Philip Dick, ESEGESI 1
«Un autolavaggio spirituale«»
di Giuliano Spagnul (*)
Potremmo essere tentati di definire l’Esegesi1 di Philip K. Dick con le stesse parole con cui lui ha descritto la personale esperienza del 2-3-742 “un enorme autolavaggio spirituale trascendentale, un sistema per rimettere a lucido un essere umano”(293) Le oltre 1.200 pagine selezionate tra le 8.000 dattiloscritte e manoscritte trovate dopo la sua morte e messe in salvo dall’amico Paul Williams3 sono il prodotto di un enorme lavoro da parte di un equipe di esperti e amici dello scrittore. Ma di questo si è già ampiamente parlato nelle recensioni in occasione dell’uscita dell’edizione italiana.4 Da allora un anno è passato e non mi risultano altri articoli o studi di approfondimento. Immagino sia solo questione di tempo, la non semplice lettura di questa “opera” richiede impegno e pazienza. Cominceremo così, per rompere il ghiaccio, un lavoro di scavo (archeologico?) in quest’enorme massa di spazzatura, montagna di rifiuti in cui “scintilla la piccola, assennata, limpida voce”(467) del divino. E innanzitutto “che ne direste di metterci dentro un trotzkista?”(1.015) Descrivendo la comunità della Baia di S. Francisco Dick si chiede se per metterci dentro un po’ di politica radicale non ci starebbe bene un trotzkista, e allora perché no, anche se ex e al di là del giochino suggerito dalla battuta dickiana, iniziare con Antonio Caronia è doveroso oltreché utile: “…mi sembra giunto il momento, a trent’anni dalla morte, di tentare un salto di qualità nella lettura di Dick. E di riconoscere a questo autore frenetico e polimorfo, irrequieto eppure già ‘classico’, la qualifica di narratore-filosofo, capace di innervare i suoi dispositivi narrativi (sia quando sono smaglianti sia quando zoppicano – e gli capita non di rado) in un vero paesaggio concettuale, in una ricerca sulle vicende teoriche del reale e dell’immaginario, del mondo e del soggetto, che meritano a pieno titolo il nome di ‘filosofia’.”5 Un narratore-filosofo, forse un azzardo ma sicuramente è quello che anche Dick sentiva di essere: “…sono di base analitico, non creativo; i miei scritti sono semplicemente un modo creativo di gestire l’analisi. Io sono uno che fa filosofia romanzata, non un narratore; la mia capacità di scrivere romanzi e racconti viene impiegata come strumento per esprimere la mia percezione. L’essenza delle cose che scrivo non è l’arte, ma è la verità.”(971) Sul significato della parola verità in questo contesto avremo modo di ritornare in un altro momento, per adesso quello che ci interessa delineare qui è la figura di Dick, come collocarla nella storia dell’arte e del pensiero del Novecento. A questa affermazione di fare filosofia romanzata due dei curatori dell’Esegesi prendono posizioni contrapposte. Per Steve Erickson “Dick non è un filosofo o un teologo più di quanto non lo siano stati Vincent Van Gogh o L. Ron Hubbard. Dick è stato uno dei più importanti romanzieri americani della seconda metà del XX secolo e quello che ha offerto non è stata la lucidità e il rigore di una visione filosofica, ma l’immaginazione e l’ambiguità di una visione letteraria.”(971 nota*) Per Simon Critchley invece “C’è qualcosa di illuminante nella dichiarazione di Dick che lui non è un romanziere, ma uno che scrive filosofia romanzata e la cui preoccupazione non è l’arte, ma la verità. Ci troviamo qui in presenza di un apparente paradosso in cui la preoccupazione per la verità, la meta classica del filosofo, non è giudicata in opposizione al romanziere, ma come una conseguenza della fantasia e di un’opera della fantasia. Credo che questo collochi Dick nei paraggi di un altro filosofo che faceva consapevolmente narrativa: Nietzsche.”(971 nota**) Molto probabilmente anche Antonio Caronia concorderebbe nell’accostare Dick con il filosofo che più di tutti è riuscito a mettere in crisi l’impianto della filosofia classica e le certezze dell’uomo positivista del XIX secolo. Non meno causticamente Dick è riuscito (sta riuscendo) a mettere in crisi la crisi, quella specie di pseudo rilassatezza di un relativismo spicciolo che tenta di arginare in modo schizoide la mancanza di quegli argini valoriali che si sono dissolti nell’arco di tutto il secolo scorso. L’Esegesi, insieme a quel “meta-romanzo” composto dai circa 35 romanzi e 150 racconti, “senza alcuno studio sistematico della filosofia, di nessuna filosofia (né di quella occidentale né di quelle orientali), ma semmai con una pletora di letture affastellate, spesso disordinate, a volte superficiali (…) congiunte all’intensità della sua interrogazione su se stesso, nella sua smisurata curiosità sul mondo, alla sua incredibile (spesso ingenua) apertura all’altro” sono stati sufficienti “per produrre uno dei corpus più originali di ‘narrativa filosofica’, un corpus che (a modo suo) non sfigura accanto a quello di Robert Musil né di Albert Camus.”6
NOTE
Nota 1: L’Esegesi di Philip K. Dick è stata pubblicata da Fanucci nel novembre del 2015 con la traduzione di Maurizio Nati.
Nota 2: “È il termine con cui Dick indica gli eventi, le visioni e i sogni iniziati tra il febbraio e iol marzo 1974 e ai quali attribuì enorme importanza, ritenendoli il segno che ‘qualcosa di vivente’, spesso identificato con Dio, stesse cercando di comunicare con lui.” Antonio Caronia e Domenico Gallo, Philip K. Dick. La macchina della paranoia. Agenzia X, Milano 2006 p. 247.
