L’Italia ha un problema. È la porta d’ingresso in Europa per migliaia di migranti che ogni anno attraversano il Mediterraneo. Centinaia di loro muoiono prima di raggiungere le coste europee. Secondo l’UNHCR , “tra gennaio e luglio 2023, circa 120.200 rifugiati e migranti sono arrivati in Europa, in particolare attraverso le rotte marittime del Mediterraneo e dell’Africa nordoccidentale. Ciò ha comportato un aumento del 77% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. A luglio gli arrivi complessivi sono aumentati del 70% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso”.
Secondo il database Missing Migrants Project, il numero di migranti morti e scomparsi nel Mediterraneo è aumentato da 2.048 nel 2021 a 2.411 nel 2022 e a 3.041 entro la fine del 2023 (UN News). Si noti che le Nazioni Unite sono molto intenzionali nel non utilizzare l’etichetta “Rifugiati climatici” perché porta con sé protezioni legali molto importanti e implicazioni finanziarie che il sistema non è ancora pronto a gestire.***
Un recente rapporto “Groundswell” della Banca Mondiale, che non è certo l’organizzazione climatica più radicale, stima che entro il 2050 (ovvero dopodomani nel calendario climatico), circa 216 milioni di persone migreranno a causa degli eventi climatici a livello globale, circa la metà migrerà dentro l’Africa e, anche se una piccola parte di questi individui decidesse di attraversare il Mediterraneo, avremo una crisi di rifugiati su una scala mai vista prima.
Inutile dire che la migrazione interna delle persone tende a esercitare un’enorme pressione sulle risorse locali in termini di cibo, alloggio, assistenza sanitaria, istruzione e lavoro, il che esacerba le tensioni sociali e spesso scatena conflitti. In breve, i problemi dell’Italia (e dell’UE) stanno per diventare molto più grandi di quanto siano oggi.
Uno dei fattori di spinta più importanti per questo fenomeno è il cambiamento climatico, ma quando questo si unisce a una politica fiscale caratterizzata dal massiccio debito estero dell’Africa, che secondo le istituzioni finanziarie internazionali richiede misure di austerità, allora è come se aggiungessimo benzina sul fuoco della migrazione. La politica dell’UE si è concentrata sul controllo del confine e sull’intensificazione dell’apparato di sicurezza con la cooperazione dei governi nordafricani.
La fobia dell’immigrazione si basa sulla preoccupazione che gli immigrati e i rifugiati siano un peso economico, che tolgano posti di lavoro ai lavoratori europei, e c’è ovviamente l’argomentazione razzista sul cambiamento della composizione etnica, religiosa e culturale dell’Europa occidentale.
Il mio collega Peo Hansen ha scritto un eccellente libro sfatando il mito delle pressioni economiche negative che l’Europa deve affrontare a causa della migrazione. Il libro si intitola Modern Migration Theory: An Alternative Economic Approach to Failed EU Policy (Columbia University Press, 2021) e ho avuto il piacere di scrivere un saggio di revisione intitolato “ Preparing for a Climate Refugee Tsunami: The Case for Climate Reparations ”.
Il Piano Mattei per l’Africa
Prende il nome da Enrico Mattei, il fondatore della compagnia petrolifera nazionale italiana ENI, il Piano Mattei già dal nome stesso non piace a nessuno in Africa. Mattei era noto in Italia per l’uso della corruzione per portare a termine le cose, ed ENI non è esattamente la società più rispettosa del clima che vorremmo al centro di questa iniziativa di partnership. Inutile dire che avere l’attuale amministratore delegato dell’ENI (insieme ad altri amministratori delegati italiani) seduto nella stessa stanza con i leader africani convocati a Roma per farsi raccontare la visione dell’Italia per l’Africa non è proprio ciò che vogliamo vedere nel 2024.
A suo merito Il presidente della Commissione dell’Unione africana, Moussa Faki Mahamat, ha chiarito che i leader africani sono andati a Roma senza sapere quale sia effettivamente il piano Mattei. Ha detto che “avremmo voluto essere consultati”. Poi ha aggiunto: “bisogna passare dalle parole ai fatti […]. Potete capire che non possiamo accontentarci di promesse che spesso non vengono mantenute”.
