Pertini e Gramsci a Turi ci interrogano anche sul presente
di Vito Totire (*)
Una recente pubblicazione (1) torna a riproporre il tema dell’esperienza carceraria di Gramsci. Il carcere di Turi è citato tre volte in due interviste a Pertini e in una lettera del martire antifascista Carlo Rosselli. La prima delle interviste a Pertini è la più lunga ed è del 1977. La seconda condotta da Enzo Biagi.
Nel novembre 2019 su «Il Paese» si è parlato di un «fondo librario Gramsci» presso la biblioteca locale: un fondo che, secondo la sindaca, sarebbe «da sistemare e ristrutturare». Si dovrebbe verificare la fattibilità di metterne on-line almeno titoli e contenuti sia a fini di consultazione sia per dare la possibilità, a chi dovesse reperirne, di segnalare nuove fonti. Verosimile che la pubblicazione qui commentata sia già presente nel citato «fondo», tuttavia è congruo fare alcune riflessioni “fresche” su argomenti ancora attuali, visto che «Il Corriere della sera» ha ripubblicato il volume. La prima intervista parla di un Gramsci gravemente malato ma anche «isolato» dalla ortodossia degli altri detenuti comunisti e dalla ostilità degli anarchici. In questa difficile situazione egli riesce tuttavia a dar vita alla produzione politica e culturale che conosciamo e mette le basi per una svolta che darà vita dopo la Liberazione alla sinergia tra socialisti, comunisti e altre realtà antifasciste. Gramsci è alieno da forme di disprezzo e di superiorità nei confronti di altri; si colloca fuori dallo stalinismo e dal settarismo.
Pertini dal suo canto descrive dettagliatamente le avversatività subite dalla organizzazione carceraria: rumori notturni molesti (oggi esistono studi scientifici sul nesso fra disturbo del sonno nelle carceri, malessere e aggressività) e restrizioni immotivate della socialità, fino a negare il permesso a Pertini di consumare assieme a lui il pranzo di Pasqua; divieto a cui Gramsci reagisce con altruismo regalando tutto il cibo agli «scopini» (termine su cui potremo tornare in futuro).
Se i trattamenti disumani e degradanti sono ignobili ma coerenti col dichiarato intento del fascismo («impedire a questo cervello di funzionare») risultano ancor più assurdi oggi nella cornice in cui la Costituzione colloca il senso della privazione della libertà.
Il testo dell’intervista va letto tutto e dovesse mancare nel «fondo Gramsci» volentieri rimedieremo,
Ci sono poi gli altri due riferimenti: quello di Rosselli che riferisce delle discussioni sul regime carcerario definendo quello di Turi «penitenziario degli ammalati», meno duro di Portolongone, anche per vitto e “aria”.
Quindi l’intervista di Biagi: ancora uno squarcio sia sul clima di ostilità fra detenuti politici sia sul legame di affetto e amicizia fra Gramsci e Pertini che porta il primo a regalare al secondo un libro, con dedica, di Benedetto Croce. Ulteriore prova non solo del rispetto della cultura politica liberale ma anche di una visione del comunismo tutt’altro che incline al totalitarismo.
Nell’intervista a Biagi si torna ancora sulla brutalità del carcere: Pertini trasferito a Pianosa per punizione, per avere fatto – come egli dice – il don Chisciotte in difesa di Gramsci. I tentativi di perorare un trattamento meno sadico gli causarono il trasferimento in un carcere più duro. L’azione di Pertini sembra prefigurare quello che oggi è diventato il garante delle persone private della libertà; figura che a Turi manca, anche se esiste a livello regionale.
Quello su cui vorrei soffermarmi -non potendo dare contributi significativi alla dimensione storica e politica della figura di Gramsci dopo quelli di tanti studiosi – è la relazione psicofisica tra Gramsci e il carcere; relazione su cui altri, pur descrivendola, non si sono soffermati in maniera esaustiva. Focalizzare questa relazione ci porta a riflettere anche sulle carceri di oggi.
Pertini dice: fuori dal carcere Gramsci non sarebbe morto. Questa denuncia ci interroga sul rapporto attuale fra detenzione e speranza di salute, in tutto il mondo. Ed è utile accedere al sito del Garante nazionale per le persone private della libertà e sintonizzarsi su Radio Carcere per restare aggiornati. L’associazione Antigone poi cura una scheda aggiornata (anche su Turi) che evidenzia le specifiche lacune e criticità. Un tema su cui c’è molto da lavorare se vogliamo avvicinare la realtà del sistema penale italiano al dettato dell’articolo 27 della Costituzione. Come Pertini denunciò la riduzione della speranza di vita di Gramsci, lo stesso dobbiamo fare noi per ragioni di equità e di giustizia sociale, per tutti i detenuti attuali, in ogni parte del pianeta.
Siamo a conoscenza dell’importante progetto presentato nel 2019 (confronta «Il Paese», già citato) che, a mio avviso, deve essere sottratto al rischio di divenire un “corpo estraneo” calato dall’alto sulla comunità locale. Occorre lavorare in diverse direzioni. Prendo spunto ancora dalle parole della sindaca che per descrivere la relazione con la casa di reclusione ha sostenuto: «il carcere è una realtà». Un linguaggio in verità generico che fotografa una situazione in cui certamente molti volontari, anche con appoggi istituzionali, hanno agito nel senso opposto a quello della “rimozione”. Ma è mancato un approccio costante, critico, radicale alla realtà; penso a quello della Caritas nel carcere di Benevento.
Turi non è certo fra le situazioni peggiori e potrebbe essere usato come bandolo per dipanare l’intera matassa. Turi ha un “vantaggio”: non è un carcere collocato in periferia; è tutti i giorni sotto gli occhi, più difficile da ignorare. Noi proponiamo un metodo di approccio (per ogni carcere) che a partire dal rapporto semestrale della Asl orienti i riflettori sulla realtà degli istituti. L’obiettivo lo ho enunciato prima: che il carcere – fino a quando vivremo in una società che davvero non può farne a meno – risponda al dettato della Costituzione e sia un luogo destinato a riabilitazione e risocializzazione senza mai ricorrere a trattamenti disumani e degradanti. I diritti dei detenuti peraltro non devono essere considerati in contrasto con quelli dei lavoratori del carcere.
Il progetto artistico di Pirri potrebbe essere inserito in un itinerario che comprende Turi andando oltre, verso itinerari più ampi, Vengono in mente collegamenti col progetto della Casa Rossa di Alberobello (citati da Concita De Gregorio) ma anche altri luoghi teatro di crimini fascisti e di resistenza partigiana (Conversano, Mola a esempio). Infine occorrerebbe affiancare all’opera di Pirri il recupero del vissuto popolare sulla figura di Gramsci e delle sue relazioni con l’esterno. Dobbiamo però fare in fretta per riattivare brandelli di memoria riferita dai nostri nonni sulla figura “du carciaret”: aneddoti significativi e reali nonché mistificazioni filofasciste (false “notizie” tese a denigrarne la figura).
Il fascismo prova sempre a non far funzionare i cervelli ma non ci riuscirà mai.
(*) Vito Totire è portavoce della «Rete nazionale per l’ecologia sociale». Questo articolo è uscito sul numero 286 della rivista «Il paese» di Turi.
- Sandro Pertini, «Combattente per la libertà», a cura di Stefano Caretti e Maurizio degli Innocenti prefazione di Marzio Breda, edizioni Corriere della sera