Per fare un prato occorrono Emily Dickinson…
… Margaret Rebecca Dickinson ed Elizabeth Blackwell
di Santa Spanò
Emily Dickinson non ha bisogno di presentazioni, è una delle poetesse più amate, l’incipit del titolo l’ho preso in prestito proprio da una sua poesia:
Per fare un prato va benone un trifoglio e un calabrone,
Un trifoglio, e un calabrone,
E immaginazione.
L’immaginazione da sola basterà,
Se di calabroni penuria ci sarà.
(traduzione di G. Ierolli)
Penserete a questo punto che anche Margaret Rebecca Dickinson ed Elizabeth Blackwell siano poetesse, o magari siano legate da un rapporto di parentela o dalla passione per la poesia, niente di più sbagliato.
Certo stando alla teoria dei sei gradi di separazione possono essere collegate tra loro attraverso una catena di conoscenze o relazioni, ma non ho modo e strumenti per portare avanti questa indagine, quello che so è che a legarle è il prato o meglio il prato fiorito.
Detta così quasi sicuramente è ingannevole, perché vi immagino a fare congetture su “cuore, amore e fiore”, è quello che normalmente si pensa accostando una donna ad un fiore, figurarsi tre donne. Anche in questo caso, niente di più sbagliato.
Questo perché probabilmente non tutti sanno che Emily Dickinson, prima che iniziasse a scrivere poesie, fin dall’età di nove anni si dedicò alla studio della botanica (parlare di giardinaggio lo trovo estremamente riduttivo, come spesso si legge), lei stessa scrive in una lettera datata 7 maggio 1845 alla sua amica Abiah Root: “Le mie piante hanno un aspetto piacevole ora. Insieme a questa lettera ti mando una piccola foglia di Geranio che devi far seccare per me. Non hai ancora fatto un Erbario? Se è così spero che lo farai, sarebbe un tale tesoro per te, la maggior parte delle ragazze se ne sta facendo uno. Se lo fai forse potrò contribuire con i fiori che crescono qui intorno.” (Emily Dickinson The Letters, traduzione di Giuseppe Ierolli)
Emily Dickinson, dagherrotipo circa 1848 |
La quattordicenne che scrive all’amica aveva già iniziato anni prima a collezionare fiori e piante per il suo erbario, nel periodo che va dal 1839 al 1846 Emily Dickinson raccolse e classificò 424 esemplari essiccati e pressati, catalogati non solo con la personale sensibilità che le era propria, ma seguendo anche il metodo di classificazione linneano.
L’erbario originale di Emily Dickinson |
Le 66 pagine che costituiscono l’Herbarium sono un piccolo capolavoro di cura e precisione ed è solo grazie alla decisione della biblioteca di Harvard di digitalizzare interamente il volume che ne possiamo ammirare la bellezza qui, l’Herbarium originale è conservato infatti nella Emily Dickinson Room presso la Houghton Rare Book Library di Harvard ed è vietato esaminarlo persino agli studiosi per preservarne lo stato di conservazione.
Gelsomino, prima pagina dell’erbario di Emily Dickinson |
È l’ultimo dei manoscritti appartenenti alla collezione Dickinson, rimasto sconosciuto al pubblico sino alla digitalizzazione del volume e alla pubblicazione di un facsimile edito da Elliot che ha consentito finalmente di approfondire e sicuramente di comprendere ancora di più l’articolato amore della poetessa per la natura, di cogliere forse la compostezza dei versi del suo infinito universo domestico in un continuo alternarsi tra spiritualità, sensualità, coraggio e morte.
Questi temi fondamentali nella poesia di Emily Dickinson, nel fiore s’incarnano e ne sono la somma, come scriveva Maurice Maeterlinck nell’opera L’intelligenza dei fiori: “Se per sollevarci dalle varie necessità che ci opprimono… impiegassimo la metà dell’energia di cui dà prova un qualsiasi fiorellino dei nostri giardini, possiamo ben credere che la nostra sorte sarebbe molto diversa da quella che in effetti è.” E nel capitolo sulle orchidee si legge: “troviamo le manifestazioni più perfette e armoniose dell’intelligenza vegetale… il genio della pianta raggiunge le sue estreme vette, aprendo, con una passione rara, un varco nel muro di confine tra i diversi regni.” (Ne avevo scritto qualche anno fa in Le piante hanno una “testa pensante”; per chi non lo avesse letto, magari vi si apre un mondo…)
Mi torna in mente, ricordi scolastici (non della scolastica, ma di quando andavo a scuola), del filosofo e matematico greco Proclo, la figura del «Fiore dell’Intelletto», quando parla di “vetta suprema della mente”, la definisce «Fiore»…
Perdonate la divagazione; quasi impossibile quando si parla di Emily Dickinson non fare cenno alla sua poesia e in questo caso un rimando più articolato ai “fiori” che non fanno solo rima con cuori. Ma torniamo all’erbario…
Se la signorina Dickinson ordinò il suo Herbarium tra il 1839 e il 1846, oltre oceano a più di 7mila km di distanza nel 1846 un’altra signorina Dickinson, quasi omonima, iniziava il suo di erbario. Di Margaret Rebecca Dickinson, vissuta nel nord-ovest dell’Inghilterra si sa poco, figlia di un produttore di tabacco, fu un’artista di talento che raccolse nel suo erbario oltre mille esemplari di piante provenienti da tutta la Gran Bretagna e li illustrò con raffinati e precisi dettagli in centinaia di disegni ad acquerello.
