Premi Oscar 2015. Patricia Arquette, l’America delle donne e la Giornata europea per la parità retributiva
di Santa Spanò
Patrizia Arquette alla notte degli Oscar infiamma la sala ed elettrizza Meryl Streep col suo appello: «Parità di retribuzione per tutte le donne!»
L’87ª edizione della cerimonia degli Oscar si è conclusa. Il 22 febbraio 2015 al Dolby Theatre di Los Angeles Birdman e la regia di Alejandro González Iñárritu ha vinto, ma a trascinare la platea quest’anno sono state le parole di Patricia Arquette. Nel discorso che ha pronunciato ritirando il premio per la Miglior attrice non protagonista per Boyhood, ha ringraziato «tutte le donne che hanno partorito, tutte le cittadine e le contribuenti di questa nazione: abbiamo combattuto per i diritti di tutti gli altri, adesso è ora di ottenere la parità di retribuzione una volta per tutte, e la parità di diritti per tutte le donne negli Stati Uniti».
È lei, com’è stata definita da molte testate, la regina della notte degli Oscar. Patricia Arquette 46 anni, una famiglia di attori, l’Alabama di Una vita al massimo tanto per citare una delle sue tante interpretazioni, premiata quest’anno come miglior attrice non protagonista per l’interpretazione di Olivia Evans, la madre di Mason in Boyhood del regista Richard Linklater, un film progetto, inconsueto, girato con lo stesso cast di attori nel corso di 12 anni a partire dal 2002, sul palco del Dolby Theatre ha sorpreso tutti con quella sua espressione d’incantata dolcezza.
Ha voluto ricordare all’America che «…le donne non hanno pari diritti negli Stati Uniti perché la Costituzione non è stata scritta pensando a loro…” », scatenando un tripudio di applausi e soprattutto l’appassionata reazione di Meryl Streep; nel suo discorso l’Arquette ha denunciato non solo la disparità di retribuzione per le donne in America, ma anche la condizione vissuta dalle donne anziane che sono spesso trascurate e sottopagate.
L’appello di Patricia Arquette è proseguito nel “dietro le quinte”: «È tempo per tutte le donne in America e tutti gli uomini che amano le donne e tutte le persone omosessuali, di colore, per cui abbiamo combattuto, di combattere ora per noi». La dichiarazione ha avuto larga eco sui social media suscitando le polemiche di alcuni gruppi femministi, LGBT e anti-razzismo che hanno definito l’attrice una “bianca privilegiata”. La risposta di “Patty” Arquette è stata immediata, sottolineando che il suo “privilegio” le consente di dare voce, di far brillare una luce, su tutte le donne che lavorano e che per decenni hanno chiesto aiuto. La stessa Hillary Clinton, candidata alla presidenza, durante un discorso tenuto alla conferenza su donne e tecnologia nella Silicon Valley (Watermark Silicon Valley Conference for Women), ha detto: «Penso che tutti abbiano applaudito il discorso di Patricia Arquette agli Oscar, perché ha ragione. È il momento (per le donne) di avere parità salariale».
E in Europa? Senza l’Academy Award stretto nel pugno, né paladine della celluloide è la Commissione europea a darci un quadro anche da noi poco edificante del divario retributivo di genere. Il salario orario medio lordo degli uomini e quello delle donne nell’intera economia dell’Unione, è rimasto quasi immutato negli ultimi anni e secondo le stime dello scorso anno la differenza è ancora del 16% circa. In pratica una donna per guadagnare quanto un uomo dovrebbe lavorare circa 60 giorni in più, questo significa che le donne in Europa lavorano 2 mesi a costo zero.
Viviane Reding, che ha ricoperto la carica di Vicepresidente della Commissione europea e Commissaria per la Giustizia, in una sua dichiarazione, ha affermato: «… La parità retributiva per uno stesso lavoro è un principio sancito dai trattati dell’Unione ed è giunto il momento, dopo anni di inazione, di farla diventare una realtà per le donne in Europa. La Commissione europea sta attualmente preparando un’iniziativa volta a favorire il cambiamento, in modo che nel prossimo futuro non ci sia più bisogno di una giornata per la parità retributiva…».
Il Belgio è stato il primo paese dell’UE ad avere organizzato nel 2005 una giornata per la parità retributiva, giunta alla sua quinta edizione, quest’anno sarà celebrata giovedì 26 febbraio, la città di Ravenna in occasione della Giornata europea per la parità retributiva ha in programma un convegno (qui), promosso dal Tavolo lavoro conciliazione e salute delle donne, dal titolo “Perché le donne guadagnano meno?”
L’Italia infatti, stando ad un rapporto pubblicato nel 2014 dal World Economic Forum, risulta al 129esimo posto per quanto concerne la parità salariale tra uomini e donne.
Sono trascorsi 70 anni dall’accordo tra operai e imprenditori siglato a Biella nel lontano 1944, passato alla storia come il “Contratto della montagna”, che prevedeva oltre alla parità salariale tra uomini e donne anche il diritto a lavorare 40 ore settimanali e alla maternità. Oggi da quella montagna siamo scesi!
Non solo le disparità salariali sono ancora presenti, ma al crescere del ruolo diminuisce la presenza delle donne, a parità di curriculum e capacità le scelte “dirigenziali” favoriscono gli uomini, quasi a voler ancora cementare l’immagine stereotipata del manager e della segretaria: guai a confondere i ruoli, sarebbe il caos! E non ci addentriamo sulla condizione spinosa delle lavoratrici madri, in quanto tali incompetenti.
Perché come scriveva Simone de Beauvoir, era il 1949, nel suo saggio Secondo sesso: «La donna? è semplicissimo…: è una matrice, un’ovaia; è una femmina: ciò basta a definirla.»
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Ah, Santa, quanta verità , quanta fatica, quanta strada ancora da fare. Grazie.
Diffondo in ogni dove.
Grazie Daniela, è che a volte si finge di non vedere. Hai ragione tantissima strada da fare e tutta in salita.