Anche se non conosciamo ancora tutti i dettagli del piano Mattei per l’Africa, di ciò che è emerso in questi giorni disponiamo di frammenti.
L’infografica qui sotto fornisce una breve panoramica di alcuni dei punti principali.
Un ringraziamento speciale ai miei amici di Don’t Gas Africa per aver svolto il lavoro investigativo e per aver prodotto questa infografica. A quanto pare il piano Mattei è un piano quadriennale che verrà rinnovato o ampliato in futuro a seconda di come andranno le cose. I fondi complessivi ammontano a circa 5 miliardi di euro. Immagino che la maggior parte saranno prestiti e garanzie sui prestiti, con un po’ di sovvenzioni qua e là (ricordiamoci di inserirlo nel contesto delle esigenze generali di finanza climatica ).
La maggior parte degli investimenti riguarderà il settore energetico. La Meloni ha reso molto chiaro che l’Italia vuole diventare l’hub energetico dell’Ue. Sono già in corso i piani per costruire il progetto ELMED Interconnector, che sarà il primo collegamento in corrente continua tra Europa e Africa (maggiori dettagli sono disponibili qui sul sito web del progetto ELMED).
Il Fondo italiano per il clima ha stanziato 3 miliardi di euro, mentre la Banca africana di sviluppo si è impegnata per 2,5 miliardi di euro.
È interessante notare che l’Arabia Saudita ha promesso 200 milioni di euro e gli Emirati Arabi Uniti 100 milioni di euro. Sembra che i paesi dell’OPEC stiano individuando modi per consolidare la domanda dei loro prodotti legati ai combustibili fossili in Africa ora che la domanda globale è destinata a diminuire.
Le organizzazioni della società civile africane analizzano il Piano Mattei
Guidate da Don’t Gas Africa, più di 80 organizzazioni della società civile africana hanno pubblicato una lettera congiunta indirizzata al governo italiano in vista del vertice Italia-Africa [il testo della lettera è riportato in calce].
La società civile africana e gli esperti indipendenti hanno affermato chiaramente che non possiamo accettare offerte di partenariato che aggravano i problemi strutturali dell’Africa, aumentano la nostra dipendenza dalle industrie estrattive e ci imprigionano ulteriormente nell’obsoleto, costoso, malsano e ingiusto sistema energetico del passato basato sui combustibili fossili.
Vogliamo costruire infrastrutture per l’energia rinnovabile al servizio dei 600 milioni di africani che non hanno accesso all’elettricità, invece di esportarla per la sicurezza energetica dell’Europa. Vogliamo investire nella sovranità alimentare e nell’agroecologia, non nelle esportazioni di raccolti per integrare la Politica Agricola Comune (PAC) dell’UE.
Dobbiamo uscire dal fondo della catena del valore globale e investire in una produzione ad alto valore aggiunto che dia priorità all’energia pulita, alla cucina pulita e alla produzione di trasporti puliti per la diffusione in Africa. Se il partenariato Italia-Africa non rispetta i bisogni dell’Africa, allora temo che il cosiddetto “Piano Mattei” non sia altro che uno sfacciato progetto coloniale che deve essere smascherato e respinto piuttosto che celebrato dai leader africani.
Il Piano dell’Africa per l’Africa: Agenda 2063
L’Unione Africana ha un importante piano strategico per l’Africa, e si chiama Agenda 2063: L’Africa che vogliamo. Il Piano Mattei recepisce l’Agenda 2063 dell’Africa? L’Italia vuole contribuire all’attuazione delle priorità dell’Africa? Qualcuno nel Nord del mondo vuole che l’Agenda 2063 veda la luce e trasformi l’Africa in una potenza economica globale? La risposta a tutte queste domande è chiaramente no, non, nein! Perché? Perché vogliono che l’Africa continui a svolgere lo stesso ruolo coloniale che ci è stato imposto come luogo di materie prime a basso costo, grande mercato di consumo per la produzione industriale europea e terreno fertile per tecnologie obsolete e produzione in catena di montaggio che non è più necessaria in Europa.
