Pro Helvetia: di referendum, pizze…
… mozzarelle, banche e altro
di Marco Piras Keller
Che si debba sbattere per caso in un sito anticolonialista sardo (www.sardignalibera.net) per trovare un pezzo sull’ultimo referendum popolare in Svizzera del 3 marzo è un po’ curioso, visto che nei giornali italiani non ne ho trovato tracce, salvo in forma di notiziola qualunque. Eppure come evidenzia il pezzo dal linguaggio poco convenzionale, che incollo di seguito, a firma Nello Rubattu, si tratta di un qualcosa che dovrebbe dare molto da riflettere anche in Italia. Tanto più mi stupisce questa sbadataggine della stampa italiana, in tempi di attenzione ai costi e di prediche di tagli, e nel momento in cui, come rileva l’articolo, la protesta contro gli stipendi dei supermanager, oggetto del referendum, monta in mezza Europa o anche più che mezza, soprattutto in Germania e in Francia. Mezza Europa che guarda alla Svizzera quasi allo stesso modo in cui cittadini di mezza Europa guardano al Movimento di Grillo per trarne, forse, qualche ispirazione per i rispettivi Paesi. Che gli influssi grillotalpeschi – al di là del giudizio positivo o meno – stiano materializzandosi per l’Europa?
Ecco dunque il pezzo che, per alcuni aspetti, è diretto soprattutto al lettore sardo. Oltre questa introduzione mi permetto anche di aggiungere una coda.
Ogni tanto viene voglia di dire perché gli svizzeri non ci adottano. Ne viene voglia quando si sente che le revisioni della Costituzione possono essere portate avanti direttamente dai cittadini, basta un referendum e la maggioranza nei diversi cantoni che sono ventiquattro.
Dunque, è capitato che un deputato Thomas Minder, di destra (perché da quelle parti anche quelli di destra possono essere delle brave persone) si è incazzato perché i manager prendono dei super stipendi e delle grasse buonuscite. Questo, nonostante il fatto che anche nella felice Helvetia, ci siano problemi di stabilità.
Apriti cielo! Contro questa legge si sono ribellati tutti i partiti (compreso quello di Minder), gli amministratori pubblici e le società private, dicendo che non era giusto. Minder è andato avanti è ha proclamato ai quattro venti che si doveva pensare ad un tetto.
Gli svizzeri infatti non ce la facevano più e si erano girate le palle quando hanno letto che l’amministratore delegato della Swissair, un tal Croci, è andato via portandosi benefit per 12 milioni di franchi svizzeri, da una compagnia che nel 2001 ha portato i libri in tribunale; lo stesso è capitato all’UBS, la famosa banca svizzera che nonostante si trovasse in profondo rosso, ha distribuito ai suoi amministratori che se ne stavano andando 50 milioni di buona uscita.
A quel punto gli svizzeri hanno cominciato a dire che non era giusto e che se questa gente voleva prendere per il culo avevano sbagliato indirizzo. Così si è arrivati al referendum e la vittoria è stata schiacciante superando il 67% e raggiungendo punte bulgare in molti cantoni.
Soprattutto a molti ha stupito che proprio i cantoni, quello del Ticino e quello di Zurigo, sedi della finanza della confederazione, sono stati proprio i cantoni dove si è votato di più per il tetto.
Ora i “Gatti grassi”, come vengono chiamati i manager, dovranno preoccuparsi un po’ e sottoporsi ad una robusta dieta.
Perciò, dal gennaio del 2014, tutti i lor signori vedranno sottoposti i loro stipendi al giudizio degli azionisti che decideranno anno per anno quello che possono prendere.
Ma l’esito di questo referendum, sta preoccupando il resto dell’Europa: il dibattito sugli stipendi dei manager e sulle loro buonuscite è all’ordine del giorno in tutti i 27 (fra poco 28) stati dell’Unione europea. Tutti gli europei stanno chiedendo un minimo di risparmio e, soprattutto, una valutazione in base ai risultati conseguiti.
Contrari e incazzati neri si dimostrano in questo momento gli inglesi che, governo al completo e David Cameron, il primo ministro, in prima fila, hanno detto che con gli svizzeri non sono neanche per una sisinna d’accordo. E ha lanciato qualche segnale di guerra all’Unione europea dicendo che se per caso, qualche bella testa dovesse pensare a paletti per gli stipendi dei super manager loro – addirittura! – abbandonerebbero l’Unione. A quanto pare per Cameron le alte rendite dei manager sono una battaglia di civiltà! Addirittura di democrazia.
Adesso in Svizzera, associano Minder a Beppe Grillo e un po’ la stampa lo prende per il culo e un po’ l’approva.
Sta di fatto che i cittadini svizzeri, a differenza di quanto accade in Italia ma anche nel resto dell’Unione europea, hanno la possibilità di intervenire sulla loro Costituzione; e per cambiarla non hanno necessità di padri della patria e di accordi sottobanco. I cittadini sono quelli che decidono. Punto e basta.
