Paraguay: per il massacro di Curuguaty pagano solo i campesinos

di David Lifodi

Tutto come previsto: la Pubblica accusa ha chiesto la condanna dei contadini imputati per il massacro di Curuguaty invitando ad una condanna esemplare (e scoraggiare così altre eventuali occupazioni delle terre), tra lo sconcerto delle organizzazioni sociali e dei familiari dei detenuti. La Comisión de Familiares de Víctimas de Curuguaty, comunque, ha già inoltrato alla Procura dello Stato la richiesta di riapertura delle indagini evidenziando come lo Stato paraguayano abbia disatteso le raccomandazioni della Corte interamericana per i diritti umani e del Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite, i quali sollecitavano, già nel 2013, un’investigazione imparziale e indipendente.

Del resto, la ricostruzione delle dinamiche che provocarono il massacro di Curuguaty, avvenuto il 15 giugno 2012, è stata condotta esclusivamente attraverso le testimonianze della polizia. Ritenuto uno degli episodi più tragici nella storia del paese, il caso servì al Partido Colorado e alle forze politiche di destra legate all’oligarchia per estromettere Fernando Lugo dal palazzo presidenziale di Asunción. La mattanza avvenuta nella finca di Marina Kue, dipartimento di Canindeyù, nel nordest del paese, lasciò sul campo 11 contadini e 6 poliziotti uccisi. A pagare, finora, solo gli undici campesinos indicati come i responsabili della morte degli agenti che, secondo l’accusa,  sarebbero caduti in un’imboscata. Uno dei tanti paradossi di un’inchiesta trasformatasi ben presto in farsa, riguarda il fatto che nessuno dei poliziotti intervenuti quel giorno è stato in grado di riconoscere gli undici campesinos subito additati come colpevoli. Inoltre, non fu certo un caso la presenza in Paraguay di Liliana Ayalde, ambasciatrice statunitense che si adoperò a tutti i livelli per far cadere Lugo e che, guarda caso, adesso è in Brasile per svolgere più o meno le stesse funzioni su indicazione di Washington. Nessun esponente delle forze di polizia risulta essere tra gli indagati per la morte dei contadini, mentre i campesinos ritenuti colpevoli, nel corso del tempo, hanno condotto coraggiosi scioperi della fame per sensibilizzare un’opinione pubblica perlopiù sorda alle loro richieste. Il conflitto per la terra di Marina Kue fece esplodere una questione agraria mai risolta in Paraguay, dove il 2% della popolazione possiede l’87% della terra. L’agronegozio e la monocoltura della soia la fanno da padrone e, come spiega Martina Paredes, della Comisión de Familiares de Víctimas de Curuguaty, nella zona di Marina Kue sono stati concessi altri 1.800 ettari alle multinazionali dell’agrobusiness, senza alcun rispetto per coloro che persero la vita proprio in quel territorio. La stampa di orientamento conservatore ha sempre giustificato il massacro di Curuguaty ripetendo la tesi della legittima difesa della polizia, senza mai adoperarsi per chiedere un’indagine realmente imparziale su quanto accaduto quel 15 giugno 2012.  Caratterizzata più volte dall’alterazione della scena del crimine e dall’introduzione di prove false, l’investigazione è stata avallata senza alcun problema dallo Stato paraguayano, complice dei terratenientes e dei leader politici legati all’agronegozio, tra cui l’attuale presidente Horacio Cartes. L’avvocato di alcuni dei campesinos incriminati, Víctor Azuaga, ha presentato una denuncia di fronte alla Commissione dei diritti umani dell’ Organizzazione degli stati americani sollecitando la libertà dei suoi assistiti, ma non è facile svolgere il lavoro di avvocato quando si difendono i più deboli. I difensori dei contadini hanno ricevuto un avvertimento dalla Corte suprema di Giustizia che suona come una vera e propria minaccia: se insisteranno ad occuparsi del massacro di Curuguaty per scagionare i campesinos saranno sospesi dall’Ordine. Non solo: secondo Víctor Azuaga lo stato spinge affinché ai contadini siano assegnati dei difensori d’ufficio in modo tale che la pratica si chiuda il più rapidamente possibile. Eppure, sottolineano gli avvocati, ci sono numerosi video nelle loro mani che testimoniano come i contadini non avessero alcuna arma al momento dello scontro, ma che, al contrario, i responsabili della sparatoria sarebbero stati proprio i poliziotti. Sui contadini, oltre all’accusa di omicidio, pende quella di associazione criminale e di occupazione abusiva dei territori di Marina Kue, dove si erano stabiliti per spingere il presidente Lugo ad attuare una riforma agraria che l’ex vescovo non poteva mettere in pratica a causa di un Parlamento dove prevalevano le forze favorevoli all’agrobusiness. Del resto, l’opinione pubblica è sempre stata ostile ai contadini. Un altro avvocato difensore, Marcos Shirakawa, ha segnalato che il primo magistrato ad interessarsi del caso, Jalil Rachid, oggi viceministro alla Sicurezza della presidenza Cartes, ha sempre definito i campesinos come “invasori della terra” e questo non ha certo aiutato nel tutelare il loro diritto alla presunzione di innocenza.

Per Rubén Villalba, Luis Olmedo Paredes, Adalberto Castro Benítez, Néstor Castro Benítez, Juan Carlos Tillería, Lucía Agüero, Fanny Olmedo, Dolores López, Alcides Ramón Ramírez, Felipe Benítez Balmori e Arnaldo Quintana, nonostante il Pubblico Ministero non sia in grado di stabilire chi ha ucciso chi, si profila una vera e propria gogna mediatica, oltre ad una sentenza che sarà probabilmente durissima.

 

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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