Perché migriamo?
Alessandro Ghebreigziabiher spiega le motivazioni delle migrazioni (Ripreso da «Storie e Notizie») (*) — e Rafaela Pimentel racconta dell’incontro del Coordinamento transnazionale migranti
Perché migriamo?
Intendo noi altri tutti, nessuno si senta immobile.
Perché abbandoniamo il paese, il luogo, il punto esatto sulla mappa in cui ci troviamo, per spostarci più in là, altrove, laggiù, basta che non sia qui?
Potresti evitare di dialogare con me sulla cruciale questione, e magari farti trasportare dal solito e puntuale treno, subdolamente alimentato da menzogne strumentali e specchietti per gli allocchi, più che per le allodole, dove l’untore – ora che le cose vanno meglio – non è più il cinese, ma il bengalese.
Oppure potresti iniettarti un’illusione d’umanità, appassionandoti al solo migrante che susciti compassione nella porzione maggiormente ipocrita della popolazione: il caro e dolce gattino…
Ma se invece hai voglia di ragionare sulla fondamentale domanda, invece di farti anestetizzare dalle risposte più vendute, ovvero false e solo in apparenza gratuite, ti prometto che cercherò di farla semplice, come una storiella.
Mettiamo che la tua casa sia il mondo. Anche se per molti, là fuori, è esattamente così.
Immaginiamo che questo breve racconto duri il tempo di un giorno. Scegliamo un dì di festa, senza particolari e abitudinari impegni, in modo da rendere la trama meno banale. D’altra parte, l’incipit non può essere che scontato, lo ammetto, per quanto si possa rendere originale il risveglio del cittadino medio privato dell’obbligo dell’orario.
Così, a causa della carezza di un raggio di sole, ovvero gli inopportuni passi di qualcuno all’esterno della stanza – o dello stesso appartamento – i consueti rumori della città, le palpebre si sollevano e la storia ha inizio.
Ti tiri su e ti rendi conto di essere sudato. La notte ha fatto caldo e l’afoso mattino che ti accoglie al tuo risveglio non fa presagire alcunché di diverso per il resto della giornata.
Infili le ciabatte e ti alzi. È tempo di muoversi, ora. Di compiere il primo viaggio dato per acquisito. Quello verso il bagno. A soddisfare la più elementare delle primarie necessità.
Ebbene, caro fratello pellegrino, tralasciando la specificità della biologica urgenza, eccoti il primo motivo per il quale le persone migrano: il bisogno. Me che dico? Non rendo merito al dramma se non uso il plurale: i bisogni, già. Tutti i bisogni che puoi immaginare tra quelli fondamentali. Figurati di ritrovarti non dico uno o due, ma con ciascuna delle umane, basilari urgenze insoddisfatte. E in più, aggiungici pure gli scompensi climatici che nel tuo caso disturbano il sonno e poco altro, e che alcuni ottusi insistono ancora nel minimizzare. In tale frangente, non solo migreresti, vero? Ma lo faresti anche correndo a testa bassa, guarda che ti dico.
Ciò nonostante, immagina di ritrovarti all’ingresso del bagno qualcuno che ti dicesse che non puoi entrare. Che non hai i documenti e nemmeno l’umano diritto di oltrepassare la soglia. Un incubo, vero? Già, ma pensa se invece fossi sveglio…
A ogni modo, una volta risolto il tuo mattiniero problemino, torni sui tuoi passi e sai cosa fai? Migri, amico viandante, migri ancora. Perché la gola è secca, ma non disperi affatto. Perché sai che al prezzo di pochi metri di passi strascicati sul parquet a cavallo delle tue pantofoline – di questi mesi le infradito – giungerai nel sottovalutato regno della cucina e dei suoi meravigliosi doni. Tra tutti, un rubinetto con acqua potabile e un frigorifero, più o meno ricolmo di cibo pulito e fresco.
Nondimeno, a questo punto puoi facilmente intuire un’ulteriore ragione per la quale milioni di persone, per non dire mille volte tante, mollano il proprio giaciglio e il poco più che hanno: una manopola magica – ma tu leggi pure miscelatore, il portento è addirittura maggiore – e uno sportello fatato. Ruoti il primo e scopri cosa vuol dire poter scacciare la sete come una mosca fastidiosa tutte le volte che lo desideri. Apri il secondo e la terra promessa, con i suoi frutti, è a portata di mano e quindi di stomaco.
Ciò malgrado, mettiamo che all’ingresso del suddetto reame trovassi dei loschi figuri, impunemente liberi di picchiarti e ricacciarti indietro nell’incubo stavolta reale in cui hai creduto che sognare di fuggire da quest’ultimo fosse cosa normale. E, soprattutto, umanamente comprensibile.
