Philip Dick, ESEGESI 11
«Sul bordo» di Giuliano Spagnul
«Sì, sono sul bordo della realtà;
livello dopo livello, ognuno più
ontologicamente reale del precedente,
e poi… il nulla. Il vuoto.
Solo un debole vento che smuove la realtà,
che la strattona.
E magari un luccichio di colore,
per un attimo»(866)
«Nelle storie di Dick, fra tutta l’angoscia per gli universi che si disintegrano e la realtà instabile, c’è sempre la sensazione di una realtà ultima nascosta sotto la contraffazione»(130 nota). Gabriel Mckee, l’autore di questa nota porta come esempio della fede in un assoluto da parte di Dick le figure di Ubik, di Colui che Cammina sulla Terra1 e di Wibur Mercer2. «Contrariamente alle apparenze qualcosa è davvero reale» e questo collocherebbe, in definitiva, Dick «nella tradizione dei mistici apofatici3 come Meister Eckart o l’anonimo autore di “La nube della non conoscenza”»4. Ora, se non c’è dubbio che Dick parli spesso di una realtà altra, che sta dietro, nascosta, è altrettanto vero che questa realtà ultima viene sottoposta dallo stesso Dick a un tale spingi e tira che alla fine il tirare, al contrario della realtà che viene tirata, risulta essere l’unica vera realtà. «Heidegger dice: ‘perché c’è qualcosa invece del nulla?’ Al che chiedo: ‘perché Heidegger pensa che ci sia qualcosa invece di nulla?’ Il tirare è reale e il campo della realtà che viene tirato non lo è. Così che ciò che è genuinamente reale viene indicato dal suo effetto sul ‘campo della realtà’ (che non è reale), ma che cos’è che tira io non ne ho idea»(890). Allora su quale bordo di realtà si situa Dick e che tipo di fessura è quella che si è prodotta dall’esperienza del 2.3.74? Una fessura da cui guardare la realtà, quella vera, ultima come suggerisce Mckee, o quella che affaccia al baratro della follia di una realtà non più condivisa, o ancora qualcosa di altro? Qualcosa d’altro che sia più simile allo sguardo del genealogista foucaultiano che a quello del mistico; uno sguardo che si apra alla consapevolezza che «il mondo non è una rappresentazione che consenta di mascherare una realtà più vera e nascosta dietro le quinte. Il mondo è così come esso appare»5. Dick confessa che ha «dovuto sviluppare un amore per il disordine e la confusione, vedendo la realtà come un grande enigma da fronteggiare gioiosamente, non con la paura ma con infaticabile fascinazione. Quello che serviva di più era la messa a prova della realtà, e la disponibilità ad affrontare l’esperienza che si autonega: ovvero le autentiche contraddizioni, con qualcosa che è allo stesso tempo vero e non vero»(738). Cioè qualcosa che si può indagare ma che non può avere nessuna pretesa di autenticità, men che meno rimandabile a una qualsivoglia autenticità dietro le quinte. La realtà del chiosco di bibite in «Tempo fuori di sesto» si dissolve lasciando al suo posto un foglietto con su scritto chiosco di bibite, non aprendo un varco verso una qualche alterità. Banalmente rimane un nome, una nominazione. Un’illusione non nasconde altro che se stessa, ma il rapporto di questa con noi stessi è tutt’altro che illusorio: «tutto quello che bisogna fare è credere totalmente che lo schema ‘X’ esiste e se ‘X’ è potenzialmente reale passerà per autentico. Questo richiede una relazione spingi-tira fra la persona e la realtà. Non può, diciamo far nascere una fenice azzurra ex nihilo; la persona deve entrare in un progressivo, intricato dialogo con la realtà in cui c’è risposta fra entrambe le parti. (questo presume capacità di sentire, volontà e intenzionalità nella realtà). È richiesta la messa alla prova della realtà, non la sua assenza. Sta soppesando le sue parti flessibili più morbide, dove cederà, quanto e in qual modo»(739-740). Possiamo anche considerarla illusione ma è un’illusione i cui effetti non possono essere che reali.
Nota 1: «Labirinto di morte» (1968)
Nota 2: «Ma gli androidi sognano le pecore elettriche?» (1966)
Nota 3: pervenire alla conoscenza di Dio tramite negazioni: Dio non è… http://www.treccani.it/enciclopedia/apofatico/
Nota 4: «The Cloude of Unknowyng» è una guida spirituale pratica scritta nel XIV secolo da un anonimo inglese. Il testo è scaricabile qui: http://gianluca05.altervista.org/alterpages/files/nubenonconoscenza.pdf
Nota 5: H. L. Dreyfus – P. Rabinow, «La ricerca di Michel Foucault», La casa Husher, 2010, pag166
L’IMMAGINE è di MARISA BELLO
Tra 7 giorni: Esegesi 12 – «Nel cuore della notte»