Over Dance

susanna sinigaglia

Over Dance

Angelin Preljocaj e Rachid Ouramdane

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ai primi di dicembre mi è capitata un’esperienza singolare. L’estate scorsa, al workshop di danza che ho frequentato ho conosciuto Roberto Macchi, un medico in pensione che da una decina d’anni si è dato al teatro e ha voluto, frequentando il workshop, anche misurarsi con la danza. Ci aveva parlato di uno spettacolo che stava preparando insieme alla compagnia di cui faceva parte e che sarebbe andato in scena in dicembre.

Per caso, dopo essermi abbondantemente dimenticata della vicenda, mi è capitato di ricevere l’avviso della presentazione di Over Dance al Teatro Franco Parenti, un progetto di Aterballetto, Centro coreografico nazionale. Incuriosita, ho chiesto di poterne avere l’accredito e così ho scoperto come la seconda perfomance del progetto fosse proprio quella cui partecipava Roberto. Le due coreografie erano interpretate da danzatori e non di oltre sessantacinque anni, da cui il titolo. Da molto tempo i coreografi Angelin Preljocaj e Rachid Ouramdane esplorano questo campo di ricerca, ossia il modo in cui si inscrive sul corpo anziano del danzatore o performer l’esperienza di una vita. Angelin Preljocaj, in una intervista, ha paragonato poeticamente tale inscrizione agli anelli visibili sulla sezione del tronco di un albero annoso.

Lo spettacolo viene aperto da una coppia che irrompe sul palcoscenico al ritmo del cha cha cha: sono l’americano-belga Darryl E. Woods e l’olandese Herma Vos che interpretano la coreografia Un jour nouveau di Rachid Ouramdane. Hanno abiti luccicanti e sembra di assistere a uno di quegli avanspettacoli d’antan che spesso introducevano il pezzo forte della serata (che poteva essere un varietà o una rivista o un film).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I due sono divertiti e divertenti, giocano a “fare i ballerini”: lui, di colore, accentua i tratti della danza jazz afroamericana mentre lei, dalla pelle candida e la capigliatura bionda, si atteggia a “bella sciantosa” tipo Marylin Monroe.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Conclusa la loro esibizione di poco più di 15 minuti come richiedono i tempi dell’avanspettacolo e dopo un breve intervallo arriva la coreografia “lunga”, Birthday Party di Angelin Preljocaj. Il sipario si apre su otto performer in costumi diversi, schierati immobili davanti al pubblico con espressioni che incutono inquietudine e spavento.

 

Questa scena, molto intensa, dura pochi minuti: poi gli otto “rompono le righe” e si scambiano frasi divertite accompagnate da sorrisi e risatine. Sono quattro coppie uomo-donna: tre di danzatori-danzatrici, la quarta formata da Roberto e una performer giapponese, Maï Thé Priou. Penso che questa prima scena possa simboleggiare la parte “oscura” del processo d’invecchiamento, quella che appare minacciosa e incute paura per le incognite che nasconde.

Si susseguono brevi quadri coreografici. In alcuni ci si esibisce tutti insieme: e sono quelli più d’effetto; in altri a sei, a quattro, in assolo, in coppia:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

e sono quelle più poetiche e quasi commoventi; per esempio quando rappresentano l’amore nella coppia, che sia composta da individui di sesso opposto o dello stesso sesso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E stupisce come un danzatore che appare abbastanza corpulento e con un discreto addome riesca a mostrare tanta leggerezza nei suoi volteggiamenti;

o anche come le danzatrici e i danzatori siano ancora così flessuosi e morbidi ma con un pizzico di fascino in più, dovuto proprio all’esperienza maturata.

Mi ha colpito in modo particolare la forza espressiva di ogni quadro coreografico e soprattutto quello in cui i performer indossano indumenti molto succinti, color pelle, che lasciano nude le gambe, le braccia e il torace maschile: un’esibizione coraggiosa e nello stesso tempo schiva del proprio corpo, che si presenta senza veli allo sguardo del pubblico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

È stata perciò una scommessa artistica molto riuscita quella dei due coreografi, una ricerca che nei loro progetti vuole anche allargarsi ad altri campi e diventare una vera e propria proposta culturale da rivolgere ai territori e al grande pubblico, sostenuta e promossa dalla Fondazione Ravasi Garzanti di Milano.

Afferma Angelin Preljocaj che la terza età, come il terzo movimento di una sinfonia, può essere la frase più bella della sinfonia della vita.

Susanna Sinigaglia
Non mi piace molto parlare in prima persona; dire “io sono”, “io faccio” questo e quello ecc. ma per accontentare gli amici-compagni della Bottega, mi piego.
Quindi , sono nata ad Ancona e amo il mare ma sto a Milano da tutta una vita e non so se abiterei da qualsiasi altra parte. M’impegno su vari fronti (la questione Israele-Palestina con tutte le sue ricadute, ma anche per la difesa dell’ambiente); lavoro da anni a un progetto di scrittura e a uno artistico con successi alterni. È la passione per la ricerca che ha nutrito i miei progetti.

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