Pirandello: piccolo borghese e gran teatrante

di Mauro Antonio Miglieruolo

“Pindirindello”, secondo Giovanni Pascoli (che Pirandello detestava; ed era da lui detestato) è nato a Agrigento il 28 giugno 1867 ed è morto a Roma il 10 dicembre 1936

Ha detto di sé stesso: «Io son figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta realtà, perché son nato in una nostra campagna, che trovasi presso ad un intricato bosco denominato, in forma dialettale, Càvusu dagli abitanti di Girgenti, corruzione dialettale del genuino e antico vocabolo greco Kaos».

Pirandello in un certo senso è il rappresentante ideale di una borghesia, moderata e cattolica, che (moderatamente?) aderisce al fascismo vedendo in esso un baluardo contro l’ascesa del disordine prodotto dalla comparsa sulla scena delle masse popolari; le quali si muovono senza una direzione adeguata, sospinte da necessità storiche, non essendo però sufficientemente mature e forti da offrire una alternativa credibile (non certo all’altezza di introdurre il sogno di un nuovo ordine e capaci di mostrare i vantaggi politici ed economici che la piccola borghesia può ottenere).

Trascinato dall’onda montante del consenso che ormai non è più solo padronale, o di elementi della piccola borghesia declassata, di sbandati e avventurieri, Pirandello nel 1924 aderisce al Partito Fascista. Dello stesso apprezza la determinazione, il patriottismo (anche se si tratta più che altro di retorica), le garanzie di ordine che offre.

Per questa sua decisione fu attaccato dal Giovanni Amendola che lo definì accattone, accusandolo di ambire a tutti i costi a un posto di senatore del regno. Ma Pirandello dal fascismo ebbe ben poco, a parte, nel 1929, la nomina nella Reale Accademia d’Italia. Mussolini gli preferì sempre altri autori, più consoni alle idee del regime, per esempio Gabriele D’Annunzio e Grazia Deledda. In scarsa considerazione è stato tenuto anche dagli altri intellettuali del regime: ritenevano che le sue opere fossero tendenzialmente anarchiche, pessimiste, insidiose per il sistema. Ben poco hanno a che fare in effetti con l’attivismo fascista gli “arzigogoli” mentali dei tipici personaggi pirandelliani.

Caratterizza meglio il personaggio la lettera con la quale, rivolgendosi direttamente a Mussolini, Pirandello chiese l’iscrizione al partito.

«Eccellenza, sento che questo è per me il momento più proprio di dichiarare una fede nutrita e servita sempre in silenzio. Se l’E.V. mi stima degno di entrare nel Partito Nazionale Fascista, pregerò come massimo onore tenermi il posto del più umile e obbediente gregario. Con devozione intera.»

Devozione intera… Bah!

Vedo in questa lettera la cortigianeria propria a tanti intellettuali nei quali il (più o meno) sincero ossequio era condizionato da una parte dal servilismo e dall’altra dalla seduzione plebea per l’uomo forte, l’illusione diffusa del monarca illuminato. Sta di fatto che, con sicuro istinto, il regime gli diede spazio, ma delimitato. Nessun entusiasmo. A parte quello per il premio Nobel (1934) del quale il fascismo volle giovarsi.

L’illusione dello scrittore è la stessa della piccola e media borghesia, che aveva ritenuto possibile risolvere i problemi dell’Italia utilizzando la violenza fascista. Il fascismo finirà con l’essere espulso da un’Italia che si ritroverà con i problemi aggravati e una piccola borghesia ridimensionata. Al termine della disavventura fascista i rentier, simbolo dei ceti medi, invece di espandersi come ceto sociale, sono ridotti numericamente e socialmente. La piccola borghesia, nelle sue oscillazioni, aderisce volentieri al programma borghese. Non è nei suoi interessi storici farlo. Ma la visione angusta, di corto respiro, il guadagno del giorno dopo, impedisce a questi soggetti di vedere oltre il proprio naso. Le scorciatoie autoritarie difficilmente portano da qualche parte.

O magari sì, portano a piccinerie concettuali quali quella pubblicata sul quotidiano “L’Impero” del 12 marzo 1927: «Mussolini non trova paragoni nella storia, mai esistito un condottiero che abbia saputo dare al suo popolo una così viva impronta della sua personalità».

