Predappio, apologia di fascismo (e altro): l’ANPI denuncia
di Carla Nespolo
Alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Forlì
Atto di denuncia-querela
La sottoscritta Carla Nespolo, nata a Novara il 4 marzo 1943, nella sua qualità di Presidente nazionale pro tempore dell’ANPI (Associazione nazionale partigiani d’Italia) Ente morale, con sede in Roma, via degli Scipioni 271, nominata con delibera del Comitato nazionale ai sensi dell’articolo 5 dello Statuto dell’A.N.P.I. (approvato con d. l. 5 aprile 1945 e succ. mod.), espone quanto segue.
In data 10 ottobre 2018, l’A.N.P.I. trasmetteva una comunicazione al Prefetto e al Questore di Forlì e al Sindaco di Predappio con la quale chiedeva che venisse vietata dal Prefetto la celebrazione dell’anniversario della marcia su Roma a Predappio prevista per il 28 ottobre 2018, in quanto la stessa avrebbe prestato il fianco alla realizzazione di molteplici reati.
La manifestazione è stata, ciò non di meno, autorizzata e ha – come previsto – rappresentato l’occasione per una rievocazione criminale del fascismo: dalle divise al saluto romano, è stato tutto un celebrare il ventennio, in spregio della barbarie che esso ha rappresentato.
È sufficiente esaminare i video pubblicati sui siti dei giornali maggiormente diffusi (particolarmente significativo quello presente sull’edizione on-line de “Il fatto quotidiano”) per verificare come serpeggi chiaramente tra i manifestanti il desiderio di un ritorno al passato, espresso chiaramente nella frase “Mussolini rappresenta il futuro”. Non meno preoccupanti le aspirazioni degli stessi di un recupero dei tempi che furono attraverso le speranze riposte aggressivamente in movimenti politici (come Casapound) che agli ideali fascisti si conformano.
Se la manifestazione è stata di per sé inquietante, particolarmente gravi sono apparsi due episodi. Durante il raduno è stato portato a celebrare Mussolini un ragazzino, evidentemente incoraggiato dalla madre ad indossare la divisa dei Balilla e che ripeteva ossessivamente quanto la mamma andava dicendo ai cronisti. Segnale inequivocabile del fatto che, in un momento di completa perdita dei valori, anche la gioventù è educata all’odio.
Non meno terrificante l’immagine di Selene Ticchi D’Urso, candidata nel 2017 a Budrio quale sindaco, che alla celebrazione di Predappio indossava una maglietta con la scritta “Aushwitzland”: l’interessata, che peraltro non era la sola ad esibire quella disgustosa figura, ha ironizzato sul fatto che si trattasse di una scelta mossa da humor nero. E, invece, trattasi chiaramente di una sprezzante istigazione all’odio razziale, peraltro in un momento pericolosissimo di forte tensione sociale.
Insomma, l’ennesimo corteo di camerati in camicia nera che espongono simboli dell’odio (svastiche, fasci littori o celtica) e porgono, con fare osannante, il saluto romano al sacrario di Benito Mussolini, unito agli episodi più compiutamente sopra descritti, rappresenta una evidente violazione della XII disposizione di attuazione della Carta costituzionale che vieta la ricostruzione del partito fascista.
La legge Scelba e la legge Mancino sanzionano l’apologia del fascismo quando apologia vuol dire esaltazione del regime, esaltazione dei princìpi, delle figure che al fascismo hanno fatto riferimento. L’articolo 4 legge 20 giugno 1952, n. 645, infatti, punisce «chi pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo».
La manifestazione che si è svolta a Predappio il 28 ottobre 2018 è senza dubbio alcuno apologia del fascismo.
Né si può affermare che la celebrazione della marcia su Roma sia una forma di manifestazione del pensiero, posto che anche la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha in più di un’occasione affermato che in base all’art. 10 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo, taluni diritti si possano anche comprimere nel momento in cui non sono conformi ai princìpi generali dell’ordinamento costituzionale dei vari Paesi.
