prodotte dalla spietata macchina disumanizzante della società del capitale.
Solo chi non vuole vedere non vede l’uso sociale che si fa di queste donne. Un tempo c’erano gli schiavi, classe indifferenziata da opprimere e sfruttare. Oggi siamo più sofisticati. Abbiamo operai di fabbrica e operai del sesso, mezzemaniche e tecnici insieme a olgettine e costose accompagnatrici.
Un diluvio di donne (e uomini, non dimentichiamolo) di “facili costumi” a portata di tutte le tasche, per venire incontro a tutti i gusti, tendenze e inclinazioni. Tutto ok, siamo nel migliore dei mondi possibili, che potrebbe però anche essere definito, in un’ottica diversa, l’inferno in terra (c’è qualcuno infatti che ritiene che questa nostra vita non sia altro che una rapida passata d’inferno, per imparare). La società, una immensa macchina di degradazione, che accumula sterile ricchezza da un lato e miseria dall’altra. Di tutte queste donne, sfruttando debolezze e inclinazioni personali (tra le quali non metto brama di sesso, perché raramente la “scelta” parte da questo elemento), il Sistema si serve nel modo in cui si serve di tutti: con l’usa e getta. Generalizzare e approfondire l’oppressione equivale a generalizzare e approfondire lo sfruttamento, cioè l’accumulazione, cioè la concentrazione progressiva delle ricchezze nelle mani di pochi, sempre meno persone. Non è altro che il percorso secolare dell’espropriazione dei meno abbienti, al quale dovremo rassegnarci un giorno a rispondere con l’espropriazione degli espropriatori.
Non dovrebbe essere invece che le capacità e inclinazioni di ognuno vengano usate per la realizzazione di quell’uno? Ma se la patria chiama…
La mia è forse smodata voglia di egualitarismo? Spirito ecumenico? Buonismo d’accatto? Ditene quante ne volete. Per me è solidarietà nei confronti di chi sta sotto contro chi sta sopra (ironizzate pure, ve ne prego, ne sarò felice). Per me si tratta di uno dei tanti episodi della guerra che i comunisti combattono contro l’oppressione permanente che dispiega i propri effetti in ogni aspetto della vita sociale. Nuotare contro corrente? Macché, nuotare nella grande corrente millenaria della umanizzazione di una umanità ancora troppo distante dal proprio traguardo.
Lottare per la liberazione di tutti gli uomini: ma come questo può avvenire se accettiamo i suggerimenti dell’ideologia dominante che puntano alla divisione degli espropriati? Non avverrà mai se PRIMA tra di noi, invece di aiutarci, saremo gli uni contro gli altri armati. Disprezzando, emarginando, diffamando.
Vergine o puttana non vedo differenza se non quella racchiusa nell’interno di ognuno, nella capacità di cavarsela nel ruolo in cui si è costretti e dal quale la società non aiuta a emanciparsi.