Podemos? Sì, no, dipende cosa si fa
recensione a «Corso urgente di politica per gente decente» di Juan Carlos Monedero
di Alberto Melandri (*)
Juan Carlos Monedero è uno dei fondatori di Podemos, il movimento spagnolo guidato da Pablo Iglesias e in questo suo saggio (Feltrinelli 2015) si rivolge a quella che definisce gente decente: «La gente decente ne ha abbastanza, ma non vuole avvantaggiarsi sul prossimo, non vuole né vivere nella sconfitta né trionfare sugli altri. E’ la gente che si fa coraggio e dice di no quando sarebbe più facile dire di sì o accettare una spiegazione tranquillizzante. La gente che impara a non avere paura e a non diffidare della politica, perché sa che la politica siamo soprattutto noi».
Secondo l’autore «senza politica siamo un uccello migratore solitario, privo del riferimento degli altri» e, utilizzando un altro esempio tratto dal mondo animale, dice che «uno scimpanzé sacrifica il proprio benessere per non danneggiare un suo simile; il capitalismo condanna due terzi dell’umanità all’esclusione (..). Dal punto di vista morale, dunque il capitalismo è inferiore agli scimpanzé» ma gli esseri umani sono inclini alla cooperazione e solo i modelli come il neo-liberismo «incoraggiano il depredatore che abita dentro di noi».
La negazione della politica è rappresentata da quella che Monedero definisce la «cartellizzazione dei partiti» che li accomuna tutti, membri di un unico cartello, che si distribuiscano sulla destra o sulla sinistra degli schieramenti tradizionali: «I partiti sono agenti dello Stato che vivono delle sue risorse e i cittadini diventano fattori esterni del loro sviluppo». L’azienda-partito dipende dal successo, non dalla coerenza con i princìpi ideali di partenza; gli scarsi militanti che diventano funzionari sono dominati da questa logica aziendale, caratterizzata da una sostanziale assenza di democrazia interna, dato che le decisioni vengono assunte da una élite ristretta, addirittura spesso fuori dagli organi di partito stessi. Tutto ciò richiede ingenti spese elettorali che portano a collusioni fra grande industria, banche e i partiti stessi; e sul piano dell’informazione a ulteriori collusioni fra partiti e mass media che riducono la politica a schermaglie interpartitiche.
Tutto questo ha favorito la nascita di movimenti alternativi ai partiti che «esprimono le carenze politiche strutturali non riconosciute o ignorate dai canali politici istituzionali ; […] (che) avendo poco da perdere, agiscono come forze politiche con una capacità critica di cui gli altri attori politici sono privi. […] Spesso propongono soluzioni creative per problemi bloccati dalle risposte tradizionali».
Uno degli obiettivi dei nuovi movimenti è quello della riappropriazione della lingua
da parte della «gente decente». Scrive Monedero : «Nominare è fare politica: obbliga la collettività che ascolta quei nomi a interpretare la realtà in un certo modo». E «per pensare in modo diverso» bisogna parlare in modo diverso. Cita quindi numerosi esempi di imbrogli nascosti dietro a sostituzioni lessicali, come «ristrutturazioni aziendali» al posto di «licenziamenti», oppure «mini-Job» invece di «lavori-spazzatura», «partecipazione alla spesa sanitaria» al posto di «imposizione del pagamento delle cure» ecc.
I nuovi movimenti devono riuscire a fare convivere, prendendone il meglio, tre filoni della sinistra: quello rivoluzionario, quello riformista e quello ribellista. Il primo deve rinunciare alla «necrotizzazione in piccoli partiti», negando il valore ai risultati già ottenuti, continuando a proporre un sistema radicalmente alternativo a quello vigente; il secondo, rinunciando a cambiare il sistema, ne è stato divorato, diventandone un caposaldo, trasformandosi in «una zavorra conservatrice o reazionaria» ma va valorizzata la sua spinta verso la gestione di ciò che è stato ottenuto in rivoluzioni precedenti, come il suffragio universale o il servizio sanitario nazionale gratuito; il terzo con la sua purezza e coerenza si è condannato a solitudine e frammentazione, ma rimane vitale il suo attacco alla centralità del potere, includendo «le libertà dei nuovi soggetti».
Monedero conclude dicendo che i nuovi movimenti devono abbattere la gabbia del consumismo, orientandosi in base ai princìpi della decrescita ed «emozionando quelli che devono segare le sbarre».
(*) Alberto Melandri del Cies di Ferrara e di Pontegradella in transizione