Allo stesso tempo, la celebrazione della marcia sua Roma integra altresì gli estremi del reato di apologia di delitto, di cui all’art. 414 comma 3 c. p. La giurisprudenza di legittimità, infatti, ha affermato che l’elemento oggettivo di tale fattispecie «consiste nella rievocazione pubblica di un episodio criminoso diretta e idonea a provocare la violazione delle norme penali» (Cassazione, sezione I, 17 novembre 1997, Gizzo, in C.e.d. Cass. n. 209140). Poiché è indubitabile che la figura di Mussolini rievochi ed esalti i metodi fascisti, la sua celebrazione è certamente interpretabile come apologia dei reati commessi nel ventennio fascista.
Inoltre, in considerazione dell’evento programmato, si possono profilare altresì gli estremi del reato di cui all’art. 2 d. l. 26 aprile 1993, n. 122 (con riferimento all’art. 3 l. 13 ottobre 1975, n. 654). La norma, infatti, punisce «chiunque, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi» che abbiano tra i loro scopi «l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali o etnici». Essendo indiscutibile che il fascismo era fondato sull’odio razziale, celebrare un suo esponente nell’ambito di un evento pubblico integra la fattispecie in parola.
A tal fine va considerato che, proprio di recente, il Tribunale di Tivoli ha condannato per il reato previsto dall’art. 4 l. n. 205 del 1993 gli amministratori del Comune di Affile per aver innalzato e inaugurato un sacrario in ricordo di Rodolfo Graziani, implacabile e feroce colonialista e razzista, aderente alle leggi razziali, ministro e partecipe della RSI. Esiste, dunque, un precedente importante e attuale con il quale comportamenti come quelli verificatisi a Predappio sono stati stigmatizzati.
Inoltre, nella cerimonia descritta, non si può disconoscere il pericolo per la tenuta delle istituzioni democratiche, emergendo la volontà negli agenti di suscitare consensi alla loro attività neofascista, e quindi di diffondere concezioni favorevoli alla ricostituzione di organizzazioni fasciste (Cass., sez. I, 4 ottobre 19082, Loi,, in C.e.d. Cass. n. 156667).
Tutto quanto sopra premesso e considerato, la sottoscritta propone con il presente atto
DENUNCIA-QUERELA
nei confronti di Selene Ticchi D’Urso e di tutti coloro che hanno partecipato alla cerimonia di Predappio del 28 ottobre 2018 (ovvero che non l’hanno impedita), dei quali si chiede l’identificazione, per i reati di cui agli articoli 4 l. 20 giugno 1952, n. 645, 414 comma 3 c.p., 2 d.l. 26 aprile 1993, n. 122 (con riferimento all’art. 3 l. 13 ottobre 1975, n. 654), 604-bis c.p. e per qualsiasi altro reato che la S.V. vorrà ritenere integrato dai fatti sopra illustrati.
Chiede di essere informata di un’eventuale richiesta di archiviazione ai sensi dell’art. 408 comma 2 c.p.p. e di un’eventuale richiesta di proroga delle indagini preliminari ai sensi dell’art. 406 comma 3 c.p.p.
Con riserva di costituirsi parte civile, indicare testi e depositare ulteriore documentazione.
Carla Nespolo – Presidente nazionale ANPI
7 novembre 2018
Insisto e mi ripeto: è uno dei miei discorsi ricorrenti. Perché non sono mai state applicate le leggi contro il nazifascismo?
Un militante del vecchio Pci mi disse che il suo partito rimase con le mani in mano perché, se fosse stato messo fuori legge il Movimento sociale italiano, la Democrazia cristiana si sarebbe spostata ancora più a destra.
Vi lascio il piacere del commento.
Non avrei mai immaginato che saremmo precipitati in una situazione del genere. E dire che sono preoccupato è dire poco.
(dall’estero) Buongiorno. Quanto ricercatore mi sembra di poter rispondere alla tua domanda : se non sono mai state applicate le leggi contro il nazifascismo è per la ragione che la sinistra non augurava di veder ricordata la vergogna senza fine che fu l’amnistia Togliatti del ’46.