Ponte Genova: che c’entra Fabrizio Dé Andre?
di Alessio Di Florio
Perché Faber stride con quella cerimonia
È passata oltre una settimana dall’inaugurazione del nuovo ponte «San Giorgio» a Genova, in diretta televisiva, con abbondanza di fanfare, petto in fuori delle alte cariche dello Stato e le – immancabili in questi casi – Frecce Tricolori. Pattuglia acrobatica aerea che, non va mai dimenticato, sono un vanto dell’esercito italiano, scenograficamente sicuramente molto appariscenti, simbolo dell’orgoglio patriottico negli anni qualche volta criticate per costi economici ed ambientali. Lo fece anche Lidia Menapace nel 2006, allora parlamentare di Rifondazione Comunista, e contro di lei si scatenò un polverone bipartisan dopo il quale le fu negata la presidenza della Commissione Difesa del Senato. Le fu preferito Sergio De Gregorio dopo l’atto di lesa maestà nei confronti del trecentotredicesimo gruppo addestramento acrobatico dell’aeronautica militare, le cui successive scelte politiche e l’approdo nelle fila della destra sono cronaca che dovrebbe essere ben conosciuta, “tra il 2006 e il 2008 Berlusconi mi pagò quasi 3 milioni di euro per passare con Forza Italia” sono parole sue.
Fra il ritrovato orgoglio ed entusiasmo, alla svolta annunciata, alla rinascita dopo il crollo del vecchio ponte, il covid19, la crisi economica e sociale e tanto altro, la colonna sonora scelta è stata «Crêuza de mä» di Fabrizio Dé Andre. Gli organizzatori hanno dichiarato di averlo scelto come simbolo della città, come figlio eccelso di Genova e suo simbolo nel mondo. Dopo il crollo del ponte Morandi si accesero i riflettori sulla gestione delle autostrade italiane, su come i vari governi degli ultimi decenni hanno permesso al concessionario di lucrare sull’interesse pubblico mentre su altri aspetti ormai documenti giudiziari, processi in corso, report finanziari ed altri già raccontano tutto. Per quasi due anni i gialloneri e i giallorossi hanno annunciato, proclamato, sbandierato la fine della concessione ai Benetton, la loro estromissione da tutto e che avrebbero dovuto pagare per le vittime del ponte Morandi e per quanto (non) hanno fatto negli anni. La conclusione (se tale sarà, perché sta emergendo una possibile conclusione alternativa) è nota: Cassa Depositi e Prestiti entrerà nella società, alla società dei Benetton saranno liquidate le loro quote e intanto chi ha gestito il vecchio ponte per ora gestirà il nuovo.
«Venti notizie Ventun’ingiustizie
e lo Stato che fa?
Si costerna, s’indigna, s’impegna
poi getta la spugna con gran dignità»
Modello Genova e decreto semplificazioni
Davanti alla ricostruzione del ponte è stato decantato a reti unificate, esistenti e pure non esistenti, un presunto magnifico, straordinario, fantastico, risolute di ogni piaga italiana (e forse pure di quelle d’Egitto) “modello Genova” da esportare in tutta Italia e su cui basare la rinascita dopo (?) l’emergenza sanitaria ed economica. È il “decreto semplificazioni”, le nuove tavole della legge sulla quale plasmare la nuova Italia post (?) covid19. Per chi volesse approfondire questi alcuni link sulla mobilitazione suscitata dalla lettura del decreto da parte di associazioni, comitati e movimenti di tutta Italia, basta scorrere anche solo i nomi per ritrovare tante storie d’Italia di disastri, devastazioni, grandi opere, bombe sanitarie e tanto altro:
https://www.pressenza.com/it/2020/07/decreto-semplificazioni-cosi-sono-devastazioni/
https://www.wordnews.it/semplificazioni-o-devastazioni
https://www.wordnews.it/decreto-semplificazioni-cosi-sono-devastazioni
Questa l’analisi della Corte dei Conti:
Il “modello Genova” anche sul nuovo ponte ha già iniziato a mostrare grandi successi: sul nuovo ponte i limiti di velocità verranno abbassati rispetto a quelli del ponte crollato, in alcuni punti forse addirittura a 70 km/h; è stato ricostruito – ha scritto il Corriere della Sera – «con le stesse curvature degli anni ’60 ma dal 2001 i parametri sono più restrittivi», questioni sollevate da Italferr a febbraio 2019 al Consiglio superiore dei lavori pubblici e da Aspi il mese successivo nelle conferenze dei servizi, ma il Consiglio Superiore dei Lavori pubblici decise di non prendere posizione e la reale apertura al traffico è stata rimandata di qualche ora perché i palchi usati per la cerimonia di inaugurazione avevano danneggiato il manto stradale.