La maggior parte dei leader africani vuole attivare l’Agenda 2063, ma la loro capacità fiscale è stata decimata dal peso del debito estero, che viene utilizzato come punto di pressione per ritardare e prevenire la decolonizzazione strutturale delle nostre economie. Come discusso nel nostro recente rapporto Just Transition: A Climate, Energy, and Development Vision for Africa (maggio 2023, pubblicato dal gruppo di esperti indipendenti su Just Transition & Development ), il debito estero dell’Africa deriva da tre aree chiave di carenze economiche: cibo , deficit energetici e manifatturieri. Il FMI e la Banca Mondiale hanno sistematicamente contribuito ad approfondire queste trappole strutturali finanziando e imponendo politiche che (1) danno priorità agli investimenti in colture commerciali per l’esportazione piuttosto che alla produzione agricola essenziale per ripristinare la nostra sovranità alimentare; (2) trascurano la diffusione delle energie rinnovabili che riducono la nostra dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili; e (3) rafforzano la nostra posizione in fondo alla catena del valore globale, costringendoci a specializzarci nella produzione a basso valore aggiunto. Questo è ciò che viene chiamato intrappolamento intenzionale
Spero che quando i leader africani si riuniranno ad Addis Abeba al vertice dell’Unione Africana, abbiano un dialogo serio sull’attivazione e l’operatività dell’Agenda 2063 in modo concreto, che ci permetta di stabilire partenariati strategici a condizioni favorevoli agli interessi dell’Africa. E non vedo l’ora che arrivi il giorno in cui i leader del Nord del mondo saranno convocati presso la sede dell’Unione Africana per ascoltare i leader africani mentre riveleranno la loro visione di riposizionamento dell’Africa nell’economia globale come una potenza economica da non sottovalutare.
Questo riposizionamento dell’Africa è il prerequisito per riequilibrare il mondo dal punto di vista economico, ecologico e geopolitico. E nelle parole iconiche dell’imperatore Haile Selassie, “il sogno di una pace duratura… rimarrà solo un’illusione fugace da perseguire, ma mai realizzare” (discorso di Haile Selassie all’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1963, reso famoso da Bob Marley nella sua celebre canzone WAR).
Sì, hai indovinato, sono un grande fan di Bob Marley, ma chi non lo è?
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(*) Originale in Inglese tratto da Global South Perspective. Traduzione di Giorgio Tinelli per Ecor.Network.
Lettera del Summit Italia-Africa Africa CSO
Al Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella; Presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni; Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani.
Scriviamo con preoccupazione per la proposta del “Piano Mattei” annunciato nell’ottobre 2022 con il mandato all’Italia di promuovere la cooperazione energetica con l’Africa affrontando al tempo stesso le cause profonde dei flussi migratori, inclusa l’emergenza climatica in corso.
Secondo diverse dichiarazioni rilasciate dai rappresentanti dei governi nel corso dell’ultimo anno, questo obiettivo si tradurrà in una “strategia non predatoria e non paternalistica ” mirata allo sviluppo sostenibile a lungo termine dei paesi africani. Comprendiamo che il piano, tra le altre cose, cercherà di:
- affermare l’Italia come un importante hub energetico per la distribuzione del gas fossile estratto dall’Africa e dal Mediterraneo al resto d’Europa;
- affrontare quella che il governo italiano considera “immigrazione illegale” dall’Africa all’Italia;
- aumentare la cooperazione su altre questioni legate allo sviluppo, tra cui infrastrutture, sanità, istruzione ed esportazioni;
- rafforzare il ruolo delle imprese italiane nello sfruttamento delle risorse naturali e umane dell’Africa.
Il titolo del piano in onore di Enrico Mattei, il fondatore dell’Eni, impresa italiana del petrolio e gas controllata dallo Stato, chiarisce che l’obiettivo generale è espandere l’accesso dell’Italia al gas fossile dall’Africa all’Europa.
