Presidenziali Cile: Michelle Bachelet verso la Moneda

di David Lifodi

Le elezioni presidenziali del prossimo 17 novembre in Cile saranno caratterizzate dalla sfida tra due donne con percorsi politici molto diversi: da un lato Michelle Bachelet, in corsa per Nueva Mayoría (la coalizione della Concertación appoggiata stavolta anche dal Partito Comunista), dall’altro Evelyn Matthei (Alianza por el Chile), candidata della destra. Si tratta di due esponenti dello stesso blocco di potere, come sostiene la sinistra rivoluzionaria, oppure la vittoria dell’una o dell’altra modificherà lo scenario politico cileno?

È certo che Michelle Bachelet, già alla guida del paese prima della parentesi di Sebastián Piñera alla Moneda, parte con i favori del pronostico. Alle primarie dello scorso 30 giugno la Michelle, come la chiamano i cileni, ha conquistato il 60% dei consensi degli oltre due milioni di elettori della Concertación che si sono recati alle urne. Probabilmente si è trattato di una conta interna al centrosinistra per misurare la forza di Michelle Bachelet rispetto agli altri concorrenti, il cui risultato è stato deludente come previsto. Del resto il suo principale sfidante, Claudio Orrego, proveniva da quell’ala democristiana che ormai è rimasta minoritaria all’interno della Concertación e che si è spostata, in larga maggioranza, a destra. Al contrario, le primarie dello schieramento di destra si sono rivelate un vero insuccesso per i due principali partiti della coalizione, l’Unión Demócrata Indipendiente (Udi) e Renovación Nacional. A sfidare Michelle Bachelet avrebbe dovuto essere Pablo Longueira, esponente di spicco dell’ancora filo-pinochettista Udi, ma a seguito della sua rinuncia dovuta a motivi di salute, il suo posto è stato preso da Evelyn Matthei, ministra del Lavoro del presidente uscente Piñera, tra le proteste di Renovación Nacional, che intendeva promuovere a candidato presidenziale il suo esponente Andrés Allamand, sconfitto da Longueira alle primarie, caratterizzate, tra l’altro, da un’affluenza inferiore agli 800mila elettori. La sinistra radicale cilena, soprattutto i miristas, sostengono che la competizione tra Bachelet e Matthei si inserisce comunque in un campo borghese e neoliberale. Sotto certi aspetti è difficile dar loro torto. Ad esempio, tra i nomi dello staff che cura la campagna elettorale di Michelle Bachelet troviamo Eduardo Engel, economista e ideatore del think thank Espacio Público, sostenitore di quell’estrazione mineraria responsabile dei maggiori conflitti ambientali sorti nel paese, ed editorialista del quotidiano La Tercera, dalle cui colonne scrive spesso articoli che gettano acqua sul fuoco delle proteste sociali. Ci sono poche differenze tra Eduardo Engel e Cristián Larroulet, anch’esso editorialista de La Tercera, ma braccio destro di Piñera e convintamente neoliberista. Difficilmente, ritiene il Mir (Movimiento Izquierda Revolucionaria), Bachelet metterà in discussione i capisaldi del capitalismo cilena, dal contestato sistema d’istruzione alla flessibilità dei diritti del lavoro, in cui crede un altro collaboratore della Bachelet, Andrea Repetto, economista del Mit. Inoltre, sotto la prima presidenza Bachelet, i diritti dei mapuche sono stati nel migliore dei casi ignorati, se non calpestati senza troppi problemi. La candidatura di Bachelet, in quanto figura carismatica, potrebbe servire a superare la disaffezione verso la Concertación del suo stesso elettorato, che non vede di buon occhio i legami del centrosinistra con i grandi gruppi economici a scapito della classe operaia, degli studenti e dei lavoratori. In un Parlamento in cui probabilmente la Concertación godrà di un’ampia maggioranza, argomenta ancora il Mir, Michelle Bachelet cercherà di intorpidire le proteste di strada o di cooptare i movimenti sociali nel suo governo. Dipende quale sarà l’orientamento delle organizzazioni popolari, a partire da alcuni ex dirigenti