Sarà stupido pensarlo, ma la Svizzera non ha il mare, noi sì, abbiamo sole e bel clima e loro no, terreno buono dove poter coltivare tutte le varietà mediterranee senza troppi sforzi e come loro una bella civiltà pastorale: addirittura in molti cantoni esistono carnevali che sembrano la fotocopia di quelli con i merdules e i mammuthones. Inoltre, se uno vuole parlare ladino lo può fare e la lingua dei Grigioni (che sono un mezzo cantone) è la quarta lingua della confederazione scritta persino sulla loro cartamoneta…e, soprattutto, nessuno si incazza se la gente decide sul proprio destino.
Domanda: Non è che si potrebbe chiedere la possibilità di fare parte della Confederazione Helvetica? Pensiamoci.
Nello Rubattu
Precisiamo che i Grigioni non sono un mezzo cantone ma un cantone intero (uno dei 26 cantoni svizzeri) plurilingue. E, semmai, diciamo che il ladino è lingua ufficiale nel Cantone Grigioni (una lingua parlata da circa 30mila individui, fortemente imparentata col ladino friulano, e che ha spazi ufficiali fissi nella televisione e nelle radio di Stato) e che per la Confederazione è lingua “nazionale” ma non ufficiale, in quanto ufficiali sono il tedesco, il francese e l’italiano. E, magari, informiamo chi non lo sapesse, che merdules e mamuthones sono maschere del carnevale sardo e che in Svizzera, come anche in altre culture, esistono maschere in tutto confrontabili con quelle sarde. Allo stesso modo che il formaggio coi vermi esiste in tutto il mondo e anche certi tipi di pane sardo e il filu ferru, e probabilmente anche l’accabbadòra ecc. Approfitto dell’occasione per dire che spesso si viene rinchiusi in un alone di colore e di folclore di “unicità” che cerca di farti sentire importante ed esotico per consolarti, magari, delle disgrazie vere, della miseria, della disintegrazione sociale di un territorio e via di seguito. Procedimento non tanto diverso, mutata mutandis, dalla folclorizzazione della Svizzera entro clichés utili per scoraggiare uno sguardo più attento su ciò che di interessante e magari da prendere ad esempio, può contenere in sé un Paese.
Mi interessa fare notare, sempre a commento del pezzo del connazionale Rubattu, che penso che anche in Italia ci siano persone di destra (intendendo: schierate in formazioni che hanno l’etichetta destra) che sono brave persone. Dacché vivo in Svizzera, io che mi etichetto di sinistra, mi capita di tanto in tanto di trovarmi a condividere le posizioni dei partiti di destra, piuttosto che quelle dei partiti di sinistra. Evidentemente la globalizzazione non ha ancora cancellato certe specificità territoriali-culturali-geografiche-storiche che fanno sì che concetti – che magari passano per essere assoluti – possano essere letti in maniera diversa in contesti diversi. Allo stesso modo che Oriente e Occidente sono nozioni relative e non assolute, salvo quando non si assumano dei punti fermi di riferimento. Non mi azzardo, in questa occasione, per tale strada. Per cui torno all’argomento dell’articolo di sopra.
Fino a che – lo ripeto quando posso – si continuerà a banalizzare la Svizzera e chiuderla in un’immagine esclusivamente di mucche, pascoli, paesaggi alpini, laghi, banche cattive, orologi e cioccolata, o comunque come esempio ora di cose positive ora negative ma sempre folclorizzate e banalizzate, si perderà l’occasione di vedere anche un qualche ulteriore aspetto interessante di questo Stato e di questa società che, forse, varrebbe la pena di valutare obiettivamente, per quanto possibile: che so, una storia federalista che ha ormai sette secoli, l’assenza di partecipazione a guerre da tanti secoli, per quanto discretamente in armi, la convivenza senza grandi problemi di diversi popoli e culture e lingue, una burocrazia che, a chi viene da altri Paesi, è per certi versi una scoperta meravigliosa, una certa sobrietà di gran parte della popolazione anche quando potrebbe sfoggiare ed esibire benessere. E tra le altre cose elementi di democrazia diretta quali sono certamente presenti nell’istituto referendario, abrogativo e propositivo, con potere di intervenire sulla Costituzione. O anche il fatto che una minoranza come quella italofona ticinese disponga di canali tv e radio che – se leggo bene le cifre – godono di un finanziamento statale cinque volte superiore alla percentuale che la componente umana ticinese rappresenta: il 4% circa della popolazione svizzera. Perdonate se metto le mani avanti: so benissimo che tanti potrebbero, per ogni punto in positivo, elencarmene dieci in negativo. Lo so che la storia anche recente della Svizzera ha macchie non tanto facili da rimuovere: Jean Ziegler ha informato coi suoi libri già da decenni su malefatte del potere finanziario svizzero, complice di regimi odiosi, macchie difficili da cancellare di certe industrie svizzere, compresa Nestlé ecc. Basta leggere Ziegler, ripeto. Aggiungo solo un’altra grande macchia che è quella della Pro Juventute e del sequestro dei bambini Jenisch alle rispettive famiglie e dell’internamento, maltrattamenti di ogni genere e abusi che hanno dovuto subire. E proprio oggi mentre scrivo, vedo comparire qui in blog un pezzo su Mariella Mehr che è stata una delle vittime di quella orribile, troppo lunga pagina della storia recente della Svizzera.