«Venti notizie Ventun’ingiustizie
e lo Stato che fa?
Si costerna, s’indigna, s’impegna
poi getta la spugna con gran dignità»
Quella nomina commissariale su cui quasi nessuno ha detto nulla
Nei giorni scorsi ha destato scalpore, scatenando soprattutto i social network, la conferma di un esponente del Movimento 5 Stelle alla presidenza della Commissione Politiche dell’Unione Europea della Camera dei Deputati. Motivo: ha solo la licenza media e nel curriculum si troverebbero come uniche esperienze una rock band e l’esser stato commesso in un negozio di animali. Nulla di tutto questo, nessun polverone, nessuna protesta, nessun dubbio – tranne un solo movimento politico a livello nazionale e poche voci indipendenti del giornalismo e del mediattivismo, che se li si mette tutti insieme in una stanza di un metro per un metro ne avanza metà – nulla di nulla per la designazione del global advisor (ovvero colui che aveva la cassa) della task force per l’emergenza nuovo coronavirus. Un ruolo sicuramente più operativo, di peso e con poteri reali della presidenza della Commissione Politiche dell’Unione Europea della Camera dei Deputati. Così l’abbiamo raccontato su Pressenza (https://www.pressenza.com/it/2020/05/giovanni-falcone-quella-memoria-incensata-un-giorno-e-offesa-cancellata-insultata-ogni-momento/ ):
A fine aprile è stato l’anniversario della morte di Roberto Mancini (https://www.pressenza.com/it/2019/05/condannato-cipriano-chianese-per-la-discarica-su-cui-indago-roberto-mancini/ ) il poliziotto che scoprì la terra dei fuochi. Oggi è totalmente dimenticato, tranne per qualche “santino social” il giorno della sua morte mentre uno dei protagonisti della stagione del cedimento alla camorra di inizio anni duemila è salito sempre più al vertice della nazione (parafrasando Pippo Fava). Lo ha denunciato, quasi in solitaria, oltre un mese fa Nello Trocchia, coraggioso giornalista campano autore in questi anni di tante documentate inchieste contro le mafie, il malaffare e la malapolitica. L’unico movimento politico che ha preso posizione duramente a livello nazionale dopo la sua denuncia è stato Azione Civile di Antonio Ingroia. E c’è poco da commentare o aggiungere. «In quei mesi del 2003, quando (tanto per cambiare) si cercavano affannosamente fosse e buchi nei quali depositare i rifiuti che si accumulavano nelle strade napoletane, che gli uomini dello Stato incontrarono la camorra. … scesero a patti con un gruppetto di imprenditori in odor di mafia … Le discariche c’erano, erano piuttosto illegali … Fu in quella giornata – era primavera – del 2003 che il destino di Villa Literno, e delle vicinissime Giugliano e Parete, fu definitivamente segnato» (Rosaria Capacchione, Il Mattino, 2011). «Una lista lunga, quasi interminabile, di santi in paradiso e di segnalati che danno la misura di cosa sia stato effettivamente il Commissariato: un luogo di spartizione, di spesa allegra, un eldorado di spreco e inefficienza» (Nello Trocchia, Tommaso Sodano, La Peste, 2010).
«Venti notizie Ventun’ingiustizie
e lo Stato che fa?