Ma la tua fortuna è che sei solo di passaggio tra le righe di un innocuo raccontino. Indi per cui, dopo aver bevuto e fatto colazione, ti accingi a migrare ancora. Ancora e ancora, da una stanza e l’altra, reale o virtuale, di questi tempi. Poi, non contento di ciò, approfitti del privilegio del movimento, ricevuto solo per caso dal destino, e ti prepari a continuare il viaggio oltre i confini del mondo chiamato casa, ovunque ti guidi il desiderio, becero o virtuoso, e le esigenze del momento, da quelle infinitamente alte alle più miserrime. E a ogni limitare del tuo abituale vagare tra un mondo e l’altro non contempli nemmeno per una frazione di secondo di ritrovarti davanti all’improvviso un muro invalicabile. Altrimenti, picchieresti il pavimento con i piedi e urleresti di collera innanzi all’indubbio sopruso. Perché esistere vuol dire potersi spostare da un secondo all’altro, da un centimetro all’altro, da una vita all’altra.
Alla fine del giorno, poi, godrai senza alcuna consapevolezza del beneficio di poter tornare dove tutto è cominciato. E ti addormenterai più o meno inquieto, ma con quel minimo di serenità dovuto al sapere che all’indomani, una volta riaperti gli occhi, ciò che ti rende immensamente fortunato sarà ancora raggiungibile…
Ripreso da «Storie e Notizie» che Alessandro Ghebreigziabiher così presenta: «Il blog Storie e Notizie ha iniziato a muovere i suoi primi passi verso la fine del 2008 e contiene racconti e video basati su reali news prelevate dai maggiori quotidiani e agenzie di stampa on line, al seguente motto: “Se le notizie sono spesso false, non ci restano che le storie”. L’obiettivo è riuscire a narrare le news ufficiali in maniera a volte fantasiosa, con l’auspicio di avvicinare la realtà dei fatti più delle cosiddette autorevoli fonti di informazione. La finzione che superi la verità acclarata nella corsa verso la comprensione delle cose è sempre stata una mia ossessione. “Storie e Notizie” ha un canale Youtube, una sua pagina Facebook e anche la versione in lingua inglese, Stories and News. A novembre 2009 ha debuttato l’omonimo spettacolo di teatro narrazione». Qui in bottega «Storie e notizie» è ospitato – scorrete il colonnino di sinistra in “home” e lo troverete – a ogni uscita.
Verso la mobilitazione transnazionale del 17 ottobre delle e dei migranti. Intervento di Rafaela Pimentel
Pubblichiamo l’intervento che Rafaela Pimentel, lavoratrice domestica migrante e membro del collettivo spagnolo Territorio Doméstico, ci ha inviato in occasione del primo incontro del Coordinamento transnazionale migranti, a cui hanno partecipato migranti provenienti da Bologna, Parigi, Marsiglia, Madrid, Lubiana, Istanbul, e Marocco, tenutosi l’11 luglio.
Rafaela racconta come il mancato possesso dei documenti abbia impattato le condizioni di vita e lavoro delle lavoratrici domestiche ancora di più durante la pandemia. Per questo, una lotta transnazionale per la regolarizzazione delle e dei migranti è secondo lei cruciale in questo momento per dare forza alle lotte che sono condotte in ciascun territorio europeo. A questo scopo bisogna però lavorare alla costruzione di un’organizzazione transnazionale dei e delle migranti che sappia individuare terreni comuni di lotta. Il razzismo istituzionale non può, a suo giudizio, essere combattuto senza mettere simultaneamente in discussione anche il patriarcato, che continua a relegare le donne, ancor più se migranti, nella sfera domestica – cioè in uno spazio lavorativo precario, isolato e spesso non regolamentato mediante contratto – rendendo loro ancora più difficile la sottrazione dal ricatto del permesso di soggiorno e da una posizione sociale subordinata. Come dice Rafaela, le donne sono in prima linea tanto nella lotta antirazzista, quanto in quella femminista e questa articolazione deve potersi dare anche a livello transnazionale.
Quello di Rafaela è un fondamentale contributo al percorso transnazionale avviato da donne e uomini migranti alla fine del lockdown. La loro rabbia contro le condizioni in cui sono stati messi a lavoro nei “settori essenziali”, venendo continuamente esposti al rischio del contagio e dovendo comunque continuare a lavorare per salari miseri, venendo ammassati in camerate affollate nei centri di accoglienza o di detenzione e vedendo sistematicamente disattese le promesse di regolarizzazione, li ha portati a scendere in piazza a migliaia il 30 maggio e il 20 giugno, rispondendo a un appello condiviso da coordinamenti e collettivi in Italia, Francia, Spagna, Germania, Turchia, Libano e Marocco. La riunione dell’11 luglio è stata la prima occasione per individuare un comune terreno di lotta, rivendicazioni e strumenti di lotta condivisi, che possano rinforzare e ampliare le specifiche lotte locali. Il permesso di soggiorno europeo senza condizioni è stato riconosciuto come rivendicazione fondamentale per superare le divisioni imposte dalle legislazioni e dai confini nazionali e per poter pienamente disporre della libertà di muoversi e rifiutare condizioni di lavoro e salari miseri. Questo primo incontro ha portato a individuare nel 17 ottobre la data di una grande mobilitazione transnazionale per un permesso di soggiorno europeo incondizionato e illimitato, per mettere fine al regime europeo di sfruttamento del lavoro migrante e per la libertà delle e dei migranti… continua a leggere…