Produci, consuma, stermina
Romano Mazzon
Parto da lontano. Siamo nel 2011, oltre che di crisi si parla di sviluppo e innovazione. Da bambino mi immaginavo che oggi mi sarei spostato con velivoli che viaggiavano a sospensione magnetica. Avrei potuto fare le vacanze sulla Luna. I problemi alimentari sarebbero stati soppiantati da più stimolanti problemi logici posti dalla nuova cibernetica e dall’estensione del concetto di essere vivente e senziente.
Siamo nel 2011 e i cantori del progresso e dell’innovazione mi parlano di automobili, treni, tunnel, Noi canteremo le locomotive dall’ampio petto, il volo scivolante degli areoplanii. Sì, peccato che questo ardore innovativo fosse del 1909 e che quello seguente sia invece il canto dell’innovazione attuale, il salto tecnologico, in 102 anni di storia:
la realizzazione di una linea ad alta velocità/alta capacitàii tra Lione-Torino-Milano/Genova-Venezia-Trieste-Lubiana
- per migliorare il trasporto merci e passeggeri nel rispetto dell’ambiente,
- per inserire l’economia italiana …iii
Ovviamente senza dimenticare che le auto devono essere prodotte in Italia perché rappresentano un settore strategico dell’economia italiana, e del debito, aggiungerei io.
Sembrerebbe di trovarsi in un loop temporale, una sorta di nastro di Mobius da cui non si riesce a vedere una via di uscita. Forse aiutati anche del fatto che si pone troppo poco caso a chi la indica questa uscita.
E così, per garantirci il nostro tenore di vita, partecipiamo a missioni di pace qua e là, radendo al suolo interi Paesi. In effetti qui un passo in avanti c’è stato, perché, mentre Marinetti scriveva, l’Italia si dilettava in guerre colonialiste ma non per garantirsi il tenore di vita ma per cercare di acquisirne uno di tenore di vita. Da diversi anni è stata trovata anche una formula che spiega questo spirito sterminatore, si chiama Impronta Ecologica. Ci dice, in base a quanto consumiamo e produciamo, di quanto terreno abbiamo bisogno. Indica l’impronta che lasciamo sulla terra, di quanta terra abbiamo bisogno per garantirci il nostro tenore di vita. Ovviamente se il patrio terreno non fosse sufficiente, bhé, dovremmo prendere del terreno a qualcun altro oppure far lavorare qualcuno sui suoi terreni non per il suo di tenore di vita ma per il nostro. L’Italiaiv si trova al 29° posto di questa classifica, in effetti consumiamo meno di altri 28 Paesi. Però risulta che ogni italiano, semplificando, deve avere 4,2 ettari di terreno produttivo per garantirsi il suo tenore di vita. Ora si calcola che in Italia ogni abitante ha, in realtà, a disposizione un ettaro. Mancano quindi 3,1 ettari a italiano. Manca il 210% del terreno produttivo necessario a garantire il nostro tenore di vita. Bhé da qualche parte dovevamo pur andare a prendercelo! Ovviamente nel nome del progresso e dell’innovazione.
Numeri che sono persone, esseri umani come per i Pirati Somali, cattivi delinquenti che sequestrano le navi con tutti i marinai sopra. Per fermarli si usano navi da guerra e se li si prende vivi li si estrada nel Paese proprietario della nave per il giusto processo.
Bhé, noi un pezzo di quel 210% di terreno mancante lo abbiamo preso proprio sulle coste somale. Vi abbiamo scaricato tonnellate di rifiuti tossici rendendo impossibile la pesca, unica forma di economia delle popolazioni che abitano quelle coste. Quelle popolazioni, una parte, si sono trasformati in pirati, nel senso che cercano di ricavare almeno un pedaggio da quelle navi che transitano davanti a loro e che molto spesso hanno scaricato veleni nel loro mare. In teoria abbiamo un debito con loro, un debito di terreno su cui sia possibile vivere, invece gli chiediamo il permesso di soggiorno se cercano di sopravvivere qui.
Cosa molto diversa se il debito lo abbiamo con i banchieri che hanno finanziato le navi che scaricano veleni, in questo caso ci mettiamo anche in mutande pur di saldarlo quel debito.
L’altro giorno uno ha sparato sugli ambulanti senegalesi, grande scalpore, scalpore perché è successo qui, per un attimo abbiamo visto come ci garantiamo il nostro tenore di vita quotidianamente. L’oscenità della violenza per un attimo ci è balenata davanti agli occhi e l’impressione è che sia troppo tardi, che in troppi occhi sia subito balenata anche una giustificazione: “non si fa, però….”. La giustificazione che il Sindaco di Torino ha dato al rogo festante del campo Rom: un fatto inaccettabile però o i Rom si decidono ad integrarsi oppure dobbiamo comunque cacciarli.
Già i Rom, un popolo che quasi non lascia impronta nella Storia. Si rifiuta di sfruttare la terra, si rifiuta di fondare uno Stato, si rifiuta di avere un esercito, si rifiuta di produrre, si rifiuta di consumare. Allora vanno integrati o messi al bando, non deve esistere alcuna traccia di un’alternativa a questo nastro di produzione, consumo e sterminio.
Uno splendido motore fatto di crescita continua e infinita. Solo un piccolo problema con la fisica: non esiste un motore perfetto, c’è comunque dispersione di energia e, quindi, devo garantire al motore un regolare flusso di energia dall’esterno che ne permetta il funzionamento. Quel fatidico 210% di terreno a noi mancante che prendiamo, per così dire, dall’esterno.
Intanto tecnicamente, senza ideologia, al di là della sovranità, ci bastonano per finanziare questo nastro, a reti unificate o, meglio, a rete unica.
note
iiBisogna notare che la linea ferroviaria di cui parlano non può essere sia ad Alta Velocità che ad Alta Capacità, il trasporto di merci e quello di persone non sono compatibili su una linea simile. Insomma, dicono che serve ma non sanno ancora a cosa.
iiiTranspadan. Sistemi di corridoi europei, http://www.transpadana.org/chi-siamo/le-finalita.html
ivWWF, su dati 2005, Impronta ecologica: l’impatto pro capite sull’ambiente, http://www.wwf.it/client/render.aspx?root=556
Agghiacciante.