Questa impronta non l’ho mai vista. Continuo a non vederla.

2

Del corpo vastissimo delle opere pirandelluane cito solo due. Il romanzo «Il fu Mattia Pascal», scritto (secondo alcuni) nelle notti di veglia trascorse accanto alla moglie Maria Antonietta Portulano. E «Sei personaggi in cerca di autore», l’opera che gli ha dato e continua a dargli maggiore risonanza mondiale.

Nel libro intitolato al fu Mattia Pascal, è inscritta l’essenza della sua concezione del mondo. Pirandello è il primo grande autore a tradurre in letteratura le scoperte freudiane. Diciamo anche che è il primo autore italiano di fantascienza. Lo è perché l’ispirazione scientifica determina il contenuto narrativo: LA SCIENZA SUGGERISCE L’ESISTENZA DI MOLTEPLICI PERSONALITÀ ALL’INTERNO DI UNA UNICA PERSONA; il caso, l’accidente, la pressione sociale, l’inventiva dell’autore del racconto attribuiscono al personaggio la possibilità di determinazione a una di queste molteplicità, che diventa (provvisoriamente) la principale.

Gli uomini nascono liberi ma la società assegna loro ruoli nei quali sono costretti, veri e propri attori che recitano un copione predeterminato. Uomini finzioni, uomini maschere, in obbligo di assumerne i connotati per potersi presentare nella società in cui vive. Il copione però può essere cambiato, l’attore sottrarsi alla regia, entrare in un nuovo film, un nuovo racconto, consapevolmente o meno, portare alla luce un componente particolare della moltitudine che lo abita. Ognuno è dunque deus-ex-machina, fortuito o calcolato, di sé stesso. Questa poetica emerge con ancora maggiore chiarezza in «Uno, nessuno e centomila». Le centomila personalità diverse impediscono a un vero IO di essere; e si stabilizzano intorno a un qualsiasi IO. IO che è l’illusione di tutti gli IO, individui che ignorano di non essere tali ma legione.

In «Sei personaggi in cerca di autore» Pirandello sviluppa un secondo tema, quella della incomunicabilità fra le persone. Ognuno ha una propria concezione del mondo, una sua propria verità con la quale valuta gli avvenimenti e ne trae impressioni sulla cui base stabilisce le relazioni umane. Ne deriva l’incapacità di comunicare, di comprendere persino se stessi.

Solo la fantascienza andrà più lontano nel sottrarre la terra sotto i piedi alle persone, in particolare Dick che porrà in dubbio persino la realtà oggettiva. Gli avvenimenti della vita quotidiana se non sono del tutto illusori, sono comunque condizionati da esperienze queste sì illusorie, indotte tramite manipolazione da parte di oscuri manipolatori che è possibile siano manipolati a loro volta.

Il delirio, un delirio psicologico esistenziale, frutto della sensibilità artistica, delle esperienze visive che spingono avanti, sembra comunque essere intimamente parte della vita esperenziale di Pirandello. Ecco quanto afferma di vivere a proposito del teatro: «Oh, il teatro drammatico! Io lo conquisterò. Io non posso penetrarvi senza provare una viva emozione, senza provare una sensazione strana, un eccitamento del sangue per tutte le vene. Quell’aria pesante chi vi si respira, m’ubriaca: e sempre a metà della rappresentazione io mi sento preso dalla febbre, e brucio. È la vecchia passione chi mi vi trascina, e non vi entro mai solo, ma sempre accompagnato dai fantasmi della mia mente, persone che si agitano in un centro d’azione, non ancora fermato, uomini e donne da dramma e da commedia, viventi nel mio cervello, e che vorrebbero d’un subito saltare sul palcoscenico. Spesso mi accade di non vedere e di non ascoltare quello che veramente si rappresenta, ma di vedere e ascoltare le scene che sono nella mia mente: è una strana allucinazione che svanisce ad ogni scoppio di applausi, e che potrebbe farmi ammattire dietro uno scoppio di fischi!» (da una lettera ai familiari del 4 dicembre 1887)

In «Sei personaggi in cerca d’autore» trasferirà il senso ultimo di queste affermazioni. Sul palcoscenico gli attori non si subiscono reciprocamente, ma reagiscono, sulla base di ciò che sono, alle impressioni ricevute, creando un teatro (detto “mentale”) nel quale danno voce nello stesso tempo ai propri fantasmi e a quelli dell’autore. A questo proposito Pirandello chiarirà come le necessità che impongono i personaggi siano necessità di vita: personaggi non da lui cercati ma che gli si impongono con il loro vitalismo, che aspira a farli uscire dalla scena per prendere parte della vita.