In questo quadro, come annunciato dal Primo Ministro italiano Meloni durante la sua visita in Mozambico e nella Repubblica del Congo nell’ottobre 2023, il Piano Mattei dovrebbe essere redatto in collaborazione con i partner africani – ma a questo punto non c’è ancora chiarezza su come ciò dovrebbe accadere. Una delle principali preoccupazioni è anche che il coinvolgimento dei partner africani potrebbe essere limitato alle élite e alle multinazionali africane, aggirando così la voce della società civile africana.
Il Summit Italia-Africa rappresenta un’opportunità senza precedenti per ridefinire il ruolo che i paesi europei assumono nel partenariato con l’Africa, indirizzandolo verso un approccio più consultivo, collaborativo e orientato allo sviluppo. Un ruolo che ponga al centro la voce e la leadership dell’Africa e che risponda alle reali esigenze di sviluppo dell’Africa per costruire un futuro che non sia solo prospero ma anche sostenibile ed equo.
La nostra visione per questo futuro è quella in cui le nostre persone, la nostra ricca biodiversità e le nostre risorse naturali vitali come i sistemi alimentari e l’acqua siano protetti. È una visione che richiede un approccio di leadership audace, innovativo e inclusivo.
Tuttavia, l’attuale iterazione del “Piano Mattei” , così come sviluppato dal governo italiano per l’Africa, non riesce ad adottare questo approccio consultivo e non riesce a riconoscere e incorporare questi obiettivi africano-centrici.
L’esclusione delle prospettive e dei bisogni africani nello sviluppo del “Piano Mattei” da parte del governo italiano è una negligenza che non solo mina lo spirito di rispetto reciproco e di collaborazione, ma perpetua anche un ciclo di disuguaglianza che ostacola il progresso del nostro continente.
Questa esclusione delle voci africane nella sua iniziativa e formulazione non riflette solo un’opportunità mancata, ma anche la continuazione di modelli storici in cui le decisioni che incidono sull’Africa vengono prese senza l’Africa. Questa non è solo una svista; è un rafforzamento della disuguaglianza che collettivamente abbiamo il potere – e la responsabilità – di correggere.
Inoltre, una nuova legge sul Piano Mattei adottata dal Parlamento italiano il 10 gennaio 2024 sminuisce l’appello urgente ad affrontare la crisi climatica, stimolando maggiori investimenti e flussi finanziari in nuovi progetti di petrolio e gas fossile, minando il benessere degli africani danneggiati dai combustibili fossili e distogliendo risorse da altri settori – come l’espansione delle energie rinnovabili o i progetti di adattamento – che potrebbero essere più rilevanti.
La crisi energetica che attualmente prevale in Europa non deve essere trattata come una via per promuovere nuove infrastrutture per l’estrazione e l’esportazione di petrolio e gas. Questa “corsa al gas” in Africa è pericolosa e miope. È un disastro per il nostro clima, poiché compromette gli impegni esistenti di mantenere la temperatura entro 1,5°C.
Rischia inoltre di contraddire gli obblighi giuridici dell’Italia di eliminare gradualmente i finanziamenti internazionali per il petrolio e il gas, come promesso a Glasgow alla COP26. L’Italia – che ha condiviso la presidenza della COP26 con il Regno Unito – ha aderito all’iniziativa della COP26 di Glasgow impegnandosi a porre fine ad ulteriori sostegni pubblici diretti al settore internazionale dell’energia da combustibili fossili entro la fine del 2022.
Tuttavia, attraverso le operazioni di SACE, un’agenzia italiana di credito all’esportazione, l’Italia è diventata da allora il principale finanziatore pubblico di combustibili fossili in Europa e il sesto a livello mondiale.
Dall’entrata in vigore dell’Accordo di Parigi, inoltre, quasi la metà dell’importo delle garanzie rilasciate da SACE riguarda progetti di combustibili fossili in Africa.
Il “Piano Mattei” rischia di esacerbare tutto ciò. La proliferazione di progetti di petrolio e gas fossile rappresenta un ostacolo sulla strada di una giusta transizione energetica nel continente africano, come denunciato dalla società civile africana riunitasi a settembre a Nairobi, in Kenya, per l’Africa Climate Summit.
