Povertà: Roma sopra la media nazionale
di Gianluca Cicinelli
Come ogni anno il V rapporto della Caritas sulla povertà a Roma, capitale di uno dei Paesi che fanno parte del G7, mette a nudo una realtà che non soltanto la politica ma anche i nostri concittadini preferiscono ignorare. I dati sono più gravi di quelli nazionali, ma su tutto spicca il problema della mancanza di una rete di soccorso, nè istituzionale nè familiare: il 45% dei romani vive da solo. La pandemia ha aggravato una situazione di povertà già pesante, ma non è l’unico fattore peggiorativo. Secondo i dati Istat il 9,4% dell’intera popolazione, pari a 5 milioni e 600mila, vive in povertà assoluta con un incremento di circa 2 punti percentuali rispetto al 2019. Ma non si tratta sempre di persone senza lavoro, semmai sottopagate e precarie. Se la fascia di età 60-74 anni è nella media nazionale con un reddito medio di 31.781 euro annui, la fascia di età giovanile fino a 29 anni non arriva a 10.000 euro annui. Il 41,1% dei cittadini ha un reddito individuale pari o inferiore a 15.000 euro mentre il 2,4% della popolazione romana può contare su redditi individuali superiori a 100.000 euro, pari al 18% del totale del reddito cittadino. Quindi non è aumentata soltanto la povertà ma la forbice della disuguaglianza. E mentre Roma attende di sapere come verranno spesi i 4,6 miliardi previsti nel Pnrr, i romani a rischio povertà – come abbiamo visto – sono uno su sette a fronte della media nazionale di 1 su 10.
Il 21% dei romani ha contratti a termine da più di 5 anni, il 13,5% ha uno stipendio inferiore ai due terzi di quello medio (Milano è al 12,5%, Bologna 11,5%, Genova 10,9%, Firenze 8,3%, Torino 8,1%). Il 13,8% dei lavoratori di Roma, contro una media delle città citate dell’11,7% ha contratti part-time imposti.
La nazionalità rappresenta un ulteriore elemento di svantaggio poiché comparando i redditi medi procapite nel caso dei cittadini italiani risultano pari a 27.633 euro, mentre nel caso di persone straniere cala a 14.458, la metà.