E, tuttavia, insisto a evidenziare l’utilità che avrebbe un Paese a imparare le cose positive degli altri, così come gli svizzeri hanno imparato ad apprezzare e ormai adottato tesori dell’Italia, quali la pasta, la pizza, il caffè, la pastasciutta, la mozzarella, l’aceto balsamico, i pomodori freschi e secchi, i carciofi, l’olio d’oliva e tante altre cose.
Venendo finalmente alla cosa in argomento, vale forse la pena di aggiungere alle considerazioni di Rubattu che i promotori del referendum – che ha deciso che, per il futuro, i compensi ai manager dovranno avere un tetto e che questo verrà deciso dall’assemblea degli azionisti e non dai compari del consiglio di amministrazione – disponevano per la loro campagna referendaria di un budget di 200 mila franchi (circa 170 mila euro) a fronte dei 12 milioni di franchi (grosso modo 10 milioni di euro) messi a disposizione dalla parte avversa. Insomma, David contro Golia. Oppure Tell contro Gessler e l’impero Asburgico, se volete. Eppure anche stavolta David ha stravinto. Non è un qualcosa che fa sperare, il fatto che se il cittadino (non il suddito) ha la possibilità di fare valere il suo peso, è anche possibile che il potere dei soldi venga atterrato? O, ormai si è così abbrutiti nella convinzione che il potere dei soldi non conosce ostacoli, così da rinunciare a qualunque sfida?
Proprio nel pieno delle discussioni nel periodo precedente il voto, al signor Daniel Vasella, presidente dimissionario del consiglio di amministrazione della Novartis, sono stati offerti dalla ditta 70 milioni di franchi (quasi 60 milioni di euro) come buonuscita. Quasi certamente tale buonuscita era anche condizione perché Vasella non andasse a lavorare dalla concorrenza (divieto di concorrenza, spesso contrattualmente regolato per i grandi manager). Vasella, visto il montare dell’indignazione di buona parte dell’opinione pubblica ha rinunciato alla buonuscita. I conti che gli sono stati fatti in tasca parlano, comunque, di un guadagno nella sua carriera di almeno 400 milioni di franchi. Ciononostante rifiutarne 70 per “pudore” è, comunque, cosa che colpisce. Se poi, la rinuncia è fatta nella prospettiva che, in tal modo potrà accettare incarichi dalla concorrenza, la cosa assumerebbe un altro aspetto. Naturalmente che un manager che va in pensione riceva una buonuscita di 70 milioni di franchi, dopo avere avuto stipendi da nababbo, è imputabile non all’individuo ma al sistema. Ma il sistema stavolta si è scontrato con una indignazione e volontà dei cittadini che ha detto no e che impone il cambiamento della legge. Una legge peraltro che, con questo pronunciamento, diventa forse la più severa dell’Occidente in materia. Sono previsti addirittura 3 anni di carcere per chi provi ad aggirarla. E questo in un Paese dove il reato fiscale prevede solo una sanzione amministrativa e non penale. Che poi si trovino Dio sa quali scappatoie non lo so. Colpisce anche la presa di posizione di Franz Hummer, pari ruolo di Vasella nel gigante della chimica Roche, il quale dice che non accetterebbe mai una buonuscita come clausola condizionante il suo eventuale reimpiego nella concorrenza: «Non mi serve il divieto di concorrenza. Ho passato 20 anni in questa azienda! In questa impresa mi sento a casa, qui c’è il mio sangue. Non serve un divieto di fare concorrenza. Lavorare per un altro gruppo farmaceutico per me è inconcepibile» afferma Hummer in un’intervista dalla «Basler Zeitung» del 6 marzo 2013. Che anche i manager svizzeri abbiano cuore e tratti di valori etici comunemente intesi? Del resto, se si legge qualche intervista a Vasella viene fuori la figura di un uomo con profondi valori etici e preoccupato dell’ambiente e della popolazione del mondo intero e non solo dei profitti della Novartis e suoi. È stato addirittura insignito del riconoscimento Award for Responsible Capitalism (sperando che il riconoscimento non abbia il valore di certi Nobel per la pace di poco tempo fa).
