Post-Scriptum
i versi di Michele Licheri
POST-SCRIPTUM
Luce che risali a me immensamente
luce fuoriuscita dal tunnel vorticosamente
luce del big-bang terrestre scintillante
kosmiko asimmetrico cromosomico splendente
creazionale
molecolare
luce dell’Africa-Mater generante
luce dell’umana specie partoriente
in marcia e in ogni-dove
dinamica anima-mundi
ben oltre il lembo indio-cino-orientale
luce dell’umano seme germinale
luce luminosissima luce lucente cognitiva
luce dell’anima & del corpo
luce della psikè creativa della mente
luce della memoria & del presente
eterno ritorno dell’uguale
banalità del male
quiete sepolcrale
luce diseguale
luce spumante
fluente & sensuale
misterica & magica luce della città di Luxor universale
vessilli dei popoli del mare
striata luce stellare boreale
zoroastrica luce epifaniale
sciamanica luce della ziqqurat sacrale
mongola ugrofinnika siberiaka celtica & lakota
del popolo di Manitoba
meticciato con la marineria d’ Europa
o trasvolato altrove
oceanico
in groppa a una luce australe
febbrilmente epocale
luce della trasformazione verso lo spazio siderale
luce sensibile della forza della passione dell’amore
luce lux lucis lucente
o dell’angosciato approdo dopo il fortunale
luce dell’anima scossa transitante
attrazione della mediatica crocifissione
in cui scopro il dolore d’un popolo migrante
vulnerabile luce dell’apolide al bivio del nulla
al sorgere del sole
o rossa luce nella luna dell’abbrivio
fu della fuga o della caparbia inestinguibile speranza?
buio della s/ragione o luce della ragione
magica ebbra luce musicale
che mai sarebbe il divenire privo di nota memoriale?
fu un gusto un profumo un volto
a rinsaldare le radici
o una brezza leggera sugli spazi dell’infanzia
fu un orizzonte & luce
quell’indimenticabile luce.
luce della poesia del canto dello spartito dell’orchestra
che allinea trasvolatori e piloti interpreti del pentagramma
dove la melodia può traversare mari di galassie
& in ordine rientrare anche in una contromelodia
ma chi sono queste anime del jazz
che ritmano l’infinito oltre la siepe
& melodizzano il sorriso gitano di una maga di flamenko?
chi mai orchestrò l’incontro diplofoniko della fraternità?
tengono insieme danzanti cherokee e ballerini di tango
son disponibili al viaggio
& così è.
a bordo dell’aquila regale si sottoscrisse un patto
ridefinendo il comparto dei tabù
sulle ali del vento si scandagliava il non detto
e fu luce a fuoriuscire dal remoto mentale
sia benedetta la luce arricchente dell’amico
la sua diversità
“chi sei dove vai che fai”
mai domandai per caso
solo per condividere il mistero & il fare.
& misericordia avrei auspicato piuttosto che il conflitto armato
e il dare comunardo della condivisione
al posto della persistente spoliazione.
ma altro fu il destino
& così vagammo da odissei
di meta in meta di terra in terra
di alba in tramonto
percorrendo
astrali vie nuragiche
alla ricerca del vero
sulle rotte degli astronauti
& pausando
forse
alla mensa di Bisanzio
un bel dì splendente
prima della caduta dell’impero
per assaporare frutti & pietanze venate d’un sapore
di rosso capsico & di anice
inebriati
da una luce di mezzo
tra l’oriente & l’occidente
in cui la sera fu preda delle fiamme
& l’anima ostaggio del naufragio
sinché al livore cerebrale seguì l’aurora
& un nuovo giorno si manifestò fulgente.
luce lux lucis lughente
luce del sorgere o dell’occidente
tersa luce del settentrione fendente
nel vento pungente di tramontana o di grecale
intensa luce del mezzogiorno ardente
o di opaca luce stanca sabbiosa sciroccale
limpida e sincera è la luce dello zenit & del nadir
ventosamente mulinante la forza libecciale
che incrocia l’eco d’una memoria insonne
a cui risponde un arbore frusciante
o un corto respiro di fuggiasco ansante.
frasche ondeggianti & torte
l’onda che sciaborda turbinante
frangente vorticante spumeggiante
luce tra le ombre in forma di invocante
che Caravaggio scellerato braccato infonde
prima dei lidi della fine
& tra le coste scosse corsare navi corse
quale il valore delle borse?
