Parigi: la solita storia
C’era una volta una storia che si ripeterà.
Vedrete, anche stavolta sarà così.
Perché il film è quello, la sceneggiatura è sempre la stessa.
Ecco perché il finale non cambia.
Possono chiamare altri attori, inventare scenografie suggestive e giocare quanto gli aggradi con le parole.
Lo spettacolo offrirà ogni volta il medesimo messaggio.
Di guerra e pace.
Democrazia e terrorismo.
Il narratore dal palco più in alto urlerà a squarciagola, il volume della colonna sonora si farà insopportabile e tu non potrai fare a meno di ascoltare.
Funziona, è prodotto che vende, perché rispetta la prima legge del racconto.
La bugia migliore è quella che mescoli verità a finzione e così è per la buona storia come la cattiva notizia.
E’ vero, la voce non mente, la democrazia è sotto attacco, altrettanto la pace.
Non ci sono complotti celati, non ce ne sono più, oramai, se mai ce ne sono stati.
Le risposte sono lì, basta guardare, avere il tempo di farlo.
La voglia.
La differenza è tutta qui.
I morti sono morti e fanno male, a chi resta, a chi amava e anche a chi ha iniziato a farlo solo ora.
La democrazia e la pace sono in pericolo in ogni istante ma è esattamente nel momento in cui la nube dell’esplosione ricopre del tutto lo schermo grande che devi preoccuparti.
E magari rammentarti che solo ieri in 18 sono morti a Baghdad, Iraq, per un attentato.
Che il 12 novembre il bilancio aggiornato del duplice attacco kamikaze a Beirut è stato di 37 morti e 181 feriti.
E che il 7 novembre in Burundi sono stati uccisi 198 civili e 200.000 sono in fuga.
Che il giorno precedente nella Repubblica Centrafricana ci sono stati centinaia di morti per la guerra civile.
E che il 25 ottobre in Sud Sudan in 80 sono morti dopo 18 giorni di conflitti, tra le vittime 57 bambini.
Che il 24 ottobre in Pakistan un kamikaze ha attaccato una processione sciita e ha provocato almeno 16 morti.
E che solo il giorno prima, in Nigeria, in 50 sono morti per attentati a due moschee.
Che il 23 ottobre, in Afghanistan, è di 23 morti il bilancio del raid americano sull’ospedale di Medici Senza Frontiere.
E, magari, potrai ricordarti pure che il 22 ottobre, in Svezia, un giovane simpatizzante nazista ha ucciso un professore e uno studente.
Che il 17 ottobre, in Libia, è stato abbattuto un elicottero, causando 13 morti.
E che il 16 ottobre in Arabia Saudita in cinque sono morti per un attentato alla moschea.
Laddove poi ti avanzi altro tempo potresti anche rammentare che secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria ci sono stati 250mila morti dall’inizio della guerra, tra cui 74.000 civili e 41.000 stranieri con 12 milioni sfollati.
Che la guerra in Iraq ha causato più di 15mila morti civili nell’ultimo anno e mezzo.
Che nella guerra tra Israele e Palestina (dati aggiornati al 2011) ci sono stati circa 1500 morti (di cui 142 minori) per la prima e quasi 8000 (di cui circa 1600 minori) per la seconda.
E magari che i migranti morti nel Mediterraneo, in fuga da guerre e povertà, nel 2015 sono stati circa 3000 e che solo a settembre sono 1.075 i corpi di migranti recuperati lungo le coste italiane.
C’era una volta una storia che si ripeterà.
Stai a guardare, poiché il film è quello, la trama è sempre uguale.
Ecco perché il finale ritorna.
Possono assumere nuove comparse, aggiungere effetti speciali e giocare a piacimento con i titoli.
Il quadro mostrerà ogni volta lo stesso disegno.
Di pace e guerra.
Terrorismo e democrazia.
Il leader col maggior numero di followers griderà a perdifiato, il frastuono della folla urlante si farà ineludibile e tu non potrai fare a meno di ascoltare.
Funziona, è merce virale, perché ha già funzionato.
Qualche giorno di prime pagine e serate in tv, dichiarazioni ad hoc, polemiche più o meno spontanee, altre leggi restrittive e nuove azioni di forza, opportuni fendenti al vulnerabile nemico buonista.
E quando tutto è tornato normale.
Torniamo a tavola, a parlar di gossip, calcio e reality show.
