Prolegomeni della psichiatria viaggiante
di Michele Licheri (*)
(1)
… Mi sorprendo a spasso con Allan (Edgar! Allan Poe). Non so perché disquisiamo di “pisché e iatria”. Indaghiamo il vuoto senso del mantice – questo sprofondare nel vuoto – mentre il respiro si fa corto sino a mancarti il fiato e particolarmente al risveglio improvviso, in piena notte, quando tutto dovrebbe essere quiete. Già …. Quando tutto d’intorno dovrebbe essere quiete e invece la realtà è un susseguirsi d’ombre indefinite che mal quagliano una forma, che possa rispondere a un perché/per come, prima che la gola rinsecchisca e il cardio – ritmico si trasformi in un timpano percosso dall’angoscia che squassa facendo sobbalzare il petto.
“… e il corvo via non vola, sta posato, ancora e sempre,
sopra il busto di Minerva che sovrasta la mia porta.
I suoi occhi sono quelli di un demonio che ora sogna
e la lampada proietta la sua ombra nella stanza,
e il mio cuore da quest’ombra che galleggia nella stanza,
non solleverò – mai più -”
… Un manipolo di resistenti guidati da un ufficiale inglese elude la prima sorveglianza, inganna un secondo drappello tedesco, intrufolandosi tra gli invitati di un matrimonio greco, l’orchestra libera liriche ancestrali, il canto mitiga la paura, gli dei fanno risplendere i sorrisi alimentando la lieve aura di attrazione dettata dall’amore e la magia è fatta poiché nell’amore esiste il dolce inganno della felicità, una perversa possessione che insoddisfatta annichilisce ma, allo allo stesso tempo, appaga nello sterminato mare/orizzonte del desiderio pulsante, incalzante. E così, che nell’estremo orizzonte astrale gli estremi riescono a toccarsi. A realizzare un unicum operandi ammansendo ogni ombra di dubbio o insicurezza. Non di immortali deve essere il “fare” ma di appagati nel “fare visionario”. E in questo caso il “fare” sta nella scoperta, nella messa a nudo dei recessi individuali, morali o pseudo-tali di ogni componente del manipolo partigiano, che muove contro i simboli dell’oppressore: i cannoni di Navarone. Disintegrare quelle bocche di fuoco di puro acciaio ariano a costo di far esplodere anche la montagna a picco sul mare e il compito degno del riscatto individuale di ogni componente del commando. L’esplosione sarà catartica – nel bene e nel male – ridefinirà il destino dei sopravvissuti, permetterà al mondo libero, ancora una volta di issare i drappelli della democrazia, della libertà sul mondo. Per la Grecia passa ancora una volta “l’essere o non essere” che si realizza nel gesto eroico della resistenza, della condivisione. Resistere all’impossibile come fu alle Termopili guidati da Leonida nel 480 A.C. che sbarrò la strada a Serse, era l’impresa da realizzare. E così fu. La montagna esplose portandosi giù in fondo al mare i cannoni di Navarone, nonché brigate e compagnie di cattivi e buoni torturati dalle SS che scientificamente estorcevano confessioni iniettando abbondanti dosi di scopolamina.
Del manipolo partigiano sopravvissero in quattro: il capitano, il chimico/bombarolo, il colonnello greco, la partigiana comunista. Gli altri volarono in braccio agli angeli ben oltre il Monte Athos.
(2)
… E fu durante l’esplosione magnifica dei cannoni di Navarone, mentre al largo incrociava la flotta britannica in piena notte, che a bordo del motoscafo del commando si decisero i destini dei sopravvissuti, ed il sottoscritto ricevette telegraficamente i messaggi psykoventosi del dott. Pandantivirus. Telegraficamente pedagogico mi proponeva un viaggio nella scrittura insondata e in alternativa all’usuale borghese, sostituendosi ad Allan. Edgar Allan Poe. Era mai lui il corvo? Il Dott. Pandantivirus? Ai tempi: il più diligente studente del ginnasio? L’uomo dell’India e Il fiume che si intrattenne a giocare a ramino con Shiva, Visnù e Brahamaputra? Lui che imparò il Suryanamaskara per grazia divina in presa diretta dal Buddha delle nevi?
La notte e il mare odisseo si manifestò. Salii a bordo del naviglio e l’abbrivio fu lesto verso l’invisibile.
Si trattava di scrivere un libro insieme a due mani a quattro mani rompendo i freni al torpedone del destino guidato dagli dei falsi e bugiardi. In passato, in un passato remoto già mi avventurai in una tale e simile impresa e i frutti raccolti non maturarono al meglio … Stavolta che mai avremmo raccolto? Quale strale avrebbe squarciato l’universo originando astri palanti e stelle cadenti?
“Xzz” fu l’esordio del dottore. A cui seguì “La pazzia della psichiatria. Tu scrivi quello che vuoi, io pure. Poi si miscela le pagine e infine pubblichiamo un e – book”
Risposi: “Intrigante proposta questa della follia dell’anima, c’è però un’altra pazzia da fronteggiare. La mia oltre che la tua, quella di Edgar , forse il più sano tra noi, e quella del Nostrono/Ricambista dell’inutile ormeggiato a ritmo di jazz al molo di Largo Gennari, e anche quella di Little Hemingway, il biografo di Poe, ora in convalescenza dopo aver urtato col virus. Altri potrebbero aggiungersi: quelli dell’erbafoglio, la rivista, oppure gli altri, gli operaisti di abiti – lavoro, quelli della poesia operaia o ancora Truls Ora, il narratore dei merluzzi fritti nonché degli operai che precipitavano nella frittura. E se trattassimo dell’insondabile obiettivo del fotografo di Piombino? Quello della gioventù pasoliniana, tutt’altro che pascoliniana -più carnale e marina la sua – svezzata in fonderia e maturata tra le sabbie e le tende dei Tuaregh? … Estremo è il fronte da fronteggiare: potere compreso che si manifesta nel il sistema del potere che folleggia nel dispensare consumo e alienazione in nome della felicità del consumismo come unica alternativa alla solitudine e nuova idolatria distorta del piacere. Sono gli orgasmi prodotti dal libero mercato che asfissiano il pianeta. O No?! … Ma noi non ci si era sistemati al di là del bene e del male?”