Altri due temi sono stati oggetto di votazione, altrettanto interessanti ma eventualmente se ne parlerà in altra occasione. Piuttosto, all’elettore italiano può interessare sapere che quando è prevista una votazione, in Svizzera, agli aventi diritto arriva una busta che contiene materiale informativo sull’oggetto della votazione con i pareri dei favorevoli e contrari, nonché con il parere del Consiglio federale. La busta contiene anche le schede per il voto e deve essere utilizzata per riconsegnarla al Comune. Anche una settimana prima della data delle votazioni, la busta con le schede può essere imbucata in una cassetta apposita nell’ingresso alla Casa comunale altrimenti si può votare al seggio nel giorno fissato. Le votazioni si svolgono nel corso di una mattinata; il pomeriggio, solo qualche ora dopo la chiusura dei seggi, si conoscono i risultati. Nessuno studente perde una giornata di scuola, nessun lavoratore deve prendere permessi dal lavoro per votare. Niente poliziotti impegnati a vigilanza di seggi, né aperti né chiusi (come peraltro non presenziano a messe solenni, a processioni, a sfilate, a inaugurazioni, a concerti e spettacoli, né fanno da sfondo come belle statuine nei servizi alla tv: si veda il fenomeno nelle tv italiane con tutto un apparato registico che sistema poliziotti, finanzieri, carabinieri usati come comparse, magari anche con la cipria perché la luce non “spari”. Non divaghiamo troppo. Ma ci si scandalizzi, almeno, per questi grotteschi esibizionismi, mi sembra non pertinenti ai compiti della sicurezza pubblica).
Faccio notare questa “leggerezza” delle elezioni in Svizzera perché alcune considerazioni dovrebbero venire spontanee se si fa il confronto con l’Italia dove si perdono alcuni giorni di scuola per le elezioni (in realtà non so se questo sia un danno di grande portata) e dove un sistema tale di votazione, con schede votate che rimangono giacenti in Comune per tanti giorni, non farebbe subito gridare “al broglio” come è successo per i voti degli italiani all’estero, che giacciono nelle sedi consolari per giorni). Eppure in Svizzera questa è una parola sconosciuta. Che siano grandi ingenuoni gli svizzeri? O che ci sia qualcosa d’altro su cui riflettere?
Due considerazioni finali. Gli svizzeri, si diceva, hanno fatto in tempo a adottare pastasciutta, caffè, pizza e, addirittura a produrre mozzarella e pomodori. È chiaro che la qualità non è la stessa che in Italia mediamente. Se è vero che la Svizzera è un modello speciale in Europa per organizzazione politica, istruzione, sanità, servizi al cittadino, forse rimane poco tempo per vedere se c’è qualcosa da “importare” in Italia, di tutto questo. Con la coscienza che, perché i pomodori svizzeri siano buoni come quelli italiani, manca il sole del sud Italia, per la mozzarella manca l’abilità tecnica e la tradizione dei casari campani. Per contro, per acquisire ex novo e mettere in atto comportamenti, modelli funzionanti ecc. ci vuole una coscienza civica alla base che deve crescere ed essere incoraggiata, nella scuola, nelle istituzioni, nella famiglia, nella società tutta e che il cittadino deve respirare da quando nasce, come l’aria.
Eventualmente, ci si sbrighi, perché la Svizzera subisce l’abbraccio pericoloso dell’Europa. Con gli accordi bilaterali, per avere vantaggi per la propria produzione industriale e per il proprio commercio, ha rinunciato a importanti porzioni della propria sovranità a favore dell’Europa. A ciò si aggiunge un forte afflusso continuo di elementi esterni (il 25% della popolazione è di stranieri) e il fatto che probabilmente altrettanta parte della popolazione con cittadinanza svizzera non è nata in Svizzera o nasce da cittadini non svizzeri. Queste cose portano a cambiamenti molto veloci e non sempre armonici e positivi. Per me è un gran peccato se la Svizzera scompare con le sue peculiarità. Un’altra cosa per cui io “di sinistra” mi trovo d’accordo con la destra in Svizzera: è contraria all’adesione all’Europa. Poco meno di due anni fa, poco prima dell’avvento del governo Monti, lessi un appello disperato di un giornalista finanziario italiano che invocava l’invasione dell’Italia da parte delle guardie svizzere per annettere la disastrata Italia alla Confederazione. L’articolo proposto qui sopra auspica che la Sardegna diventi il 27° cantone della Svizzera. Ma forse, prima, arriveranno i cavalleggeri di mezza Europa a invadere la Svizzera, come qualcuno ha anche proposto per farla finita con questo paesucolo e le sue banche cattive. Davvero più cattive delle banche europee?
Guarda, sarà che oggi proprio non sono ben disposto. Ci proponi lezioni da un paradiso fiscale ? Vieni a fare la rivoluzione a Palermo. Vieni. Stupefacente. Il tetto sulle retribuzioni. Vergognati. Restituite prima tutte le tasse evase, pubblicate i nomi degli evasori, e poi fateci sapere. Trattengo a stento gli insulti. Quanto alla pizza, al pomodoro e alla mozzarella, spaghetti e P38, informati sugli italiani che lavorano al CERN, nonostante tutto, e quegli italiani non sono cresciuti in Svizzera, in Svizzera, ma in questo bel paese sventurato. Sì, sì, orgogliosi gli Svizzeri di non appartenere alla comunità europea. Certo, premurosi di salvaguardare il proprio paradiso fiscale. La prossima volta, conta fino a 234566679801 prima di farci la lezione dal cantone svizzero. Grazie.