(*) Questo testo è il numero 1288 di Storie e Notizie. Il blog «Storie e Notizie» ha iniziato a muovere i suoi primi passi verso la fine del 2008: contiene racconti e video basati su reali news prelevate dai maggiori quotidiani e agenzie di stampa on line, al seguente motto: Se le notizie sono spesso false, non ci restano che le storie. L’obiettivo è riuscire a narrare le news ufficiali in maniera a volte fantasiosa, con l’auspicio di avvicinare la realtà dei fatti più delle cosiddette autorevoli fonti di informazione. La finzione che superi la verità acclarata nella corsa verso la comprensione delle cose è sempre stata una mia ossessione. «Storie e Notizie» ha un canale Youtube, una sua pagina Facebook e anche la versione in lingua inglese, Stories and News. A novembre 2009 ha debuttato l’omonimo spettacolo di teatro narrazione. (Alessandro Ghebreigziabiher).
Se non conoscete Alessandro Ghebreigziabiher… guardate in “bottega” e ne trovate numerose tracce. Da un po’ di tempo tutte le sue storie sono linkate in Alessandro Ghebreigziabiher, ovvero sul colonnino di sinistra della “bottega”. L’IMMAGINE è di OTTO DIX. I nazisti cercarono di bruciare tutti i suoi quadri; avevano un grave difetto, mostravano la guerra in ogni suo orrore. La guerra. Ogni guerra. La solita storia. (db)
Devrimci Anar5ist Faaliyet – DAF (Azione Rivoluzionaria Anarchica) per la precisione sono turchi
comunicato sulla strage di Parigi
Il dolore che vivete è il nostro dolore, la rabbia che sentite è la nostra rabbia.
Il 13 novembre, oltre 150 persone hanno perso la vita e ci sono stati decine di feriti in 7 diversi quartieri di Parigi a causa di attacchi ISIS coordinati con bombe e armi da fuoco. L’organizzazione criminale ISIS continua a uccidere al di fuori delle regioni del Medio Oriente e Anatolia. Il massacro che ha avuto luogo a Parigi, mostra chiaramente che il terrore dell’ISIS non conosce limiti. Sentiamo la strage di Parigi profondamente e condividiamo il suo dolore. Abbiamo vissuto e viviamo ancora gli attacchi ISIS sostenuti dallo Stato. Nelle zone di Sengal a Kobane , da Pirsus (Suru ) ad Ankara, abbiamo perso tanti compagni e amici. Siamo consapevoli del fatto che i massacri mirano a creare paura, diffidenza e a renderci isolati. Il nostro dolore è grande e aumenta ogni giorno. In questo periodi, dobbiamo far crescere la solidarietà contro gli assassini che vogliono seppellirci nella paura, nella solitudine e nell’isolamento. Vediamo le mosse simultanee dello Stato francese e di altri Stati allo scopo di manovrare la situazione. Sappiamo che queste stesse strategie sono realizzate nella nostra regione con il nome di “lotta contro il terrore”. In questo contesto di sfiducia, le persone hanno una psicologia di panico che è diretto da organismi dello Stato. Lo stato di oppressione dei rivoluzionari e le restrizioni delle politiche statali che limitano la libertà, sarà legittimata politicamente e la questione razzista e politica aumenterà. Gli Stati utilizzano questi eventi per i loro interessi politici, economici e sociali. Comprendiamo la situazione che i popoli in Francia stanno vivendo e vivranno. Conosciamo la difficoltà di portare avanti, da un lato il dolore di quelli che abbiamo perduto e nello stesso tempo la difficoltà di lottare contro le mobilitazioni fasciste create dallo Stato all’interno della società. Ci teniamo a sottolineare che, anche con questa difficoltà, la lotta dovrebbe essere contro la paura, lo stato e il fascismo.
Il dolore che vivete è il nostro dolore, la rabbia che sentite è la nostra rabbia, la vostra lotta è la nostra lotta!
Devrimci Anar5ist Faaliyet – DAF (Azione Rivoluzionaria Anarchica)
Per quanto mi riguarda, una delle cose più sensate – se non la più sensata – che mi sia capitato di leggere in queste ore sulla stampa mainstream.
Faccio mie le parole di Alberto, che ringrazio
Francia: almeno smettiamola con le chiacchiere
Fulvio Scaglione (Famiglia Cristiana.it)
15/11/2015 Da anni, ormai, si sa che cosa bisogna fare per fermare l’Isis e i suoi complici. Ma non abbiamo fatto nulla, e sono arrivate, oltre alle stragi in Siria e Iraq, anche quelle dell’aereo russo, del mercato di Beirut e di Parigi. La nostra specialità: pontificare sui giornali.
E’ inevitabile, ma non per questo meno insopportabile, che dopo tragedie come quella di Parigi si sollevi una nuvola di facili sentenze destinate, in genere, a essere smentite dopo pochi giorni, se non ore, e utili soprattutto a confondere le idee ai lettori. E’ la nebbia di cui approfittano i politicanti da quattro soldi, i loro fiancheggiatori nei giornali, gli sciocchi che intasano i social network. Con i corpi dei morti ancora caldi, tutti sanno già tutto: anche se gli stessi inquirenti francesi ancora non si pronunciano, visto che l’unico dei terroristi finora identificato, Omar Ismail Mostefai, 29 anni, francese, è stato “riconosciuto” dall’impronta presa da un dito, l’unica parte del corpo rimasta intatta dopo l’esplosione della cintura da kamikaze che indossava.
