Potere soffice

di Maria G. Di Rienzo

” Amica mia, me stessa, sciocca:  / sei rimasta in piedi / con una candela accesa / per cinque anni / nella pioggia? /  A che pro? / Credo per dimostrare / che una candela può continuare ad ardere / in mezzo alla pioggia”.  Ursula K. Le Guin (“Candle vigil”)

Ho aspettato. Ho letto tutto, ma era come rileggere un libro vecchio: “non dobbiamo dividerci/dividerli in buoni e cattivi”, “la giusta rabbia dei proletari” (sì, fra cui il figlio di un funzionario della Banca d’Italia che frequenta un’università privata e i cui eroi sono Hitler e Cicciolina), penosissimi distinguo fra le sfumature e i gradi della violenza, l’estetica che prevede il guerriero spaccavetrine e la dolce fanciulla in lacrime. Ho riflettuto. Ho aspettato un altro poco. Ed ecco cosa penso: si continui pure a non vedere, a non ascoltare e a non imparare niente. Si continui, a macerie fatte, a discutere in toni aulici e sprezzanti, e a prescriversi reciprocamente letture impegnate: come mi disse un “compagno” negli anni ’70, che parlavo a fare se non avevo letto Focault? (In realtà lo avevo letto, ma non c’entrava un beato piffero).

Nessuno cambierà una virgola di questo mondo se non vuole per primo cambiare di una virgola egli stesso o ella stessa. Perché lasciare che la realtà intacchi degli ottimi pregiudizi? Se hanno funzionato da Genova 2001 a Roma 2011 vedrete che funzioneranno per  l’eventuale Torino, Milano, ecc. 2021. Perché aprire gli occhi quando la cecità del non fare attenzione permette così facilmente di essere concentrati e risoluti, e rispettati e riveriti – e ossessivamente ripostati – nei gruppi di riferimento? Quindi, andate avanti e crogiolatevi nei vostri cinque minuti di fama: il flash oggi dura meno di quanto Warhol avesse previsto. A voi non ho niente da dire.

Ma per chi dubita o per chi riesce a vedere un più lontano del proprio naso, o del proprio ombelico, vorrei condividere quanto Roi Ben-Yehuda e Peter T. Coleman scrivono sull’Huffington Post del 20 ottobre scorso (mia la traduzione e l’adattamento).

La vicenda di Gbowee (la donna liberiana insignita del Premio Nobel per la Pace, ndt) ci fornisce un gran numero di indizi su cosa un’efficace costruzione di pace necessiti. Abbiamo infine messo insieme alcune “lezioni chiave” che crediamo abbiano valore generale e possano essere applicate ad altri conflitti distruttivi presenti nel mondo.

Lezione numero 1: Le donne sono la parte mancante della storia.

Prima del film “Pray The Devil Back To Hell” – che documenta il ruolo di Gbowee e del movimento  delle donne liberiane per la pace – i media in genere affrontavano il soggetto donne nella guerra liberiana dalla prospettiva della vittima: era la storia delle donne stuprate ed abusate da ambo le parti in conflitto. Da questo punto di vista, l’agire delle donne era registrato solo come l’equivalente dell’avere il coraggio di testimoniare gli abusi. Mancante dalla narrazione era il modo in cui le donne diventavano attrici significative dando forma alla direzione in cui la storia frantumata del loro paese doveva andare; il modo in cui le liberiane si sono mobilitate, hanno attraversato confini religiosi, ed hanno detto la verità al potere in modo nonviolento. Gbowee era alla guida, ma non era da sola. Che i media internazionali non raccontassero questa storia era un fatto curioso: soprattutto perché in Liberia è assai ben conosciuta. I reportage erano congruenti con la percezione che il conflitto e la costruzione di pace siano dominio degli uomini. Coloro che detengono il cosiddetto “potere duro” – autorità politica, benessere economico, armi e forza fisica – devono prendere le decisioni importanti che riguardano la guerra e la pace. E ottengono copertura mediatica e seguaci. Pure, la storia del movimento delle donne in Liberia ci mostra come tale prospettiva inganni la nostra percezione e la nostra comprensione del mondo, ci ricorda di controllare ciò che diamo per scontato e di ampliare le nostre prospettive.

Lezione numero 2: Impiegare il “potere soffice”.

Nell’esaminare i successi del movimento delle donne per la pace, dobbiamo anche chiederci: “Perché ha funzionato?” In che modo queste donne, armate solo di magliette bianche e convinzione, sono state capaci di effettuare il cambiamento? Parte della risposta sta nell’uso non minaccioso del potere detenuto da Gbowee e dal suo movimento: ciò che gli studiosi chiamano “potere soffice”.

Si tratta della capacità di influenzare i risultati basandosi sull’autorità morale delle persone, sul loro intelletto, sulla fiducia che si può avere in loro, sul loro carisma, sulla loro saggezza, sul loro calore umano e sulla loro gentilezza. A differenza del “potere duro”, il “potere soffice” tende a crescere ed espandersi quando è condiviso e spesso si sviluppa cooperando con altri. Quelle che venivano dalle chiese e dalle moschee, rappresentando archetipi di nutrimento spirituale ed emotivo, si sono impresse nella coscienza di tutti coloro che erano coinvolti.