Aggiungo, siete pacifici e pacifisti. Pubblicate anche l’elenco delle banche, svizzere, che hanno lucrato sul traffico d’armi, ovunque nel mondo, e che le guerre non le hanno combattute, ma promosse e finanziate. La pacifica e pacifista Svizzera. Sì scusa, proprio in questo momento, per avere le idee più chiare, ci interesserebbe conoscere i dettagli sui movimenti di denaro tra il Monte dei Paschi di Siena e … guarda caso, la Svizzera, che, tra l’altro, non batté ciglio quando si trattò di ospitare Licio Gelli. Vieni a farci la lezione svizzera, magari alla Stazione Centrale di Bologna o qui a Palermo. Vieni. Ti aspettiamo.
Gentile Ago (immagino Agostino)
solo ieri ho visto il commento al mio scritto sui “Manager Svizzeri”.
Quanto ho scritto, che ha suscitato una tua polemica reazione lo ribadisco e lo riscriverei, magari con più cura stilistica. Provo a esprimere meglio alcuni concetti e, magari, a rilevare affermazioni inadeguate e immotivate del tuo commento, che dà l’idea di essere frutto di una lettura, perlomeno, affrettata di quanto ho scritto. Ma, a parte tutte le considerazioni che posso fare, la più importante è che prese di posizione così totalizzanti e impostate a giudizi sommari di tipo etnocentrico come questa tua, sono una cosa che, personalmente, mi trovo impegnato sempre a combattere. Solo per questo, mi prendo un bel po’ di tempo per ribadire certe cose. Sui singoli punti, poi si può e si dovrebbe discutere lucidamente e serenamente.
Quando rimando ai libri denuncia dello svizzero Jean Ziegler (che non è il caso che stia qui a riscrivere io), pubblicati anche in italiano, a partire da “Una Svizzera al di sopra di ogni sospetto” di 40 anni fa, penso di avere fare fatto una necessaria e sufficiente premessa sulle pesanti colpe del potere finanziario svizzero (aggiungerei anche certe vicende delle industrie alimentari e chimiche ecc.). E ho aggiunto anche un’altra vergogna, quella della Pro Juventute, sconosciuta anche alla maggior parte degli svizzeri. Forse, dunque, quanto scrivo, va letto anche alla luce di questa coscienza – filtro che ho sempre presente.
Come principio generale, preferisco che si dica: il governo svizzero ha fatto questo, la Nestlé, la Roche, l’UBS ecc. hanno fatto questo e non ‘voi’. Come non mi piace il ‘noi’ totalizzante; forme di identificazione di massa che non aiutano né a capire né a ragionare e che trovo molto pericolose. E che, comunque, si adattano più alle forme di identificazione totalizzante delle tifoserie sportive e che cancellano l’individuo e la sua responsabilità, fino ad arrivare a fenomeni che la storia recente ha fatto pagare al mondo. Si attribuiscano responsabilità precise e si assumano anche responsabilità precise. Non è retorica.
Non volevo e non voglio fare lezioni ma esprimere la mia meraviglia per il fatto che anche i giornali ‘illuminati’ in Italia abbiano censurato o non dato il giusto rilievo a un fatto di portata che chiamare ‘rivoluzionaria’ non è esagerare, tanto più perché succede proprio in Svizzera e perché sta innescando correnti di opinioni convergenti sul tema in tutta Europa. Per informazione: presto ci sarà un altro referendum in cui gli elettori decideranno, dopo avere posto un tetto massimo ai dei manager , se mettere un limite minimo agli stipendi. Spero anche questo non suoni chissà come scandalo. Io lo giudicherei un grande progresso.
Tornando al ‘noi’ e al ‘voi’, a proposito del referendum sui compensi ai manager, cosa è successo?
È successo che quasi il 70% degli elettori ha votato il provvedimento di cui parlo, contro i privilegi di una ristretta élite (vogliamo chiamarla ‘casta’?) appoggiata dal 30% di elettori e non tenendo in conto la proposta mediatrice del governo. Quindi, quattro soggetti sociali e politici diversi in campo: quindi il ‘voi’, come il ‘noi’ mi sembrano scorretti, in quanto identificano solo un soggetto collettivo quanto mai difforme.
Il mio commento è da spettatore, di uno che ha vissuto oltre 40 anni in Italia e che almeno qualcosa dell’Italia sa (se non altro perché tutta la famiglia vive in Italia e ne vive e subisce i problemi. Basta dire che sono del Sulcis per fare capire quali situazioni di disastro e malessere conosco abbastanza bene da sempre?) e che da quasi 15 vive in Svizzera. Uno spettatore che sente sempre i soliti ritornelli e barzellette sulla Svizzera, sui tedeschi e anche sugli italiani, tipo: “Son tutti mafiosi”. Non c’è cosa più assurda che individuare “gli italiani”, una popolazione con lingue, storie, culture, tasso di sviluppo economico assai diversi, modi di essere e di porsi davanti alla realtà come una realtà identificabile con un ‘noi’ o un ‘voi’. La banalizzazione non aiuta a leggere la realtà, tanto meno a migliorarla.