Margaret Dickinson – Lesser Butterfly Orchid Uno dei rari esemplari raccolti dalla zona di Cirencester Kent 1848 |
L’intera collezione, completata tra il 1846 e il 1874, che custodisce tra gli esemplari più importanti le rare orchidee del Kent, fu donata dalla stessa Margaret prima della morte, nel 1918, alla Natural History Society della Northumbria e conservata al museo di storia naturale e antiche civiltà Great North Museum: Hancock a Newcastle upon Tyne , in Inghilterra. Sul sito della Natural History Society potrete ammirare la galleria, con circa 460 delle sue meravigliose illustrazioni qui.
Margaret Dickinson – Germander Speedwell |
Margaret Rebecca Dickinson, come Emily Dickinson, visse in piena epoca vittoriana, un periodo storico in cui la “botanica” divenne popolare, anche per i costi molto contenuti, era facile da praticare e gli strumenti molto economici, in più rispondeva pienamente a quelle attività che erano favorite e incoraggiate per le signorine della buona società.
Come afferma il Libro della giovane donna (The young lady’s book: a manual of elegant recreations, exercises, and pursuits), un manuale di condotta per le giovani donne vittoriane, pubblicato intorno al 1829, “c’è qualcosa di particolarmente adattato alla tenerezza femminile nella cura dei fiori”.
E in questa fase in cui la botanica non era ancora riconosciuta come vera e propria scienza, “fare un erbario” era benaccetto come “un’attività di alto livello per le donne, un’ovvia cugina dell’organizzazione dei fiori, della pittura floreale e del giardinaggio”.
Claude Monet, Donne in giardino – 1866 |
“Eppure la gamma di esemplari (catalogati con scrupolosa attenzione e accuratezza, come per altro fece Emily Dickinson) che Margaret Dickinson ha raccolto durante i suoi lunghi viaggi – che la portarono non solo nel Kent, ma anche in Scozia e attraverso il Galles del Nord e l’Irlanda – suggerisce un interesse più appassionato e informato” rispetto a un’attività “particolarmente adattato alla tenerezza femminile nella cura dei fiori”.
Margaret Dickinson – Achillea Millefolium |
Come scrive Jacqueline Banerjee, premio Brewer per la letteratura inglese, “In un altro tempo, il lavoro di Margaret Dickinson avrebbe potuto essere meglio conosciuto e visto come un prezioso contributo allo Zeitgeist. La sua occasione sarebbe dovuta venire durante la sua stessa vita, quando la botanica cominciò a trovare il suo posto nello studio della storia naturale. Ma, ironia della sorte, la botanica, una volta riconosciuta come scienza, è diventata appannaggio dell’uomo. Il ruolo delle donne botaniche è poi diventato sempre meno significativo. Così la giovane Beatrix Potter, che ha fatto un lavoro avanzato con i licheni, trovò difficile essere presa sul serio alla fine degli anni ottanta e novanta del XIX secolo. La direttrice di Kew, all’epoca, non era disposta nemmeno a guardare i suoi accuratissimi disegni.”
Beatrix Potter, acquerello di Hygrocybe Punicea-1894 |
Helen Beatrix Potter è stata un’illustratrice, scrittrice e naturalista britannica, ricordata soprattutto per The Tale of Peter Rabbit, un libro illustrato per bambini, s’interessò ad ogni campo delle scienze naturali e a partire dal 1890 i suoi studi si concentrarono sulla micologia, le sue illustrazioni sono state inserite nel 1967 dal micologo Walter P. Kennedy Findlay nel suo Wayside & Woodland Fungi e sono ritenute “degne di attenzione non solo per la loro bellezza e precisione, ma anche per l’aiuto fornito ai moderni micologi nell’identificare le varietà di funghi.”
Beatrix Potter, The Tale of Peter Rabbit – Tavole |
Però, c’è sempre il però, durante la sua vita “le sue ricerche furono accolte con un certo scetticismo da parte della comunità scientifica, perché non faceva parte della cerchia ufficiale di studiosi, ma soprattutto perché era donna.”
Così per le signorine Dickinson, il loro lavoro rimane in gran parte sconosciuto al pubblico, in un mondo dominato dagli uomini, allora e come in buona parte anche oggi sono sempre gli uomini ad avere larghi riconoscimenti.
Ricordiamo, tanto per rinfrescare la memoria del “gentil sesso” che oggi pare anestetizzata, che all’epoca l’educazione delle donne era molto limitata, le donne non avevano la necessità di conoscere, di approfondire; a parte le limitazioni dei diritti fondamentali alle donne era precluso e ostacolato l’accesso all’università era opinione comune che studiare “fosse contro la loro natura e che potesse farle impazzire.”