Un altro fattore di successo è stato il modo in cui il movimento delle donne ha iniettato un elemento sorpresa in un sistema rigido. I tempi di guerra, anche se caotici, sono sovente tempi prevedibili: i pensieri, le emozioni ed i comportamenti delle persone sono spinti in particolari direzioni distruttive, si formano schemi di aggressione e vittimizzazione. Ogni senso di complessità ed ogni diversità collassano nell’ultra coerente “noi contro di loro” di una narrazione polarizzante. E spesso i pacifisti diventano solo un’altra componente del discorso di guerra. Gbowee ed il movimento delle donne hanno rotto questo schema. Lo hanno fatto portando nella sfera pubblica e politica persone – madri, nonne, zie – che rappresentavano in se stesse valori di connessione e cura. Lo hanno fatto unendo cristiane e musulmane, capendo che per una pallottola la tua fede non fa differenza. Lo hanno fatto organizzando proteste nonviolente dirette allo stesso tempo a svergognare ed a raggiungere i cuori di quelli che erano responsabili della guerra. Lo hanno fatto orchestrando uno sciopero del sesso ed usando i loro corpi per barricare i signori della guerra e i rappresentanti del governo nello stesso edificio fino a che non avessero negoziato la fine del conflitto.

Nulla di tutto ciò ha senso nel discorso di guerra. Le donne hanno invece prodotto una rottura in esso. Per esempio, quando si accamparono nell’edificio in cui si tenevano i negoziati, Gbowee e le altre furono minacciate di arresto dalla polizia e di violenza fisica dai signori della guerra. In risposta, la futura Premio Nobel per la Pace cominciò a togliersi i vestiti, sfidando chiunque a metterle una mano addosso: in molte culture africane è considerata una maledizione vedere una donna sposata o anziana che intenzionalmente si scopre. Come un signore della guerra ha riflettuto poi: “Cerchi di immaginare cosa condurrebbe tua madre a fare una cosa del genere, spogliarsi, offrirsi di gettar via financo l’ultima briciola della sua dignità in questo modo. Quando le donne fecero così, non ci fu uomo nella stanza che non chiedesse a se stesso, al di là di quel che aveva fatto durante il conflitto: Come siamo arrivati a questo punto?“

Lezione numero tre: Adattamento = sostenibilità.

Un’altra lezione che si impara da Gbowee e dal suo movimento è l’importanza dell’adattamento. Le donne imparavano e si adattavano, riformando la loro presenza e le loro tecniche mano a mano che procedevano. Si sono mosse dal chiedere i colloqui al chiedere negoziazioni e intese. Hanno assistito i peacekeepers delle Nazioni Unite. Hanno organizzato l’implementazione degli accordi in ogni singolo villaggio. Persino oggi, sono pronte a mobilitarsi presentandosene la necessità.

Lezione numero quattro: Date una possibilità alle donne.

E’ impossibile guardare a questa storia e non chiedersi se le donne siano il fattore mancante per la costruzione di pace in tutto il mondo. Sebbene sia vero che molte volte le donne entrano nei centri del potere tradizionale imitando e perpetuando il discorso militaristico dominante, la storia sta cominciando a mostrarci che quando possono entrarvi con i propri termini, le donne parlano ed agiscono per la pace con voce differente. La decisione del Comitato per il Nobel di celebrare il ruolo delle donne nel costruire la pace fa quindi molto di più che onorare queste straordinarie eroine: ci risveglia rispetto al potere delle donne ovunque di trasformare e sostenere un pianeta pacifico.” 

UNA PICCOLA NOTA SU UN MIO ERRORE

Pensavo di aver messo venerdì sera (il 23 ottobre) questo e dunque il giorno dopo l’intervento “db + 4” rimandava ad alcuni passaggi di ciò che Maria ha scritto qui. Per un mio errore materiale il testo è rimasto fra le “bozze”… me ne scuso e lo reinserisco là dove avrebbe dovuto essere, tanto per non incasinare ulteriormente la cronologia. Kronos, sta a cuccia oppure dopo non ti faccio giocare con Bulova e con la danza delle ore (db)

 

 

Redazione
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2 commenti

  • bello questo articolo, ha aperto una visuale nuova, interessante e giusta; e bella pure la definizione di potere soffice

  • ginodicostanzo

    Quindi le guerre si fermano con un “approccio” particolare proprio della natura femminile… visto che si sono citati gli scontri di Roma, sarebbe bastato mandare un certo tipo di donne in testa al corteo e il governo avrebbe rinunciato a tartassare gli italiani, magari si sarebbe pure dimesso… e con le guerre non c’entrano nulla le risorse energetiche, le materie prime, le questioni geo-strategico-militari, le politiche finanziarie… insomma liberismo e capitalismo non c’entrano nulla, sono frutto della protervia maschile che le donne, se ben organizzate e determinate, possono sconfiggere in qualsiasi momento e senza violenza… cioè la pace sarebbe questione di umanità recuperata e la guerra non sarebbe il risultato di contingenze storiche materiali, e non si fermerebbe la guerra abbattendo il sistema che quelle contingenze storiche ha generato, abbiamo solo dimenticato “come si fa”, smarrito la strada maestra della non-violenza e dei sentimenti umani… basta recuperarla… et voilà! la pace è fatta. Donne-uomini… io so di donne ferocissime, che superano di gran lunga i livelli di aggressività maschile, e approvano e fanno guerre quotidiane in continuazione, anche guerre vere… e torturano anche prigionieri uomini nelle carceri militari…
    Donne-uomini… siamo ancora a questi parametri di lettura della realtà? Allora auguri a tutti noi…

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