«Paolo Campi: un muratore in Parlamento»
le riflessioni di Gianmarco Martignoni sul libro di Orazio Cammarata
Accompagnato da un ottimo apparato iconografico, il volume dello storico Orazio Cammarata «Paolo Campi: un muratore in Parlamento» (editore Macchione: pag. 372, euro 22) merita una nota di rilievo per l’indubitabile capacità di restituire al lettore uno spaccato della accidentata e controversa storia nazionale, a partire dalle vicende legate alla realtà territoriale del gallaratese e alla figura di un capopopolo di quel movimento operaio in costante ascesa durante i primi due decenni del Novecento. Un’ascesa brutalmente stroncata dalla violenta reazione fascista, ma che rimane una pagina epica di cosa ha significato per tanti uomini e tante donne battersi coscientemente per il riscatto e l’emancipazione del proletariato.
Paolo Campi dopo una esperienza da emigrante in Alsazia, ove organizzò i suoi connazionali nelle fila del movimento sindacale tedesco, fu espulso per attività sovversiva. Tornato in Italia, grazie all’incontro con una donna dello spessore di Ines Oddone – insegnante, fondatrice del periodico “La donna socialista” e successivamente del settimanale “La lotta di classe“, nonchè moglie di Giovanni Bitelli segretario della Camera del lavoro di Gallarate – diventò da muratore uno degli attivisti che più si impegnò per il miglioramento delle condizioni di lavoro e della sicurezza di una categoria che a quel tempo era organizzata in leghe. Proprio in quegli anni di intensa militanza sindacale, Campi conobbe e poi sposò Gennarina Panigo, una ragazza che aveva subito aderito al Partito Socialista e grazie alle battaglie condotte all’interno di una fabbrica tessile aveva iniziato nel dopolavoro a frequentare assiduamente la sede della Camera del Lavoro.La crescita impressionante degli iscritti al sindacato e la nascita della società di Mutuo soccorso “Figli del lavoro” posero le basi per la costruzione della Casa del proletariato, attraverso una straordinaria sottoscrizione azionaria, sui terreni di via Palestro, con annesso un teatro di 500 posti.
Nel frattempo mentre i lavoratori tessili conquistavano le 8 ore di lavoro giornaliere, Paolo Campi , diventato prima segretario della Camera del lavoro, fu eletto alla Camera dei deputati nelle fila del Partito socialista, per poi assumere la carica di sindaco della città di Gallarate, affiancato nei suoi compiti dalla prestigiosa figura dell’avvocato Francesco Buffoni in qualità di assessore alla Pubblica Istruzione. Sennonchè la crisi della sinistra, determinata dalla scissione dei comunisti avvenuta a Livorno nel gennaio 1921, si combinò con la crescita del malessere sociale scaturito dell’acuirsi della crisi economica favorendo di conseguenza l’ascesa dei fascisti sul piano dei consensi .Tanto che a Gallarate si costituì l’Intesa Fascista del Gallaratese, capeggiata da Mario Brumana e Carlo Ravasio, che dopo aver alimentato le ronde nella città giunsero a occupare il Broletto e ad esautorare l’amministrazione socialista. Questa vicenda fece scoppiare la tensione tra i social-comunisti e gli squadristi fascisti finchè, in seguito ad una sparatoria che a Cardano al Campo coinvolse gravemente il Brumana, i fascisti organizzarono una rappresaglia contro la casa di Paolo Campi e successivamente dell’onorevole Franco Buffoni. Quindi si scagliarono, devastandoli, contro i locali della Casa del Proletariato di via Palestro, malmenando il Campi, che fortunosamente riuscì a rifugiarsi in una abitazione vicina. La morte del Brumana, il funerale segnato dalla presenza di Benito Mussolini, i rinnovati assalti alla Casa del Proletariato costrinsero Campi a fuggire con la famiglia a Colonia in Germania. Qui fu la moglie Gennarina a prendersi sulle spalle il peso della famiglia, in quanto approfittando dell’espansione economica determinata dall’ascesa al potere del partito nazista (che aveva ridotto drasticamente la disoccupazione attraverso una serie di investimenti pubblici) avviò un’attività legata alla sartoria, per poi tentare la fortuna con l’apertura di una gelateria. Campi invece non si era mai ambientato in quei luoghi, ed oltre a non essersi mai iscritto al Partito nazional socialista dei lavoratori tedeschi, figurava tra i sovversivi schedati nel Casellario Politico del ministro degli Interni. D ‘altronde in lui non erano mai morti gli ideali socialisti, mentre sorprendente era stata la conversione di sua moglie da sindacalista rivoluzionaria al mondo degli affari e del successo economico.
Con lo scoppio della seconda guerra mondiale Campi intuì che un destino fosco si stava delineando per le sorti sia della Germania che dell’Italia. Dunque,anche tramite una lettera di supplica inviata al Duce in persona, insistette per rientrare nel nostro paese, prima mediante una serie di permessi a partire dal 1940, e poi nel 1943 ritornando definitivamente a Cazzago Brabbia, ove era nato. Appena in tempo per assistere al crollo del fascismo e partecipare agli eventi successivi e alla Liberazione, ma dopo aver ripreso l’attività politica nel movimento cooperativo in qualità di presidente della Federcoop, per un male incurabile morì il 29 gennaio 1948 a soli 64 anni . Naturalmente il funerale si svolse a Gallarate, la città che lo aveva visto protagonista di tante battaglie e che stava rinascendo nel solco della libertà riconquistata.
Ringrazio Gianmarco Martignoni per l’ottima recensione relativa al mio libro “Paolo Campi: un muratore in Parlamento”
Orazio Cammarata
Preziosa la ricostruzione di pagine storiche così intense in un ambiente e in un momento come questo che ci spingono verso l’oblio del coraggio e della coerenza. Grazie anche alla stimolante presentazione di Marco persona “naturalmente” coinvolta in tracciati come questo.