Pace in Colombia? Forse….
di Nelly Bocchi
Il 23 marzo è passato da un po’, gli accordi di pace non sono stati conclusi, anzi per un breve periodo sospesi; ora le parti sono ritornate al tavolo delle trattative, ma ancora ci sono problemi da risolvere e ombre da dissipare.
Cominciamo con qualche esempio, molto significativo, accaduto nella Comunità di Pace di S. Josè de Apartadò, Departamento di Antioquia.
Novembre 2015: 48 famiglie del villaggio La Esperanza(vereda ovvero piccolo villaggio appartenente alla Comunità di Pace) hanno dovuto abbandonare le loro abitazioni a causa dell’arrivo delle AGC (paramilitari denominatisi “Autodenfensas Gaitanistas de Colombia“) i quali non solo hanno manifestato chiaramente le loro intenzioni di impossessarsi della catena montuosa di Abibe che attraversa il municipio, ma hanno dichiarato inoltre di avere una lista nera nella quale figuravano 8 contadini della zona, che sarebbero stati giustiziati in qualunque momento.
Alba del 30 marzo 2016: le cittadine di almeno 8 regioni della Colombia, tra cui Antioquia (dipartimento dove si trova S.Josè) e Cordoba, sono state ricoperte da volantini che annunciavano, dalla mezzanotte del 31 sino alla mezzanotte del giorno successivo, un blocco armato indetto dalle autodenominate AGC capeggiate nell’Urabà da Otoniel Usuga, per commemorare un paramilitare ucciso anni fa.
San Josecito, cuore pulsante della Comunità di Pace, notte tra il 16 e 17 aprile 2016: esponenti del gruppo paramilitare AGC sono entrati nello spazio della Comunità, cosa mai successa in 19 anni, cioè da quando i suoi abitanti hanno scelto la non violenza attiva, e hanno imbrattato con dello spray nero i muri di alcune abitazioni site all’interno della comunità e i cartelli posti al suo ingresso. Le scritte trovate riportavano la sigla “AGC” e le frasi “AGC presenti” e “AGC, siamo venuti per restare”.
Dall’estate scorsa le AGC continuano a minacciare la Comunità ,si insediano nei pressi dei centri abitati causando sfollamento della popolazione e conseguentemente perdite delle attività produttive, soprattutto agricole.
La regione di Antioquia, dove è situata la comunità, è roccaforte dell’ex presidente Uribe, strenuo difensore del paramilitarismo, ci sono coltivazioni estensive di banane, che pur avendo prestanomi locali, appartengono a Chiquita Brands da sempre favorevole ai parà, come le imprese minerarie che stanno entrando di prepotenza nella zona.
Il paramilitarismo , in questo momento, è un problema molto serio, il governo, anche al tavolo delle trattative di pace, ha affermato che sta per essere smantellato, che si tratta di delinquenza comune . Ma la realtà dimostra il contrario, soprattutto nelle zone dove si sa o si sospetta che sia presente la guerriglia.
Il Centro de Investigación y Educación Popular (CINEP) ha documentato che nel 2015 in Colombia ci sono state 1889 violazioni dei diritti umani, inclusi attentati, sparizioni , violenza sessuale, minacce, abuso di autorità; metà delle quali sono state compiute dai paramilitari.
Altro problema, correlato a questo ,è la connivenza dell’esercito: nel caso della Comunità di Pace è la brigata XVII che presidia la zona, il suo comandante, colonnello German Rojas Diaz ha pubblicamente asserito in diverse interviste a TV, quotidiani e settimanali nazionali che la Comunità di Pace aiuta e sostiene la guerriglia e che il suo rappresentante legale è connivente con le Farc; questa campagna diffamatoria è una sorta di ” condanna a morte” che qualsiasi gruppo paramilitare potrà eseguire impunemente.
In realtà la Comunità di Pace, da quasi 20 anni ha ufficialmente fatto la scelta della non violenza attiva , riconosciuta dalla Commissione Interamericana dei Diritti Umani e il rappresentante legale della Comunità ha avuto ben 17 familiari uccisi sia dalle farc che dai militari e paramilitari, ovviamente nessun mandante né esecutore di questi omicidi è stato giudicato davanti a un tribunale e per questo ha testimoniato anche all’Avana, durante i colloqui di pace.
Secondo la sentenza della Corte Costituzionale colombiana T-1025/07 del 3 dicembre 2007, si ordina alle autorità colombiane di tutelare e proteggere la Comunità e di investigare e fare giustizia riguardo alle numerose violazioni dei diritti umani secondo il diritto internazionale umanitario.
Ma l’intero Paese sta di fatto assistendo con grande preoccupazione all’incredibile avanzata dei gruppi neo-paramilitari ad indicare come sia ancora incerto e difficile raggiungere l’obiettivo della firma degli accordi di pace. La nuova ondata di violenza dei gruppi illegali, ed in particolare delle AGC, coinvolge tutta la Colombia. Dal nord al sud del Paese continuano da mesi le sparizioni e le uccisioni arbitrarie di leader impegnati in diversi settori sociali, politici, difensori dei Diritti Umani, contadini e reclamanti terra.
Nel Catacumbo, regione del Nord Santander, aree in cui la coca è coltivata per un’estensione di più di 9.000 ettari, il contenzioso per il controllo del territorio diventa sempre più spietato. Circa 29 civili e 7 membri della Forza Pubblica sono stati assassinati in questi primi mesi dell’anno; tutti coloro che in un modo o nell’altro stanno cercando di opporsi alla presenza delle AGC o agli altri gruppi vengono eliminati.
Sono molte anche le organizzazioni locali di donne impegnate nell’appoggiare il dialogo di pace alla Avana, o presenti con attività per il reclamo della terra, ad essere vittime in queste ultime settimane di forti minacce che giungono loro attraverso volantini firmati dai gruppi delle “Aguilas Negras”. Sono tante le donne impegnate, in diverse città dall’Urabà al Cauca, per dare il loro apporto alla pace con un forte impegno sociale.
E ancora in queste settimane continua lo sfollamento di persone che fuggono a causa degli scontri armati tra i diversi gruppi illegali delle ELN, le AGC e la Forza Pubblica. Come nella regione del Chocò (precisamente a Litoral de San Juan) dove la Defensoria del Pueblo e ACNUR (ufficio delle Nazioni Unite per gli sfollati) ha denunciato lo sfollamento di 3.000 persone tra indigeni e afrodiscendenti.
Così come rimane infuocata la situazione nel sud della Colombia, nel Cauca, dove due donne indigene Nasa, sono state uccise l’ultima settimana di aprile e dove gli indigeni stanno reclamando i propri diritti continuamente negati dalla Stato rispetto alla terra, educazione e salute. Nonostante una riunione delle comunità indigene con il Ministro dell’Agricoltura e delle Miniere alla presenza di alcuni rappresentanti delle Nazioni Unite, i leader del movimento, tra cui Francia Márquez, vincitore nel 2015 del premio Nazionale per i difensori dei diritti umani ed i suoi compagni, sono stati minacciati di morte dai paramilitari il giorno dopo l’incontro con il Governo.
Come sempre appare contraddittoria la situazione colombiana che vede da un lato l’apertura di un tavolo di trattativa per la pace ed una lunga lista di scuse e di richieste di perdono alle vittime da parte dello Stato e dall’altro la chiara connivenza di alcune strutture militari e politiche con i gruppi neo-paramilitari per mantenere così vive le fiamme del conflitto sempre e comunque redditizio.
(*) Associazione Jambo commercio equo