Nota 3: giornalista di Rolling Stones, grande amico di Dick fin dagli anni Settanta e che, come giustamente scrive Umberto Rossi, andrebbe fatto santo.
Nota 4: Nicola Lagioia, Quando Dick vedeva cose che noi umani…., La Repubblica (R2 Cultura), 26.11.2015 http://www.minimaetmoralia.it/wp/lallucinazione-non-e-una-faccenda-privata-lesegesi-di-philip-k-dick/
Jonathan Lethem, Dick: “Dio mi ha illuminato con un pesciolino d’oro” La Stampa (Tuttolibri) 5.12.2015 http://www.lastampa.it/2015/12/05/cultura/tuttolibri/dick-dio-mha-illuminato-con-un-pesciolino-doro-xdHZXP82fXooZHSP1QinRP/pagina.html
Stefano Scalich, Dove volano le anime androidi?, Il Sole 24 ore http://www.ac2.eu/news_article/pkdick24/
Antonio Lucci, L’Esegesi: Il vangelo secondo Philip K. Dick, http://www.doppiozero.com/materiali/recensioni/lesegesi-il-vangelo-secondo-philip-k-dick
Edoardo Rialti, L’Esegesi 2-3-74, http://www.ilfoglio.it/libri/2016/02/06/news/l-esegesi-2-3-74-92426/
Umberto Rossi, L’Esegesi, ovvero: Zibaldone dickiano, http://andromedasf.altervista.org/lesegesi-ovvero-zibaldone-dickiano-the-exegesis-of-philip-k-dick-2011/
Gian Paolo Serino, Filosofia, droghe e profezie. Il testamento di Philip Dick http://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/filosofia-droghe-e-profezie-testamento-philip-k-dick-1196100.html
Lucandrea Massaro, L’Esegesi di Philip K. Dick, http://it.aleteia.org/2016/01/08/lesegesi-di-philip-dick/
Leonardo Vietri, Philip K. Dick e il suo mondo, http://www.lacitta.eu/libri/24082-philip-k-dick-e-il-suo-mondo-l-esegesi-di-philip-k-dick-fanucci.html
Andrea Cortellessa, Dio ti scrive, Pagina 99 http://www.leparoleelecose.it/?p=23229
Nota 5: A. Caronia, Un filosofo in veste di romanziere, Il Manifesto 1.3.2012. http://una-stanza-per-philip-k-dick.blogspot.it/2016/01/antonio-caronia-un-filosofo-in-veste-di.html
(*) Fra 7 giorni «Esegesi 2 – Una filosofia da garage»
Ha scritto nel 2001 Francesca Rispoli nel bel saggio critico dedicato alla fantascienza di Philip K. Dick ( “ Universi che cadono a pezzi” – Bruno Mondadori ed.): <>.
Credo che sia una falsa questione porsi la domanda se Dick sia o no un filosofo. Ritengo non si possa affermare, come scrive Critchley (“ Credo che questo collochi Dick nei paraggi di un altro filosofo che faceva consapevolmente narrativa: Nietzsche.” ), che, siccome Dick scrive narrativamente di filosofia, questo basti ad accostarlo a Nietzsche. La filosofia fin dalle origini ha scelto forme variegate per scrivere sulla ricerca della “ verità”. Poi, se si pensa di accostarlo al tedesco come pensatore a lui in qualche modo collegato, credo che ci sarebbe tanto da discutere.
In generale, sarebbe come tornare alla vecchia questione – senza scomodare “ Robert Musil o Albert Camus” – se Leopardi si possa considerare o meno filosofo. Piuttosto sarebbe importante cercare le radici del suo pensiero in un vasto mare che va dalla filosofia classica, all’ellenismo, alla scolastica, … alle filosofie orientali e oltre. Studio disordinato, superficiale quanto si voglia il suo (“ Senza alcuno studio sistematico della filosofia, di nessuna filosofia” ), certo vasto come si può verificare semplicemente spulciando il glossario e l’indice posti alla fine dell’immenso ( almeno per mole) volume de “ L’esegesi.
Comunque credo che incentrarsi sulla questione Dick filosofo o non filosofo, o teologo, sia fuorviante. La grandezza di Dick è tale che incasellarlo in categorie artistiche o intellettuali non è per nulla semplice e scontato.
Sarebbe meglio fare, per ora, quel che ci suggeriscono Jonathan Lethem e Pamela Jackson in conclusione della loro Introduzione al libro: <>.
Se vogliamo restare alla Rispoli allora possiamo citare questa sua riflessione sul mondo dickiano: “Un mondo in cui la capacità di amare, ma anche di soffrire, pur se del dolore più intenso, è la qualità che distingue l’autentico essere umano, e non qualcosa cui sfuggire allontanandosi dal mondo condiviso, per cercare rifugio in un rassicurante, ma astratto e sterile universo della mente: uno pseudouniverso, una realtà soggettiva, che ogni romanzo di Philip Dick – compresi gli ultimi scritti prima della morte, che mettono in scena il suo personale pseudouniverso – fa cadere a pezzi.”(1) E cos’è questo se non il lavoro di uno scettico, e quindi di un filosofo?
(1): Francesca Rispoli, Scorrete lacrime, disse il poliziotto, la nascita di un essere umano autentico. in TRASMIGRAZIONI. I mondi di Philip K. Dick. (a cura di V. M. De Angelis e U. Rossi) Le Monnier Firenze 2006, p. 224.