Pescatori di esseri umani
di Daniela Pia
L’ennesimo barcone che è naufragato vicino alle coste di Lampedusa non è lontano da noi, si avvicina sempre più alle coste delle nostre esistenze fra pezzi di legno alla deriva e corpi che dobbiamo imparare a contare assieme ai lampedusani; morti che sono di tutti, corpi di esseri umani, persone in carne ed ossa, fatte di occhi e cuore e sentimenti e affetti, cui bisogna cercar di dar un volto, anche quando non l’hanno. È necessario provare a riconoscerli: la bambina aveva l’età di mia nipotina e la chiamo con il suo nome; la donna aveva l’età di mia madre e le do il suo nome; quel ragazzo aveva l’età di mio figlio e mi impongo di guardarlo con gli stessi occhi e lo chiamo con il suo nome. Il nome, quello che ci dà un identità in vita e che ci consente di essere ricordati dopo la morte, quello che disegna profili amati nella memoria e si stampa per sempre nella sfera dell’intimo dei nostri vissuti. È quando le donne, gli uomini e i bambini sono raccontati come numeri che finiscono per essere sacrificati nel computo feroce di una politica sorda, di giornalismo che racconta solo «l’emergenza» mentre tutto si divora. Per questa ragione risulta intollerabile e dovrebbe farci sentire in colpa sino provare una vergogna insostenibile, quel numero indecente che racconta i profughi morti oggi. Più di duecento le vite interrotte. Duecento volti armati di speranza ingoiati dal mare e restituiti agli occhi dei soccorritori come un tappeto di cadaveri in balia delle onde. Quali storie, dietro questa tragedia in cui si avverte l’orrore di vite che, nella narrazione globale finiscono per avere un peso minore di altre? Chi si preoccuperà di raccontare ai loro cari quale destino li ha sottratti loro? Forse la foto del piccolo cimitero di Lampedusa, spuntato dal nulla e forgiato dalla compassione dei suoi abitanti, da tempo ormai insufficiente a contenere l’esito di questa continua carneficina. Lì si possono vedere semplici croci di legno o di ferro, senza nome, su cui si legge «extracomunitario, sconosciuto». Li conosciamo, invece, non si può far finta di non conoscerli, perché ogni giorno le loro croci portate sulle spalle sono sotto i nostri occhi di cittadini, di un Italia «presa alla sprovvista» e di un’Europa assente. Intanto la politica, italiana ed europea, cerca equilibri economici mentre nel Mediterraneo i barconi stracolmi cercano un equilibrio indicibilmente fragile fra le onde: sino a quando non arriverà il giorno in cui la storia chiederà il conto. Nel frattempo a Lampedusa continuano ad essere pescatori di uomini. Morti. I soccorritori tirano su le reti e portano alla luce le spoglie di persone che qualcuno, senza saper nulla del destino che si è compiuto, chiama Ibrahim, Yousef, Ahmed, Maryam, Aisha, Iman: padri, figli, madri.
RICEVO E SOTTOSCRIVO
Appello per l’apertura di un canale umanitario per il diritto d’asilo europeo
ai ministri della Repubblica, ai presidenti delle Camere, alle
istituzioni europee, alle organizzazioni internazionali
Leggi e firma:
http://www.meltingpot.org/Appello-per-l-apertura-di-un-canale-umanitario-per-il.html#.Uk23MJpH7IU
IL COMUNICATO DI EMERGENCY
I morti di oggi a Lampedusa (mentre scriviamo sono cento) vanno ad aggiungersi agli altri 20mila che sono morti nel Mediterraneo negli ultimi vent’anni. Fino a quando considereremo naturale che il mar Mediterraneo sia il più grande cimitero del mondo? Fino a quando accetteremo di tenerci politiche migratorie criminali, che trasformano i disperati in clandestini, e per questo delinquenti? Fino a quando lasceremo che chi scappa dalla guerra e dalla miseria abbia, come unica possibilità, quella di affidarsi a uno scafista che poi li butta in mare a frustate? Fino a quando accetteremo di essere corresponsabili di una strage quotidiana di donne, uomini, bambini la cui unica colpa è inseguire la speranza di una vita migliore? Fino a quando Lampedusa e gli altri porti di sbarco saranno lasciati soli a seppellire i morti, nell’indifferenza dell’Italia e dell’Europa? Non abbiamo più voglia, davanti a cento cadaveri, di ascoltare l’ipocrisia di chi oggi si veste a lutto mentre ieri firmava le leggi sull’immigrazione che riempiono il mare di morte, l’ipocrisia di chi oggi si dispera ma domani non farà niente per cambiarle. Vogliamo risposte. Vogliamo un Paese che, come dice la nostra Costituzione, “riconosce e garantisce i diritti fondamentali dell’uomo”: diritti che invece muoiono ogni giorno davanti ai nostri occhi, insieme a centinaia di persone.
di Salvatore Quasimodo
Invano cerchi tra la polvere,
povera mano, la città è morta.
È morta: s’è udito l’ultimo rombo
sul cuore del Naviglio. E l’usignolo
È caduto dall’antenna, alta sul convento, dove cantava prima del tramonto.
Non scavate pozzi nei cortili:
i vivi non hanno più sete.
Non toccate i morti, così rossi, così gonfi: lasciateli nella terra delle loro case:
la città è morta, è morta.
MARE CHIUSO in streaming gratuito (fino alle 24 di domenica 6 ottobre) per fermare il massacro dei migranti in mare.
Il Mediterraneo inghiotte uomini, donne e bambini in fuga dall’orrore di guerre e persecuzioni. Il mare è il sicario. I mandanti sono i nostri governanti e le loro politiche di “accoglienza”, fatte di accordi segreti con dittatori, respingimenti, centri di identificazione ed espulsione e sacchi di plastica.
ZaLab contribuisce a denunciare questo inaccettabile status quo mettendo in onda gratuitamente Mare Chiuso su Vimeo.
Vi chiediamo di promuovere e diffondere questa iniziativa, firmando l’appello di Melting Pot per l’apertura di un canale umanitario per il diritto d’asilo europeo e diffondendo il documentario, perché più persone possibile vedano con i propri occhi che dietro a queste morti con c’è il caso, ma una deliberata e premeditata volontà dell’Italia e dell’intera Europa di calpestare i diritti e di negare il futuro di migliaia di perseguitati.
il video rimarrà in visione dalla mezzanotte di oggi venerdì 4 ottobre fino alla mezzanotte di domenica 6 ottobre.
Sarà possibile anche sostenere questa iniziativa e l’attività di ZaLab con una piccola donazione, cliccando il tasto TIP JAR su Vimeo. Il link sarà accessibile direttamente dalla pagina di Mare Chiuso.
da TERRE LIBERE
Finita l’emotività del momento, Lampedusa sarà dimenticata.
Un contributo alla discussione per costruire il cambiamento, per cancellare la Bossi – Fini
Oltre Lampedusa. Perché l’operaio-migrante dell’Ikea è osceno?
Le politiche dell`Europa Fortezza hanno prodotto negli anni sprechi e lutti. Eppure rimangono immutate. Qual è il motivo? La frontiera chiusa ha un consenso popolare perché rimane diffusa l`idea secondo cui il migrante è un rivale nell`accaparramento delle risorse pubbliche e un concorrente per il lavoro. Valorizzare esperienze come quella dei lavoratori migranti della logistica serve a ribaltare questa idea e superare la contrapposizione
di Antonello Mangano
Leggi tutto: http://www.terrelibere.org/4700-oltre-lampedusa-perche-l-operaio-migrante-dell-ikea-e-osceno