Perché uno sciacallo fu fatto re
di Antonio Gramsci (*)
Nella giungla si erano uniti in «clan», per poter cacciare con più profitto e meno pericolo, e babbuini e lupi e leopardi ed altre bestie di vario pelo e colore. Tra di loro però si era intrufolato un piccolo sciacallo che mangiava i rifiuti e spolpava le ossa dei succulenti banchetti. Era sopportato perché nella giungla lo sciacallo è temuto da tutti come diffusore di idrofobia e di malattie infettive, ma l’irritazione e il malcontento era grande e tutti del «clan» avrebbero benedetto la buona occasione che li avesse liberati dal poco piacevole socio.
Fu una scimmietta molto accorta e giudiziosa che trovò la via di scampo: «Perché non lo facciamo nostro re? – propose in una privata assemblea da lei appositamente convocata, – lo potremmo così collocare nella sua nicchietta, ben pasciuto e immunizzato dalla sua stessa autorità, e noi non avremmo più a soffrire del contatto da pari a pari con chi ci fa continuamente rabbrividire e drizzare il pelo. Potrà fare collezione di tutti i cocci colorati e le cartine inargentate che troveremo nelle nostre incursioni, di cui gli faremo doveroso omaggio, e così saremo tranquilli».
(*) Il titolo originale è «’L sindich (il sindaco)». Il volume «Fiabe» di Antonio Gramsci, pubblicato da Edizioni Clichy nella collana “Père Lachaise”, raccoglie lettere ai figli Delio e Giuliano, traduzioni delle fiabe di Grimm fatte per i figli, raccontini tratti da fatti realmente accaduti: l’intera sua produzione dedicata all’infanzia.