Pomezia: intervenire il “giorno prima”
E pensare che l’azienda andata a fuoco si chiama Eco… ma de che?
di Vito Totire (*)
Da Seveso in poi continua la vecchia consuetudine di intervenire il “giorno dopo” – dopo il terremoto, dopo l’incendio, dopo il crollo – e mai (quasi) il giorno prima.
La raccolta degli ortaggi a Pomezia è stata inibita ma quanto amianto è stato sparso nei campi prima del divieto ? Né le istituzioni si preoccupano dell’amianto che ci viene propinato attraverso gli acquedotti. Perché l’amianto non è stato bonificato radicalmente piuttosto che essere ricoperto, trattandosi di un capannone con particolari rischi?
La valutazione dei rischi in Italia è davvero inquietante, orientata a un pressappochismo che prevede clausole immaginarie a tutela di equilibri precarissimi: le valutazioni sono spesso autogestite dai padroni e non validate dal pubblico e quand’anche validate prevedono: che non vi si sviluppino incendi, né terremoti ma neanche forti grandinate o trombe d’aria. Valutazioni fatte in questo modo sono grottesche. Ora a Pomezia si stanno facendo i campionamenti ambientali ma con quali strumenti analitici? Il rischio è sempre quello: ciò che non sarà campionato nell’aria non ci dirà “non è successo niente” ma che o gli strumenti non sono abbastanza sensibili o che gli inquinanti si sono già dispersi. Nel latte materno delle donne eschimesi si è trovata più diossina che in quello delle donne di New York; pensiamo che l’ecosistema di Pomezia faccia eccezione?
Bologna, 9.5.2017
(*) Vito Totire è medico del lavoro