studenteschi che, esclusa Camila Vallejo (la giovane protagonista delle lotte degli studenti universitari adesso candidata tra le file del Partito Comunista), si sono avvicinati ai tanti candidati presidenziali della sinistra rivoluzionaria con delle possibilità di vittoria pari allo zero nel tentativo di trasformare in voti la forza del movimento studentesco. In ogni caso, sembra difficile che il movimento degli studenti, al pari delle tante organizzazioni impegnate a difendere quelle risorse naturali svendute alle multinazionali indistintamente dalla destra e dalla Concertación (e ad impedire la costruzione di nuove miniere e delle centrali idroelettriche), i campesinos e gli operai vengano addomesticati nel caso in cui Michelle Bachelet torni alla Moneda. Eppure la Michelle ed Evelyn Matthei non sono proprio uguali come le descrive il Mir, ed una vittoria della prima sarebbe comunque preferibile rispetto al disastroso mandato di Piñera e delle destre. Le due candidate hanno una storia politica molto diversa alle spalle. Michelle ed Evelyn si conoscono fin da bambine, poiché entrambi i padri furono generali della Fuerza Aérea Chilena, con la differenza che Alberto Bachelet ricoprì numerosi incarichi nel governo di Salvador Allende, mentre Fernando Matthei divenne un fedelissimo di Augusto Pinochet e, in qualità di generale della brigata aerea, ricoprì il ruolo di direttore dell’Academia de Guerra della stessa Fuerza Aérea Chilena quando vi fu deportato come prigioniero il padre di Michelle, che morì a seguito di torture atroci. Matthei assunse incarichi sempre più prestigiosi all’interno della giunta militare, quindi non sorprende che la figlia sia stata educata ai più rigidi principi conservatori, mentre per Michelle Bachelet si aprirono le porte del centro di detenzione e di tortura di Villa Grimaldi, uno dei peggiori di Santiago del Cile. I sondaggi accreditano alla ex presidenta circa il 35-40% dei voti al primo turno, ma la sorpresa viene da Marco Enríquez Ominami che nelle presidenziali del 2009 fu protagonista di un vero e proprio exploit e in vista del 17 novembre è dato tra il 12 e il 20%. Il Partido Progresista (Pro), che sostiene Ominami, si colloca a mezza via “tra la sinistra rivoluzionaria e quella intenzionata a mantenere lo status quo” e inizialmente non riscuoteva grandi favori, soprattutto perché il Partito Comunista, che lo aveva appoggiato nel 2009, adesso sta nella coalizione di centrosinistra, ma ultimamente è riuscito a far presa su una parte della sinistra cilena, punta al ballottaggio e polemizza spesso con Michelle Bachelet e la Concertación, ritenuta il simbolo di una sinistra “ricca e rampante”. Ominami ritiene che alla Bachelet manchi un programma elettorale volto a cambiare radicalmente le cose: nella regione metropolitana di Santiago del Cile i sondaggi danno il Partido Progresista come seconda forza del paese. Punta ad un ballottaggio tutto di destra anche Franco Parisi, candidato conservatore intenzionato ad estromettere Evelyn Matthei dall’eventuale seconda tornata elettorale. Decisamente staccati dai primi e con possibilità di vittoria pressoché nulle altri due candidati alla sinistra di Michelle Bachelet e fuori dal duopolio mediatico Concertación-Alianza por el Chile: Roxana Miranda (Partido Igualdad), a cui guarda la parte dei movimenti sociali che si riconosce nei sindacati di base, nell’ambientalismo militante e nei collettivi studenteschi, e Gustavo Ruz, giovane ministro di Salvador Allende all’epoca di Unidad Popular. Indecifrabile la posizione di Marcel Claude, funzionario di Pinochet durante il regime militare trasformatosi poi in militante socialista sotto la presidenza di Ricardo Lagos.

 

Probabilmente Michelle Bachelet tornerà alla Moneda, ma la sua vera sfida comincerà se e quando deciderà di ridurre le disparità sociali di uno dei paesi più diseguali dell’America Latina.

 

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