Erano subordinate al padre, ai fratelli, al marito, era quest’ultimo a doverle proteggere e curare, e così avrebbe dovuto essere per Elizabeth Blackwell. Nata intorno al 1700 ad Aberdeen in Scozia, figlia di un ricco commerciante, all’età di 28 anni sposò Alexander Blackwell, un personaggio poco raccomandabile, sedicente medico e imprenditore, le cui avventure sconsiderate lo portarono ben presto in prigione per debiti.
Elizabeth Blackwell |
Elizabeth si ritrovò a Londra sola e con un figlio, decisa anche a ripagare i debiti del marito ed assicurare la sua scarcerazione, smentendo la comune opinione che l’avrebbe voluta incapace e delicata, mostrò un acuto senso degli affari, si rese conto che a medici e farmacisti mancava un libro di riferimento che catalogasse, raffigurasse ed elencasse le proprietà delle piante con gli aggiornamenti delle numerose specie provenienti dalle Americhe.
Elizabeth Blackwell sfruttando le lezioni che aveva ricevuto di disegno e pittura, come si conveniva per le fanciulle di buona famiglia, dal 1737 al 1739 lavorò alla stesura della raccolta “A curious herbal”, l’opera pubblicata in due volumi contiene 500 specie di piante con una breve descrizione e il loro uso curativo. Furono anni anche di ricerca e studio, Elizabeth non aveva particolari conoscenze di botanica, si trasferì a Swan Walk vicino al Chelsea Physic Garden, istituito nel 1673 come giardino per insegnare agli apprendisti farmacisti a identificare le piante, per essere seguita dal botanico e farmacista Isaac Rand, docente e direttore del Chelsea Physic Garden.
Elizabeth Blackwell, A curious herbal – Sassofrasso |
A differenza della maggior parte degli illustratori di quel periodo che realizzavano gli erbari avvalendosi della cooperazione di vari artigiani, ha eseguito lei stessa tutti i passaggi per la realizzazione delle tavole: i disegni iniziali, l’incisione su lastre di rame per la stampa e la colorazione a mano delle stampe finite.
E a dispetto del marito si dimostrò un’abile donna d’affari, stringendo accordi reciprocamente vantaggiosi con i librai che ne garantivano il successo finanziario, A curious herbal ebbe un grande consenso negli ambienti accademici tanto da ricevere un elogio dal Royal College of Physicians.
Volete sapere del marito? Grazie ai proventi del libro fu liberato, ma si sa il lupo perde il pelo… Alexander Blackwell tornò nuovamente ad indebitarsi, tanto che Elizabeth fu costretta a vendere parte dei diritti di pubblicazione dell’opera. Nel 1742 Alexander ottenne il posto di medico di corte presso la Corte di Svezia e lasciò la sua famiglia, qui fu impiccato per tradimento nel 1748.
Elizabeth Blackwell morì invece nel 1758 e anche se la storia si dimentica delle sue donne migliori, nei giardini la Blackwellia continua a fiorire, un genere di piante che porta proprio il suo nome.
La British Library conserva tre copie del A curious herbal, una di queste appartenuta al mecenate delle scienze Sir Joseph Banks, botanico inglese e presidente della Royal Society di Londra, la seconda copia della Biblioteca è una rilegatura particolarmente fine appartenuta alla collezione del Re Giorgio III. L’archivio online della National Library of Medicine ha inserito una copia del A curious herbal consultabile con tutte le illustrazioni e i testi qui.
Mi sa che… Per fare un prato va benone un trifoglio e un calabrone,
Un trifoglio, e un calabrone,
E la donna.
La donna da sola basterà,
Se di calabroni penuria ci sarà.
Nonostante gli uomini, ieri come oggi.
… mantieni la calma e vai avanti.
Riferimenti:
-Natural HistorySociety Northumbria
-The Victorian Web, Jacqueline Banerjee
- In apertura e chiusura post Megaflora e Folly di Meghan Howland
- Le immagini in questo post provengono dal Web e sono presenti solo a scopo illustrativo. Copyright dei rispettivi aventi diritto che ringrazio.
Interessante, impegnativo, notevole e dettagliato…con finale a sorpresa….x noi maschietti!
PS: non siamo tutti uguali però…
Ora, tornando alla natura, di quei tempi gli Erbolari andavano molto di moda, hanno fatto anche scuola ed è stato un bene!
Se parliamo di biodiversità, pensa ad esempio quante specie, vegetali e animali/insetti per “noncuranza” vengono annientate.
Mi appassiona anche Suffragette, conosco la storia, ho visto recentemente il film…per intanto, da appassionato di natura che, SE LA RISPETTI TI PREMIA, SE LA OSSERVI TI ASCOLTA, ho preferito iniziare da qua.
“NON perdiamoci di vista”
Corrado
Ancora grazie Corrado. Visto che a gran voce 🙂 dici che la natura se la “osservi ti ascolta”, magari ti farà piacere leggere:
http://lasantafuriosa.blogspot.com/2016/11/le-piante-hanno-una-testa-pensante.html?m=1
P.S. Per fortuna che non siamo tutti uguali e per fortuna che esistono i simili.