So che ribattere punto per punto all’altro, gioca a favore di chi, in quel momento parla (o scrive), ma visto che ci siamo, perché non approfittarne per precisare e chiarire quello che è possibile?
Poco tempo addietro, l’uccisione di un orso in Svizzera e i commenti su un giornale in merito mi hanno già dato modo di parlare su questo blog del tema del ‘noi’ e del ‘voi’ e delle malaugurate generalizzazioni che si sono avute in certi assurdi commenti al fatto. Ricorrendo alla forma del sofisma, il ragionamento era questo: in Svizzera hanno ammazzato un orso, gli Svizzeri sono criminali, la Svizzera va eliminata. Sto esagerando e lo dichiaro. Altro sofisma: la mafia è italiana, gli italiani sono mafiosi, l’Italia va eliminata. Ma so già che qualcuno dirà: “Ma no, la mafia è siciliana”. Dunque, bombardiamo la Sicilia? O sono proprio la maggior parte dei siciliani che soffrono della presenza della Mafia?
Mafia e banche, un bel matrimonio. Mafia e banche svizzere? Se sì, solo banche svizzere? Ecco quanto diceva Falcone, già agli inizi degli anni ‘90 in un libro scritto con Marcella Padovani, a proposito di una partita sporca di 15 milioni di dollari che girava tra Svizzera, Inghilterra, New York, Canada ecc.: “L’incredibile tragitto del denaro si conclude solo nel 1991, quando un magistrato svizzero ne decreta il sequestro. Un’indagine del genere esige una conoscenza avanzata delle tecniche bancarie da parte del magistrato, un’ampia collaborazione tra governi di diversi paesi e anni di lavoro. Senza l’aiuto di magistrati e autorità elvetiche e di altri stati non sarei riuscito a terminare l’istruttoria. Contrariamente a quanto si pensa, la Svizzera è uno dei paesi che prestano più collaborazione perché ha compreso che è finita l’epoca in cui era possibile tenere il denaro sporco e lasciare i mafiosi fuori della porta. Il denaro della mafia comporta necessariamente, prima o poi, la presenza degli uomini e dei metodi mafiosi” (Giovanni Falcone e Marcella Padovani: Cose di Cosa Nostra, Fabbri Editori, 1994 pp 140-141. Ia ed. del 1991 Austral e poi Rizzoli)
La citazione è lunga ma mi serve a richiamare l’attenzione sul fatto che bisogna affinare un po’ i giudizi tagliati con l’accetta e guardare obiettivamente come evolvono certe cose. Oggi, io credo che il sistema bancario svizzero e la Svizzera in generale sia molto meno permeabile alla Mafia rispetto a molti paesi europei. Ci si informi su Inghilterra, sul Lussemburgo, Olanda, paradisi fiscali, altro che Svizzera.
Una piccolezza: quante migliaia di italiani che lavorano in Svizzera e sono fiscalmente residenti in Svizzera hanno il conticino in Italia nascosto, non dichiarato in Svizzera? Forse nessuno, forse decine di migliaia? Poca roba, si dirà. Eppure il principio alla base è lo stesso. L’occasione e la possibilità fanno l’uomo ladro, razzista, evasore fiscale, e chissà cos’altro ancora.
La Svizzera paradiso fiscale? Per un verso sì (ma, insisto, molto è cambiato e sta cambiando); non si vorrà negare che l’Italia per un altro verso, sia il paradiso degli evasori fiscali per eccellenza? E non lo dico io.
Qualunque paese, ormai, basta che lo voglia e che aspetti i tempi tecnici, può chiedere alla Svizzera il prelievo fiscale sui conti stranieri per conto dei paesi dei correntisti anonimi. È già qualcosa. Perché l’Italia non l’ha mai fatto? Forse perché molti parlamentari, può essere che ne hanno paura? Che ne so io? Dal 2009 la Svizzera ha stabilito accordi con numerosi paesi in tal senso, perfino col Messico.
