Padania: tra Gardaland e la città del mobile
Accettare come semplice frutto di meteorismi da allegri bevitori in gita le affermazioni ascoltate a Pontida, è un esercizio che corrode profondamente la già instabile democrazia di questo paese. E se non lo fanno i giornali tocca a voi fare chiarezza, care e cari insegnanti che in questi giorni state esaminando le ragazze e i ragazzi alle prese con gli esami delle medie inferiori. Ve lo chiedo come favore, anche se so in quali drammatiche condizioni siete costretti a lavorare!
Un piccolo mostro insopportabile e saputello con cui condivido parte del dna (ma forse esagero: non è affatto piccola, ha 14 anni!), che ha già la manìa di leggere i quotidiani, mi ha chiesto con insistenza dove si trova esattamente la “Padania”. Mentre esaminavo una serie di mie parti anatomiche un po’ in ombra con cui metaforicamente indicare una possibile posizione geografica, mi sono reso conto che aveva in mano i due principali quotidiani nazionali, sottratti alla mia lettura.
Leggendo poi con attenzione le cronache che precedevano la sagra del suicidio dei neuroni a Pontida mi sono reso conto che in effetti nessuno precisa più il semplice concetto che queste genti alterate reclamano un’identità che non esiste. I linguaggi e metalinguaggi della stampa danno per scontato che chi legge si faccia soltanto una bella risata con la parola Padania, senza rendersi conto che essendo ormai passati oltre trent’anni da quando questi nemici della democrazia e delle convivenza civile sono in circolazione, si è ormai formata una nuova generazione di ragazzi che se legge la parola Padania senza commenti critici, pensa a qualche forma antica di regno, granducato o territorio o, peggio, etnìa che sia esistita in chissà quale passato, tipo cartaginesi o visigoti.
Certo, conforta che tramite altri mezzi digitali, a cui come quotidiano online siamo sempre molto attenti, come l’odiato/amato facebook, sia prevalente l’opinione che si tratti di una mistificazione creata ad arte per occupare uno spazio politico più complesso, quello della piccola imprenditoria del Nord est e del Nord ovest, quella che per prosperare sfrutta mano d’opera immigrata e paga sempre meno anche gli italiani, quando si ricorda di metterli in regola. Facendo un rapido giro tra i miei amici di fb, oltre un terzo dei quali vive al nord, riscalda il cuore leggere i loro commenti indignati e offesi dalle cialtronate che in presunto loro nome sparano i leaders della Lega.
Rimane però il fatto che il partito di Bossi, oltre ad essere il più vecchio in Italia e quello più radicato nel territorio, crisi o non crisi del centrodestra incassa comunque milioni di voti necessari per costruire o far cadere governi nazionali. Per questo non si può dare per scontato che sia legittima l’esistenza di questa entità xenofoba e razzista fondata proprio in nome di una Padania che ha la stessa legittimità storica e politica di Gardaland o della Città del mobile.
Toccherebbe ai giornali ricordare questa semplice e inconfutabile verità: la Padania non è mai esistita, la Padania non esiste. Al massimo c’è nebbia, e nemmeno sempre, in Val Padana e la pianura padana è di sicuro un posto molto più bello di quel che raccontano le guide turistiche e ci trovi brave persone a cui piace stare insieme agli altri.
Se i giornali danno invece per scontato che non ci sia più bisogno di ripetere che la Padania non esiste e quindi la Lega Nord si regge sul niente, il motivo è da ricercare nella solita convenienza politica che avvilisce tutto. Perchè anche i più feroci oppositori di questo governo danno per scontato che l’unica strada per rovesciare Berlusconi passi per il ribaltone della Lega. Proprio quel genere di ragionamenti che allontana le persone dalla politica, anche se stavolta difficilmente, con tutti questi Indignados che girano (acquistando peso internazionale e non più locale) i partiti di centrosinistra, soprattutto il più grande, potranno farsi beffe come sempre della volontà popolare.
Perciò cari insegnanti, per una volta ancora fate voi quel che non fanno gli altri, parlate di cultura. Appena cominciano gli esami orali fate una domanda trabocchetto a quel ragazzo antipatico che vi ha rovinato le lezioni per tutto l’anno e chiedetegli dove sta la Padania. E se quello risponde che è un’antica nazione del nord, chiederete poi scusa successivamente a Maria Montessori, iniziate a ridere e a indicarlo agli altri come un caprone scompisciandovi dalle risate. E bocciatelo pure senza pietà, un giorno vi ringrazieranno i genitori di tutti gli altri ragazzi.
Il “potere padano” non si regge sul nulla ma sull’ignoranza socio-politica e sulla grettezza umana di milioni di elettori. Ed é la versione plebea dei berlusconidi, ammesso che una qualche “mise da galà” possa differenziarsi realmente dalle barbe verdi o dai sedicenti elmi celtici. Entrambi non amano la storia, nemmeno quella locale, perché vogliono ridurre i loro tifosi a “strumenti ciechi di occhiuta rapina” (citazione coeva ma non inclusa nel “va pensiero”).
Anche a dignitosi livelli universitari mi é capitato di dover ribattere (ad una docente toscana) che i veronesi non sono padani, né geograficamente (semmai atesini nel senso idrografico) né storicamente (Dante definì il principe di Verona “il gran lombardo”, in ossequio alla precedente “langobardia”, cioè la terra degli invasori longobardi).
Nel dubbio che non si sappia di pasta sono fatti i leghisti di successo dell’ultima generazione arrivata al potere dovrei inserire una recente foto dove si capisce bene che la logica del “più uguale degli altri” non sia solo berluscoide.
Per completezza la manderò a Daniele perché ne valuti il potenziale interpretativo della differenza che passa fra un “sindaco” e un “podestà padano”