Per creare un dialogo significativo in vista e durante il vertice Italia-Africa per portare avanti un’agenda di, da e per gli africani, vi invitiamo a:
- Porre fine agli approcci neocoloniali da parte dei paesi europei: accogliamo con favore la cooperazione internazionale, ma deve basarsi su approcci guidati, sviluppati e gestiti dall’Africa, che rispondano ai nostri bisogni fondamentali di sviluppo. I piani avviati dai paesi europei, che prendono il nome dai dirigenti petroliferi europei, non sembrano allinearsi bene con questo approccio. Chiediamo un ripristino delle relazioni euro-africane e la fine di tutte le azioni da parte dei paesi europei e degli altri paesi del nord del mondo che pretendono di stabilire piani per l’Africa.
- Trasparenza, partecipazione e inclusione della società civile africana: il coinvolgimento dei partner africani dovrebbe essere quanto più inclusivo e trasparente possibile. In un modo che promuova l’uguaglianza e un dialogo significativo in cui il coinvolgimento con la società civile africana garantisca che i bisogni e gli interessi genuini degli africani si riflettano in qualsiasi risultato della cooperazione.
- Accesso all’energia e transizione energetica: in linea con la dichiarazione finale della COP28, qualsiasi piano di cooperazione italo-africana dovrebbe prendere in considerazione cosa significhi per l’Africa e l’Europa la “transizione dai combustibili fossili”, per questo chiediamo un arresto immediato di tutti gli accordi per espandere la produzione di gas e le infrastrutture in Africa. Chiediamo la cooperazione per incrementare una energia rinnovabile incentrata sulle persone, per soddisfare le esigenze di 600 milioni di africani che non hanno accesso all’energia moderna e sono stati rovinati dall’industria dei combustibili fossili e dal precedente impegno dei partner europei in Africa.
- Adottare un approccio integrato alle questioni climatiche, energetiche e di sviluppo dell’Africa, che aumenti, anziché ridurre, la sovranità alimentare ed energetica dell’Africa e porti benefici diretti alle persone e alle comunità, non solo alle élite africane. Senza un approccio così integrato guidato dall’Africa, concetti come “crescita verde” non faranno altro che favorire il “neocolonialismo”.
- Adattamento: il vertice deve affrontare le lacune nei finanziamenti per l’adattamento a livello globale e africano, mantenendo gli impegni per raddoppiare i finanziamenti per l’adattamento, fissando nuovi obiettivi per colmare il divario esistente, riformando il sistema finanziario e dando priorità alla qualità e all’accessibilità dei finanziamenti. Inoltre, dovrebbe discutere come posizionare un quadro di adattamento che incentivi le opzioni di finanziamento favorevoli all’Africa come la riduzione del debito, le esenzioni fiscali e le sovvenzioni per colmare efficacemente il divario finanziario per il clima.
- Agroecologia e sovranità alimentare: l’Africa deve riconquistare l’autosufficienza nella produzione alimentare attraverso l’agroecologia e sistemi alimentari che garantiscano la sovranità alimentare e i diritti degli agricoltori. I sistemi alimentari industrializzati, compreso il loro sostegno da parte delle banche commerciali e multilaterali, devono essere efficacemente contrastati, con un adeguato sostegno pubblico all’agricoltura contadina e alla produzione alimentare locale.
- Riconoscere l’enorme ruolo che la crisi climatica gioca nella migrazione, e che la continua “corsa al gas” in Africa da parte dell’Italia e di altre nazioni europee sta perpetuando l’emergenza climatica, così come la crisi alimentare e di sicurezza che a sua volta costringe le persone africane a migrare pericolosamente verso l’Europa.Firmato dalle seguenti organizzazioni africane:
- Don’t Gas Africa
- Voice of the Vulnerable – Nigeria
- Africa Movements of Movements Building Space.
- Northwestern youth lead-Zambia .
- Les Amis de la Terre-Togo
- GreenPeace Africa
- Entrepreneurship Initiative for African Youth (EIFAY Africa) – Nigeria
- Sir J interbiz venture -Nigeria.