Si costerna, s’indigna, s’impegna
poi getta la spugna con gran dignità» (Don Raffè)
Come sta accadendo per Giulio Regeni, Patrick Zaky e Mario Paciolla, sulla guerra in Yemen, nella conferma degli accordi con i trafficanti e i mafiosi libici e in tutta la legislazione italiana contro i migranti a partire dai Cpt delle leggi Turco-Napolitano e Bossi-Fini fino ai CAS dell’emergenza nord Africa di Maroni, la persecuzione militare e politica dei curdi in Turchia e l’elenco potrebbe essere lunghissimo.
Crêuza de mä è la voce degli ultimi, degli sconfitti, degli emarginati, dei vinti, degli oppressi, delle vittime
La canzone Crêuza de mä fu pubblicata nel 1984 nell’album omonimo realizzato da Faber con Mauro Pagani ed interamente in lingua ligure. Le altre canzoni sono Jamin-a, Sidún, Sinán Capudán Pasciá, ‘Â pittima, ‘Â duménega, D’ä mæ riva. Sidún è Sidone, in Libano, e denuncia il massacro dei civili durante la guerra che devastò il Paese a partire dal 1975, gli anni del massacro di Sabra e Chatila, di traffici di armi e non solo che hanno alimentato la guerra, di una politica incapace di difendere i più deboli in nome degli interessi militari, delle cancellerie, dei potentati e delle cancellerie. Pensiamo ai tantissimi teatri di guerra odierni, alle armi che (nonostante la legge del 1990) partono dall’Italia, dai massacri ed occupazioni militari che avvengono anche per l’ignavia, la compromissione e gli affari italici con avallo di fatto di chi dovremmo considerare nostri governanti. ‘Â duménega vede al centro, come in tante canzoni di Faber, le prostitute, tra le più emarginate di una società ipocrita e perbenista, e alla concessione di una sola passeggiata la domenica. La distanza tra come cantava Faber gli ultimi, gli emarginati, le vittime della società, i vinti e gli egemoni “poteri di questo mondo” (come li definì colui che Faber definì “il più grande rivoluzionario della storia”), le disuguaglianze, ingiustizie, oppressioni ed iniquità svelatesi anche in questi mesi di pandemia, chi lucra e chi è vittima del sistema economico, politico e sociale, le mafie e i comitati d’affari che dominano
https://www.wordnews.it/de-andre-e-la-denuncia-della-borghesia-mafiosa
https://www.peacelink.it/cultura/a/45160.html
“Certo bisogna farne di strada
da una ginnastica d’obbedienza
fino ad un gesto molto più umano
che ti dia il senso della violenza
però bisogna farne altrettanta
per diventare così coglioni
da non riuscire più a capire
che non ci sono poteri buoni”
“Quello che io penso sia utile è di avere il governo il più vicino possibile a me e lo Stato, se proprio non se ne può fare a meno, il più lontano possibile dai coglioni”.
https://www.pressenza.com/it/2020/08/perche-faber-stride-con-quella-cerimonia/
https://www.peacelink.it/sociale/a/47909.html
Pessima stonatura, in effetti. Purtroppo De Andrè paga il suo essere un figlio di Genova, nonostante le molte canzoni contro i poteri corrotti e coloro che li hanno voluti e avallati. Chi ha pensato di usare Faber, di certo ha avuto un macabro senso dell’umorismo, visto che il ponte crollato è l’ennesima prova del mal governo che ha consegnato troppe cose nelle mani dei fraudolenti Benetton. E non dobbiamo dimenticare quanto i Benetton hanno contribuito sempre di più al disfacimento del mondo del lavoro attraverso l’annientamento dei diritti dei lavoratori.
In effetti stride ascoltare De Andrè, accostato alla retorica neo nazifascista degli attuali poteri forti, direi uno stridore ironico come solo De Andrè sapeva fare, un pò come quella canzoncina che più o meno faceva “frustando il cavallo come un ciuco, tra il glicine e il sambuco, il re si dileguò”… e anche questi re si dileguano nella retorica, nascondendo mafia e reali poteri sotto il tappeto. Credo che Faber se la stia ridendo di gusto, essendo stato preso come colonna sonora dell’ennesimo vilipendio all’ italiana.