Che io sappia, la Svizzera non è un paese pacifico e pacifista tout court né che si dichiari tale, come dici tu, Ago. Come principio, certo, si dichiara contro la guerra. Ma questa è un’altra cosa. Ha scritto nella propria costituzione che non parteciperà mai a una guerra. Fabbrica e vende armi, né più né meno che l’Italia. Tra l’altro, chiunque ha un’arma in casa ma non risulta, per esempio, che qui si abbiano fatti di gente che va a sparare per le scuole. Ma penso che ci sarà un referendum anche per limitare la diffusione delle armi. Qui il popolo può decidere ciò che Obama non ha il potere di decidere. Che io sappia anche come Stato è discretamente armato e credo sia il paese europeo in grado di mobilitare in un giorno il maggior numero di uomini: settecentomila ho letto da qualche parte. Neanche gi Stati Uniti, probabilmente, arrivano a tanto. Non voglio certo confrontare i due potenziali militari. Inoltre in Svizzera il servizio militare prevede l’aggiornamento fino ai 50 anni, mi pare, e chi ha fatto il militare deve obbligatoriamente sparare un certo numero di colpi ogni anno esercitandosi al tiro. Ciononostante, io credo che si possa essere armati e pacifisti e, magari, anche pacifici.
Quest’anno si dovrebbe votare per l’abolizione del servizio militare obbligatorio. E, come sempre, lo deciderà il popolo, non il parlamento o il governo. Bene, scandalizzati pure, lettore, ma io voterò contro. Magari ne darò le ragioni quando si arriverà al Referendum. Voterei contro anche all’adesione all’Europa, lo ribadisco. E anche per questo, potrei dare le motivazioni. Di fatto, poi, la Svizzera, con i patti bilaterali in Europa c’è più di quanto ci sia la Gran Bretagna. E, forse, Ago non sa, come non lo sa la maggior parte degli italiani, che da qualche anno, la Banca Nazionale Svizzera (BNS) ha cominciato ad acquistare masse enormi di Euro perché l’Euro non cada sotto la soglia di cambio 1,20 contro Franco svizzero, Se l’Euro crollasse, il contraccolpo finanziario in Svizzera sarebbe terrificante. Certo la BNS lo fa per favorire la propria esportazione. Ma questo per dire che oggi, in un certo senso, Franco Svizzero ed Euro sono la stessa moneta, per dire quanto la Svizzera sia già in Europa, per citare solo questo aspetto.
La rivoluzione a Palermo, caro Ago, deve impegnare in primo luogo i siciliani, meglio con il sostegno e solidarietà di tutti. È un principio fondamentale.
L’accenno agli spaghetti e P38 è chiaramente un ricordo di Ago, di una copertina, quanto mai banalizzante e, in tal senso, razzista, del settimanale tedesco Der Spiegel, di un bel po’ di anni addietro. Guai confondere Svizzera e Germania. Altra grossolana e incomprensibile banalizzazione. Una cosa che a molti in Italia sfugge è il forte sospetto reciproco tra cospicue parti delle due popolazioni. Molti svizzeri non acquisterebbero mai un’auto tedesca e, dall’altra parte, molti svizzeri si sentono trattati con una certa supponenza dai tedeschi: per dire due delle prime banalità che mi vengono in mente.
A proposito di traffico di armi, anche se alla cosa già ho accennato: non è forse l’Italia uno dei paesi che si è distinto nella produzione delle mine antiuomo? A quanto pare le più apprezzate nel mondo. Non è vero che gli esperti dell’esercito italiano che andavano a sminare in Afghanistan dovevano rendere inoffensive soprattutto mine antiuomo di fabbricazione italiana? E in Iraq e in Kurdistan? O chi è che fabbrica e vende gli elicotteri turchi che mitragliano e bombardano i curdi? Non mi sembra che Finmeccanica, Agusta, Fincantieri e altre ditte producano caramelle o spille da balia.
Non è forse l’Italia che ha sempre armato Ghedaffi? E a proposito di Ghedaffi, qual è stato l’atteggiamento del governo italiano e dei governi europei nei confronti di Ghedaffi? Confrontalo, per favore, con quello tenuto dal governo svizzero. Cosa c’è dietro la storia di Ghedaffi che invitava alla guerra santa contro la Svizzera, alla sua distruzione della Svizzera o, almeno al suo smembramento? Anche questo meriterebbe da solo di essere raccontato. Raccontare quello che i giornali italiani non hanno raccontato in maniera corretta. Ma questa è un’altra storia.
Quindi, se ci sono argomentazioni sensate da prendere in considerazione e che possono farmi anche cambiare idea sono pronto a recepirle. Sfoghi poco riflettuti non danno un gran contributo.