- The Zoba Advisory- Nigeria
- Natural Eco Capital – Nigeria
- GIFSEP-Nigeria
- Union Pour le Développment et la Coopération
- YoungAfricans for Development Foundation – DRC
- Denis Hurley Peace Institute – South Africa
- Climate Clock DRC- DRC
- Care For Environment (Cameroon)
- Génération pour l’environnement et la culture (GCEC-Cameroun)
- Relief international Africa – Nigeria
- Gender initiative for environmental risk and food security – Nigeria
- Action Solidaire International (Sénégal)
- Strategic Youth Network for Development (SYND)
- Power Shift Africa
- AbibiNsroma Foundation
- Mena Fem Movement for Economic, Development and Ecological Justice.
- Odeibea Foundation
- 350 Ghana
- The Green Connection – South Africa
- Connected Advocacy – Nigeria
- Africa Coal Network
- GREEN LEAF ADVOCACY AND EMPOWERMENT CENTER
- Global Sustainable Future Networks- Kenya
- Centre for Citizens Conserving Environment & Mgt (CECIC)
- Peace Point Development Foundation-PDF, Nigeria
- Community Development Advocacy Foundation (CODAF)
- Haki Nawiri Afrika
- Peace Point Development Foundation – Nigeria
- Quest For Growth and Development Foundation (Nigeria)
- HEDA Resource Centre
- Appui aux Initiatives Communautaires de Conservation de l’environnement et de Développement Durable,( AICED) , RD Congo
- Laudato Si’ Movement Africa
- GreenPeace MENA
- Center for Alternative Development – Zimbabwe
- Justice Peace and Integrity of Creation Franciscans Africa
- Climate YES – Kenya
- Kikandwa Environmental Association – Uganda
- Climate Justice Coalition – South Africa
- Christian Aid – Kenya
- Environment is Life (ENLIFE) – Tanzania
- Sisters of the Little Company of Mary – Zambia
- Nairobi Recyclers – Kenya
- The Catholic University of Eastern Africa – Kenya
- Mouvement international des Intellectuels catholiques – Burundi
- Sisters of St.Charles Borromeo – Tanzania
- Generation Nouvelle GEN3 Juniors l’unité – Burundi
- Agir Pour l’Environnement – Central African Republic
- Conseil pour la Terre des Ancêtres République Démocratique du Congo
- Laudato Si Movement – Nigeria
- GDMR
- Support Humanity Cameroon – Cameroon
- Tard For Climate Uganda
- Riseup Movement Africa
- Youth For Ecocide law Africa
- Ecotaka Solutions Africa,
- Laudato Si Movement – Kenyan Chapter,
- Catholic Justice and Peace Department -St Monica Kitengela Kenya
- Jesuit Ecology Network Africa
- Centre Arrupe Madagascar
- Neighbourhood Environment Watch Foundation – Nigeria
- 350Africa.org
- Centre for Social Change, Johannesburg
- Magis Zimbabwe
- World Climate Change Adaptation Programme
- Tanzania Alliance for Climate and Sustainable Society (TACSS)
- Strong Roots Congo
- International Association Of World Peace Advocates – Nigeria
- Harmony Institute – Kenya
- Kikandwa Environmental Association (KEA) – Uganda
- YVE Gambia
- Action Aid South Africa
- The African Coalition on Green Growth
- Associação Comunitária para Saúde e Desenvolvimento – Moçambique
- GreenFaith Africa
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AFV Italia
PIANO MELONI PER L’AFRICA.
DiFrancesco Cecchini
Feb 3, 2024 #Meloni, #Piano Mattei
The italian Prime Minister Giorgia Meloni during the ItaliAfrica summit at the Senate in Rome, Italy, 29 January 2024 Italy, Rom2, 29 January 2024. ANSA/FABIO CIMAGLIA
Meloni, l’africana
Vago e con pochi soldi, così com’è il “piano Mattei” di Giorgia Meloni non può funzionare. L’Unione africana: “Avreste almeno potuto consultarci”.
Enrico Mattei si starà rivoltando nella tomba.