Ancor meno sopportabile è il balbettamento ideologico sui colpevoli, i provvedimenti da prendere, il dovere di reagire. Non a caso risuscitano in queste ore le pagliacciate ideologiche della Fallaci, grande sostenitrice (come tutti quelli che ora la recuperano) delle guerre di George W. Bush, ormai riconosciute anche dagli americani per quello che in realtà furono: un cumulo di menzogne e di inefficienze che servì da innesco a molti degli attuali orrori del Medio Oriente.
Mentre gli intellettuali balbettano sui giornali e in Tv, la realtà fa il suo corso. Dell’Isis e delle sue efferatezze sappiamo tutto da anni, non c’è nulla da scoprire. E’ un movimento terroristico che ha sfruttato le repressioni del dittatore siriano Bashar al Assad per presentarsi sulla scena: armato, finanziato e organizzato dalle monarchie del Golfo (prima fra tutte l’Arabia Saudita) con la compiacenza degli Stati Uniti e la colpevole indifferenza dell’Europa.
Quando l’Isis si è allargato troppo, i suoi mallevadori l’hanno richiamato all’ordine e hanno organizzato la coalizione americo-saudita che, con i bombardamenti, gli ha messo dei paletti: non più in là di tanto in Iraq, mano libera in Siria per far cadere Assad. Il tutto mentre da ogni parte, in Medio Oriente, si levava la richiesta di combatterlo seriamente, di eliminarlo, anche mandando truppe sul terreno. Innumerevoli in questo senso gli appelli dei vescovi e dei patriarchi cristiani, ormai chiamati a confrontarsi con la possibile estinzione delle loro comunità.
Abbiamo fatto qualcosa di tutto questo? No. La Nato, ovvero l’alleanza militare che rappresenta l’Occidente, si è mossa? Sì, ma al contrario. Ha assistito senza fiatare alle complicità con l’Isis della Turchia di Erdogan, ma si è indignata quando la Russia è intervenuta a bombardare i ribelli islamisti di Al Nusra e delle altre formazioni.
Nel frattempo l’Isis, grazie a Putin finalmente in difficoltà sul terreno, ha esportato il suo terrore. Ha abbattuto sul Sinai un aereo di turisti russi (224 morti, molti più di quelli di Parigi) ma a noi (che adesso diciamo che quelli di Parigi sono attacchi “conto l’umanità”) è importato poco. Ha rivendicato una strage in un mercato di Beirut, in Libano, e ce n’è importato ancor meno. E poi si è rivolto contro la Francia.
Abbiamo fatto qualcosa? No. Abbiamo provato a tagliare qualche canale tra l’Isis e i suoi padrini? No. Abbiamo provato a svuotare il Medio Oriente di un po’ di armi? No, al contrario l’abbiamo riempito, con l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti ai primi posti nell’importazione di armi, vendute (a loro e ad altri) dai cinque Paei che siedono nel Consiglio di Sicurezza (sicurezza?) dell’Onu: Usa, Francia, Gran Bretagna, Cina e Russia.
Solo l’altro giorno, il nostro premier Renzi (che come tutti ora parla di attacco all’umanità) era in Arabia Saudita a celebrare gli appalti raccolti presso il regime islamico più integralista, più legato all’Isis e più dedito al sostegno di tutte le forme di estremismo islamico del mondo. E nessuno, degli odierni balbettatori, ha speso una parola per ricordare (a Renzi come a tutti gli altri) che il denaro, a dispetto dei proverbi, qualche volta puzza.
Perché la verità è questa: se vogliamo eliminare l’Isis, sappiamo benissimo quello che bisogna fare e a chi bisogna rivolgersi. Facciamoci piuttosto la domanda: vogliamo davvero eliminare l’Isis? E’ la nostra priorità? Poi guardiamoci intorno e diamoci una risposta. Ma che sia sincera, per favore. Di chiacchiere e bugie non se ne può più.
http://www.famigliacristiana.it/…/francia-almeno-smettiamol…
Vorrei che la memoria non si perdesse. Vorrei che fosse ricordato che il 2 aprile in Kenia nell’attacco jihadista al campus universitario di Garissa ci furono 147 morti e “studenti morti decapitati”. L’impatto mediatico fu molto inferiore a quello di Parigi. I morti continuano ad avere peso diverso. Ricordali con la bellissima
IL DOLORE CHE VIVETE E’ IL NOSTRO DOLORE, LA RABBIA CHE SENTITE E’ LA NOSTRA RABBIA, scritta dai compagni del DAF per le vittime di Parigi, mi sembra il minimo.
Asociación cultural Bruno Alpini