Il dott, Pandantivirus sortì: “ Di potere c’è ne è uno solo. E tocca spartirlo. “Para dosso”: quella struttura stradale posta a ridosso del dosso.
Il potere, come sai, si accende al ridondare del potere presente in ognuno di noi, in tutti.
Il potere così detto è “ Dio Onnipotente”. Non puoi abbattere il potere perché abbatteresti te. Puoi abbaiare”
“ Abbaiare?” Risposi. “ Abbaiare alla luna?” O cantare alla luna come Ciaula nella zolfatara che contempla il pianeta bianco e luminoso che lo sgrava dei danni quotidiani della miniera o lo consola inconsapevolmente cullandolo nella sua luce”…
(3)
“In quanto al sistema” soggiunse il dottore “potrebbe essere un’alternativa al potere. Metti tra me e te un po’ di amici, compagni, e si fa “un partito – preso” per mani tese che organizzano un girotondo intorno al mondo con al centro la kristianissima condivisione dei pani e dei pesci che misericordiosa incontra la gilanica cooperazione del Kolchotz o del Kibbutz. … Per quanto concerne il consumo : ci consumiamo, è inevitabile. E consumiamo. Oggi ho consumato il sugo avanzato l’altroieri. Era un avanzo non un consommé, eppure l’ho consumato. Era forse esausto, in frigo? O un pasto alieno refrigerato? Ho letto Urania dall’età di dodici anni, perciò l’alieno è il mio forte. Non lo recito come sotto le Torri Di Orion, lo so a memoria. … In quanto al voi, al noi etc. “a noi” è stato abrogato dopo il ventennio. E’ il fascismo che non è stato abrogato (Togliatti fece perdonare tutti!) tant’ è vero che c’è chi dice che ha fatto anche del bene: ai fascisti, naturalmente. Ma, si sa: Mussolini ha scritto anche poesie … i poeti che brutte creature, ogni volta che parlano è una truffa (F. De Gregori).”
Il sottoscritto si sorprende ad ululare. Lupo, cane da slitta che Abbaia sotto la bianca falce della luna tirando la slitta di J. London verso il Klondaike: montagne e foreste e nevose valli solcate dai ghiacciati fiumi della follia cinetica dell’oro. Città di badilanti e “piccaperdas”; papponi e bordelli dove si esercita il gioco della roulette esistenziale dell’inganno dove le mondane sembrando pure come le educande. E poi? Ancora luna: La pallida infarinata lunare rivelata al gioco delle tre carte nell’illusione d’un neon/partito. Quanta luce irrompe sui cerebro/consumanti/tossici! Chiedo al dottor Pandantivirus cos’è saggio sciamanicamente osservando la caducità del tempo. … Silenzio … “Antò” gli faccio: “alimentiamo la visione! Mettiamoci in cammino rivelando e assaporando un mondo che agli altri sfugge come è proprio del “fare oggettivo” del pedone attento”. Abbisogniamo dell’ozio quale prerogativa costruttiva alla nostra impresa, dell’ozio coscienzioso, meticoloso; dell’ozio colto, dell’ozio che lascia il tempo di vedere e interpretare, non solo di guardare (*).
“ E si caro il mio lupo” irruppe Pandantivirus: “per alimentare la visione è necessario collegare la spina alla presa alimentata da 220 volt e accendere al visione. E anche il vino alla bisogna, per la comunione. Gesù mio!”
“La visione la alimentiamo noi, Antò” gli rispondo a stretto giro di posta”
“La coscienza è dormita (addormentata) czz. Gli incubi sono svegli. Eppoi tutto si mangia o è roba da mangiare, oppure è da essere mangiato”.
“Chi è che deve essere mangiato? Dove sta l’antropofagia? … Non siamo forse centrali elettromagnetiche, quindi creature elettricamente autonome? Pensa che scarica cerebrovisionaria.” Ribatto .
“Cominci a quagliare” Risponde il folgorato sulla via di Vladivostok.
(*) Gaspare Armato: sintesi storica del flaneur; autorinediti, Napoli 2011
LE IMMAGINI – scelte dalla redazione – rimandano ad alcuni libri di Michele Licheri o da lui curati; ne abbiamo parlato anche in “bottega”
Caro Michele, questi tuoi prolegomeni in cui c’è tutto il mondo (mentale,ma non solo) mi piacciono proprio. li leggo così con la volontà precisa di lasciar capire o godere con
tutta me stessa ,mente o cuore o altro che sia, quello che vuole. andar vagando… Gisa
Eh .. Michele ! .. le Tue parole navigano .. tagliano le onde.. sono schiaffi e carezze .. scappano dal rosso e Nero del nastro della macchina da scrivere .. sono carni di cultura ..
sono moscerini e farfalle .. un perdersi e un ritrovarsi ..
Brindando con un vermentino fresco e paglierino .. pagine inquiete .. di villaggio e .. d’amore ….
(Scherzi della tastiera: .. pagine inquiete di viaggio e .. d’amore …)