Saccheggio o riscossa o fuga nella notte oscura?
Voce
voce
vox
vox populi vox
nel mantra del Cantico Dei Cantici
qual voce acquietante & significante
sotto la lunare infarinata
in risposta alla verbosa insignificante epoca del dire
cicaleccio del fare
spettacolando
di sagra in sagra
di piazza in piazza
squalificando il consenso
in nome di che
se non del total-nulla
sotto la grandine stellare
là dove veleggia Simbad dell’illusione
che dalle terzine dei roghi dei gironi
evocante
espiante
approda
tra i graniti e le sugherete di Gallura
&
i lecceti e i pini della fresca Ghisonaccia.
Là scopro l’arketipo megalitico del fratello silente
dall’accordata voce
che impugna lo scalpello della nuova era forgiante.
Kompagno salmodiante
dimmi di quella poesia dell’acque
che fa di me un cittadino
& non ancora uno straniero
tra galleggianti bare
cantami del mare australe
o delle tempeste acquose che sommuovono il Pacifico
parlami di quelle isole coralle
dove cresce l’albero del pane
dove il pittore dipingeva creature sensuali & non corrotte
dalle abbondanti forme tra le palme
& un selvatico fiore tra le brune chiome.
Io vedo le stelle schizzare scintillanti sul caporosso
del monte Ulhuru
capitale d’Australia
& ascolto l’incedere catartico & sacrale di aborigeni sul bush
che insieme all’anima olimpica di Norman Freeman
si recano a colloquio dalla Madre Terra.
resistettero alla ferocia del conquistatore
stragista
saccheggiatore
delatore
in loro pulsa lo spirito ancestrale d’una dinamica visione
una caparbia sapienza sconosciuta ai più
& non erigono confini
redigono equilibri
parti di un tutto
intorno alla pira ardente
dove i dionisiaci
incontrano i maori
o forse i variopinti popoli di polinesia
o gl’incas o ancora i maya
o perché non i gallici clan
o gli ungarici
gli slavi o gli scandinavi
i milongheri gauchos
i latini i greco-ortodossi i turky
i berberi i mandinga i pool
gli swahili i meru i masai i nandi
i cinonipponicicoreani et i siberiani
et altre infinite umanità
prima di essere cancellati o espulsi
dalla terra di origine
“fratelli della progettualità meticcia”
et essere proiettati nel ciclo-consumo dell’immagine
che porta al vortice disfacente iper-cellulare
all’uso corruttivo del corpo & della mente
avvelenata dalla psikotropia sociale
dove la politica è potere
che vuole un popolo di allucinati
‘sì da farli dannati
per meglio pronarli & tostamente rullarli & rottamarli od inchiodarli.
Luce luce lux luminosissima luce rilucente lux
della rinascita o dell’avvento
bel sol dell’avvenire
luce esplodente
luce fondente
luce comune
non più scannati
non più dannati
non più sfruttati
solo frutto del mondo
rivendico la luce
la luce d’un alba
generante
edificante ancora
ancora
ancora
e sia
NOTA PER CHI IL SABATO SERA CERCA POESIA IN “BOTTEGA”
Di solito il sabato alle 22 qui regna “cicala”. Ma anche lei (che sceglie ogni settimana fra le ultime poesie inviate quella da regalare alla “bottega”) ogni tanto si riposa. E allora per qualche settimana sarò io a sceglierere qualcosa. Meglio precisare: non sono il mio omonimo che è anche poeta oltre che “fumettaro”. [db]
ecco .. ecco la poesia che si fa luce di luce .. luce di terra luce di cielo di acqua .. luce di carne di popolo .. di popoli .. di riscatto .. atto di lotta .. un bellisssimo blues che solca il mare .. dall’aspra stupenda Sardegna .. un canto .. un canto .. ci culla .. ci agita ..
Grazie .. Michele in questo tuo canto ci accompagniamo .. oltre questi tempi pandemici …………..