Pirandello è un personaggio più complesso di quanto io sia riuscito a descrivere nello spazio ridotto di un articolo di commemorazione. Sarebbe quasi d’obbligo l’approfondimento. E chissà che il prossimo 28 giugno (se ancora in grado di intendere e volere) non mi decida a farlo.

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

 

 

Miglieruolo
Mauro Antonio Miglieruolo (o anche Migliaruolo), nato a Grotteria (Reggio Calabria) il 10 aprile 1942 (in verità il 6), in un paese morente del tutto simile a un reperto abitativo extraterrestre abbandonato dai suoi abitanti. Scrivo fantascienza anche per ritornarvi. Nostalgia di un mondo che non è più? Forse. Forse tutta la fantascienza nasce dalla sofferenza per tale nostalgia. A meno che non si tratti di timore. Timore di perdere aderenza con un mondo che sembra svanire e che a breve potrebbe non essere più.

2 commenti

  • Srticoli e riferimenti sempre molto interessanti, anche se non completamente condivisibili. Anche nell’articolo dedicato all’excursus sulla storia attuale (prevaricazione del potere in condizioni di pericolo diffuso) noto un dire per concetti poco raffinati. La sinistra reale deve affinare i propri bisturi e la propria logica (lo abbiamo capito dopo il ’68), altrimenti rischiamo di assomigliare a coloro che utilizzano tutti le beceraggini per giustificare tattiche demagogiche adatte a ubriacare masse stanche e senza cultura.
    I partiti e le organizzazioni proletarie di sinistra (Marx, Gramsci come elementi da studiare e ripensare) non debbono mai smettere di studiare la loro storia reale nella quale è naufragato quasi ogni diritto, proletario e/o borghese. Qualunque presa di posizione alternativa può essere voltata nel suo opposto e utilizzata contro chi se ne fa portavoce.

  • Per fortuna non siano pienamente condivisibili, Bianca! Altrimenti non vi sarebbe spazio né per il dissenso, né per il confronto. L’unanimismo, entrato lentamente nella pratica politica dei partiti che storicamente si sono ispirati alla gigantesca rottura storica rappresentata dall’ottobre russo, è ancora vivo, purtroppo, tra di noi. E costituisce l’obiettivo principale, l’astacolo grande da superare, per me, per tutti. Bisogna dunque si scriva per invitare a riflettere (il mio scopo: ignoro se lo faccio bene); e si legga per lasciari condurre sulle vie impervie della riflessione. Leggere dunque, come fai tu, non per dare ragione, ma per aiutare chi scrive a superare i suoi punti di vista e arrivare a una visione più ampia e corretta delle cose. Un processo praticamente infinito, che sarebbe deleterio interrompere a mezzo di un verbo assoluto che in questo modo si farebbe divino. Cioé non numano. Incontrollabile offesa alla divinità che nelle faccendo umane credo desideri non entrare o entrare il meno possibile.
    Per fornire me di tale opportunità però (do per scontati l’esistenza di limiti e lacune) mi aiuteresti molto articolando meglio i punti su cui credi debba correggere o anche solo riformulare quanto detto, o per approfondire. Sempre che tu ne abbia voglia e il tempo di farlo. Resta comunque la gratitudine per avermi messo sull’avviso.
    Quanto all’esortazione a studiare, mai invito è arrivato più opportuno. Anche se, concedimelo, nessuna delle organizzazioni attualmente esistenti ritengo abbia intenzione di approfondire il dettato di Marx e Gramsci. Viviamo in tempi mediocri, nei quali la superficialità è vanto e obbligo. La ragione dorme. Siamo oppressi dai suoi mostri.

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