Un tempo un modo di ragionare come quello di Ago veniva raccontato come nazionalismo. Al solito, gente come Ago (che strano nome e perché non utilizzare il proprio?) divide il mondo fra buoni e cattivi…ovviamente i buoni stanno dalla sua parte e dall’altra solo i reprobi. Di certo la storia non dà molta ragione a quelli che la pensano come Ago. Basta leggerla per capirlo: i belgi, in Congo hanno fatto un massacro di dieci milioni di neri (ma forse erano neri, poco importanti per la nostra storia); gli italiani nel periodo del fascismo hanno ucciso centomila sloveni per conquistare l’Istria e la Dalmazia (ma poi i titini ci hanno ripagato con le foibe); gli argentini nella “Reconquista” alla fine dell’ottocento, hanno eliminato fisicamente tutti gli indios da Buenos Aires fino alla Patagonia. Fra le loro truppe non sono mai mancati gli italiani e gli europei e molti ufficiali erano di origine basca; I turchi che hanno ucciso un milione di armeni si servivano di briganti curdi a cui avevano promesso le terre liberate dagli armeni; Stalin, per edificare il socialismo, di russi (per la maggior parte contadini), ne ha fatti fuori oltre 3o milioni; in Grecia a Dominikon, ancora oggi la gente commemora la strage perpetrata dagli italiani all’inizio della seconda guerra (proprio come a Marzabotto, in Italia) e nei villaggi albanesi, le persone anziane ricordano ancora i bersaglieri e le camicie nere che rapinavano, uccidevano e violentavano tutti. Per quelle stragi si incazzarono persino i tedeschi che scrivendo a Mussolini gli intimarono di chiudere con quelle porcate; Quando poi in Etiopia fecero un attentato a Graziani, viceré fascista, in una settimana la risposta fu di quindicimila morti ammazzati. Insomma “all’orrore non c’è mai fine” diceva Marlon Brando in Apocalipse now. Siamo così, siamo esseri umani, fatti di luce e ombre: Roatta, Pirzio Biroli, Robotti, erano considerati dall’Onu, criminali di guerra che furono poi salvati da Togliatti…Ma gli svizzeri sono meglio, purtroppo non si può dire altro: da loro, il potere non è solo di lor signori, ma anche del popolo che molto spesso lo esercita. Questo non vuole dire che non hanno colpe, che anche loro siano immuni da porcate. Sarebbe stupido semplicemente pensarlo. Ma almeno cercano di controllarsi, di trovare strade diverse…più umane e questo bisogna riconoscerglielo…E forse è anche per questo che loro stanno meglio di noi: perché i ricchi non possono esagerare più di tanto. Perché se devono tagliare gli emolumenti ai manager lo fanno, se devono abbassarsi gli stipendi lo fanno pure, se vogliono eliminare l’esercito hanno la possibilità di indire un referendum. Noi, in Italia, possiamo fare anche una consultazione per bloccare i finanziamenti ai partiti, ma poi la casta se ne strafotte: come se ne frega di scandali e gentaglia che per evitare di andare in tribunale si fa ricoverare in ospedale. In Svizzera sarebbero andati a cercarlo con la polizia; e negli Stati Uniti lo avrebbero messo in galera da molto tempo. Questo non vuol dire che sugli Stati Uniti non ci sia da discutere, ma cerchiamo di vedere anche quello che di buono può servire. Dire che siamo tutti uguali è una fesseria che non sta in piedi. Cerchiamo invece di capire come migliorare il nostro modello di vita. Senza pensare che esista l’assolutamente meglio o l’assolutamente peggio. Fabrizio D’andré, ha tradotto in Italiano una canzone di un cantautore francese molto conosciuto, Georges Brassens, che diceva “Morire per delle idee d’accordo, ma di morte lenta”. Era una canzone di Brassens che lui, anarchico e comunardo, rivolgeva agli studenti del maggio parigino: si può morire, ma ragionando se è conveniente. Niente di più. Nello Rubattu
Marco, Nello.
Nel generalizzare ho sbagliato. Pero’ e’ grande l’esasperazione in questo momento. Non voglio dare lezioni alla Svizzera, pero’ nemmeno mi aspetto di riceverne.
Detto questo, possiamo ovviamente parlare e discutere tra esseri umani, e offrire spunti di riflessione.
Ripeto che mi piacerebbe che la Svizzera, preciso, le banche Svizzere, pubblicassero i nomi degli evasori fiscali e restituissero le tasse evase. Mi piacerebbe che lo stesso facessero l’Italia e le banche Italiane, e lo stesso dicasi per il Regno Unito, gli Stati Uniti, e cosi’ via. Non vedo in questo momento dei Paesi Modello che possano dare Lezioni. Ma in questo momento non posso aggiungere fonti e dettagliare, prendetelo come mio personale punto di vista, che poi esplode in modo emotivo e non corretto quando forte e’ l’esasperazione. Non sono nazionalista, soffro di etnocentrismo come tutti gli esseri umani, in maniera piu’ o meno marcata. Mi considero terrestre, come tutti gli esseri umani.
In questo momento, eviterei le lezioni, pero’ sono aperto alla discussione, e sono totalmente d’accordo con voi, dobbiamo impegnarci per migliorare i nostri modelli di vita, mantenerci aperti al confronto, evitare di essere sopraffatti dall’esasperazione e mantenere la lucidità (rimprovero me stesso, ho sbagliato), e impegnarci per essere parte della soluzione e non del problema, per partecipare alle soluzioni e non ai problemi.
Nelle vostre risposte avete fatto riferimento a molti temi e problemi, vediamo se nelle prossime 3 settimane trovo il modo per dare una risposta piu’ organica e meno laconica.
Grazie, ciao
Ago(stino)
Salute a te.