Pic-nic sul ciglio di Stalker
Vogliamo davvero ciò che crediamo di volere? Le riflessioni di Clelia Farris sul film di Tarkovskij e sul romanzo dei fratelli Strugatzki
È impossibile citare Pic-nic sul ciglio della strada, romanzo dei fratelli Strugatzki, senza pensare a Stalker, film di Andrej Tarkovskij. Viceversa si può parlare del film senza collegarlo al romanzo, credendolo un soggetto originale.
L’asimmetria è dovuta a un motivo banale: film e romanzo sono due opere diverse. E non mi riferisco solo alla forma del mezzo di comunicazione. Tarkovskij prende dal libro alcuni elementi della trama e compie quello che nella musica si chiama “variazione sul tema”. Il tema è questo: gli alieni, che sbadati! Passando accanto al nostro pianeta hanno perduto alcuni marchingegni e tali oggetti, caduti in vari punti della Terra, hanno modificato profondamente l’ambiente circostante, tanto da costringere le autorità a proibire l’accesso alle cosiddette “zone”.
Solo alcuni esploratori, gli Stalker, si avventurano nei territori interdetti e noi conosciamo uno di loro, Redrich Schouart, detto il Roscio. Il Roscio ha un’ambizione, arrivare nel luogo in cui tutti i desideri si avverano, la Sfera.
Su questo tema i fratelli Strugatzki imbastiscono una storia di amicizie, rivalità, azioni illecite e desiderio di riscatto sociale. Nel corso della vicenda emergono altre ipotesi sugli oggetti alieni. Potrebbero essere semplice spazzatura e il nostro pianeta, luogo che ancora riteniamo al centro dell’universo perché abitato da esseri coscienti, è stato trattato come una discarica da creature che ci considerano alla stregua di formiche.
Oppure, secondo la teoria del professor Peelman, gli oggetti alieni non sono caduti per caso sulla Terra bensì furono gettati apposta, forse per confondere i suoi abitanti, ingenui e primitivi.
Cosa può fare l’essere umano con una Sfera che esaudisce i desideri? C’è già stato un caso in precedenza, un certo Aladino trovò una lampada che conteneva un djinn, un “demone” che realizzava ogni suo volere. Ma la favola è ottimista, il djinn benevolo e il lieto fine d’obbligo.
Nel romanzo la risposta è nel soliloquio finale del Roscio, due pagine di grande intensità in cui c’è tutta la condizione umana davanti alla speranza. Eppure la speranza stessa ha corroso l’anima onesta di Schouart, sembra quasi che gli extraterrestri abbiano seminato una tentazione demoniaca, alla quale gli esseri umani finiscono per cedere.
Alieni come Satana? Chissà.
Tarkovskij invece elabora un personaggio completamente diverso. Il suo stalker è sì un molestatore, un disturbatore della Zona, come dice il nome stesso, ma vive anche un’esperienza di simbiosi con il luogo misterioso, ne accetta la bellezza e la brutalità, la rispetta, porta avanti la sua missione e non si lascia corrompere dalla speranza. Eroe armato solo della sua purezza, procede senza paura fino alla Stanza, che nel film sostituisce la Sfera, ed è ben consapevole dell’inganno dei desideri.
Vogliamo davvero ciò che crediamo di volere?
Nella sua semplicità di spirito lo Stalker sa che è meglio non chiedere, perché potrebbe essere esaudito.
Il regista russo era un ottimista, riteneva che i meno esistenziali fossero compensati dai più della vita. I fratelli Strugatzi erano pessimisti, pensavano che gli eventi negativi ci pietrificano il cuore e ci conducono al cinismo.
Nel film la Zona è il centro di tutti i misteri, il fulcro del nostro rapporto con l’inspiegabile. Nel romanzo la Zona è un’area da sfruttare, un semplice giacimento di risorse aliene da cui ricavare denaro e vantaggi personali. Materialismo sovietico contro idealismo russo.
A questo punto forse dovrei prendere una posizione decisa, parteggiare per il romanzo o per il film. Per fortuna san Eraclito mi salva e mi ricorda che la polemica è futile e tutto scorre…
La grandezza di un’opera, a parer mio, sta anche nelle infinite possibili alternative che ispira. Mi rifiuto di pensare che esista un solo mondo e perciò una sola Zona, un solo Roscio, un unico Stalker. Nel 1972 Boris e Arkadij Strugatzi hanno pubblicato la loro storia. Nel 1979 Andrej Tarkovskij ha aperto una breccia nel tempo e ci ha consegnato un universo stalkeriano differente. E noi fantascientisti siamo a favore dell’infinità degli universi, perciò mi aspetto che, fra qualche anno, qualcun altro ripenserà la stessa storia in modo diverso, magari dal punto di vista di uno degli oggetti alieni.
Avviso ai lettori: nel romanzo non c’è la storia del Porcospino, che è un’invenzione originale della sceneggiatura del film.
Avviso agli spettatori: il film è visivamente forte e coinvolgente, ma lungo e a tratti un po’ noioso.
Nota dell’autrice: l’idea per questo articolo mi è venuta dall’uscita del film Doctor Sleep, che vorrebbe essere una sorta di seguito di Shining. Sono tornate le polemiche fra i puristi di Stephen King, che rabbrividiscono alla parola Kubrick, e quelli che hanno amato l’Overlook Hotel cinematografico. Lo stesso King dichiarò che il film era tutt’altra cosa, rispetto al suo romanzo. E aveva ragione. Sono due variazioni sullo stesso tema.
NOTA BOTTEGARDA
A proposito dei fratelli Strugatzki (o Strugackij, se preferite quest’altro modo di trascrivere il cirillico) cfr Una realtà estranea e familiare allo stesso tempo dove si lamentava l’assenza in “bottega” di analisi su «Picnic sul ciglio della strada» e su «Stalker»; grazie a Clelia Farris che ha colmato subito questa lacuna.