«Proletkult» di Wu Ming ovvero…
… la necessità di salvare il bambino nell’acqua sporca
di Giuliano Spagnul
Ho letto il romanzo dei Wu Ming Proletkult (1) tre anni dopo la sua pubblicazione, spinto dalla lettura della saga marziana di Kim Stanley Robinson (2). L’unico personaggio del ciclo fantascientifico di Robinson con un retroterra storico: l’ingegnere cosmonauta Arkady Bogdanov, rimanda al suo lontano parente Aleksandr Bogdanov, scienziato, rivoluzionario bolscevico, figura alternativa, altrettanto carismatica, al poi unico e celebrato eroe della rivoluzione compiuta Vladimir Il’ic Lenin. Il bogdanovismo di K. S. Robinson è uno strano e, in realtà, timido omaggio al suo reale predecessore e la sua classificazione come anarchico tende ad epurarlo, e proteggerlo, da una qualunque ombra residua di marxismo ortodosso. Che l’ombra del bolscevismo non offuschi i colori della nascente rivoluzione marziana. Marxismo è quindi ortodossia o non è marxismo! Il romanzo dei Wu Ming affronta di petto il problema e interagisce con Aleksandr Bogdanov in persona inserendolo in un ben congeniato meccanismo fantascientifico sfruttando il romanzo di fantascienza Stella rossa (3) scritto dallo stesso Bogdanov l’anno successivo alla fallita rivoluzione del 1905. Anni fondamentali per la futura rivoluzione vittoriosa che nello scontro decisivo tra Bogdanov e Lenin vedranno determinarsi, in modo decisivo, gli sviluppi di tutta la storia del comunismo fino ad oggi. La foto storica della partita a scacchi fra i due nella villa di Maksim Gor’kij a Capri nel 1908 suggella questa sfida dalla portata epocale, e i Wu Ming nel fantasticare sulla sfida scacchistica immaginata vinta, in “soli diciotto turni” da Bogdanov, sembrano voler suggerire qualcosa che va oltre la pura rappresentazione della divergenza tra i due. In quella partita parrebbe condensarsi la verità della storia, nel suo non poter andare in altra direzione che non sia quella dettata dalle regole del gioco iscritte nella storia stessa. Vincere o perdere si può solo entro precise regole: quelle in cui il gioco è stato pensato e scritto. “Se il proprietario della scacchiera vuole stabilire nuove regole” era uso ripetere Bogdanov nelle scuole serali dei circoli operai “dev’essere in grado di pensarle, di organizzare un gioco nuovo.” Così come per edificare un mondo nuovo, occorrono nuovi strumenti, una nuova scienza, un’altra cultura; altrimenti si creerà solo una variante e nient’altro. Lo scontro Lenin contro Bogdanov è essenzialmente filosofico, ma è decisivo perché tocca i fondamenti del marxismo e la sua concezione della realtà. Una realtà oggettiva, sicura e certa è il propulsore di una scienza marxista di cui Lenin si fa fautore e interprete, mentre una realtà relativa per cui “ogni tempo ha le sue verità” è il pensiero controrivoluzionario, antimarxista e antiscientifico del bogdanovismo. Il fatto, storico, che Lenin si prenderà una vacanza dalla politica attiva in quegli anni densi di lotte per l’esistenza stessa del partito, per tentare di colmare le proprie lacune nel campo degli studi filosofici e per iniziare così il libro che avrebbe dovuto confutare le tesi deviazionistiche bogdanoviane, (4) testimonia dell’importanza strategica di quella diversità di vedute che potrebbe apparire ai più, come di fatto è apparsa allora al compagno Stalin, solo “una tempesta in un bicchiere d’acqua”. (5) Ma Proletkult non è solo la storia romanzata di questo scontro tra titani e dei successivi sviluppi fino alla morte del protagonista nella Russia postrivoluzionaria nel 1928. È anche, come abbiamo detto, romanzo di fantascienza intessuto sulla trama di uno dei romanzi fantascientifici (il più famoso) di Bogdanov, che descrive la rivoluzione sul pianeta Marte. Questa epica rivoluzionaria marziana viene trasformata dai Wu Ming, con un espediente di consolidata tradizione letteraria, in un racconto visionario che Bogdanov raccoglie da un compagno traumatizzato dalle conseguenze di uno scontro a fuoco durante una rapina rivoluzionaria. Il suo delirio si trasforma in materia narrativa per poi riconvertirsi nella realtà del narratore con la comparsa di Denni, una ragazza figlia di chi gli ha raccontato quella storia e che pretende di provenire dal pianeta della rivoluzione, di cui la collocazione su Marte era solo un espediente narrativo di comodo. La storia è avvincente e appassiona, ma mira ovviamente a pensare e dire qualcosa in più. Lo scopo di questa apparizione extraterrestre, che si presenta alla ricerca del proprio padre, e con intenti (la parte un po’ più debole dell’intreccio) che ricordano il film di Robert Wise Ultimatum alla Terra è, in realtà, quello di porci la domanda: “Se ce l’abbiamo fatta. Se il mondo poi l’abbiamo cambiato davvero e in meglio. Se il sacrificio è valso la pena.” La risposta non la darà Bogdanov ma lo stesso padre di Denni, ed è una risposta sulla quale Bogdanov potrà solo rimuginare “come se dovesse mandarla a memoria”: “Abbiamo intrapreso una strada tortuosa e costellata di sbagli. Alcuni evitabili, altri no. Chi può dire se arriveremo un giorno alla società senza classi… Non c’è modo per scoprirlo se non provare. Conoscere il mondo e cambiarlo sono la stessa cosa. Cambiare il mondo e cambiare noi stessi sono la stessa cosa. Non è quello che hai sempre detto? Per quanto sia alto il prezzo da pagare, non sarà mai più alto di quello che l’umanità ha già pagato in secoli di schiavitù e sfruttamento.” Non possiamo, ovviamente sapere se il Bogdanov storicamente esistito, rimuginando, converrebbe con questa risposta finale e il suo pensiero è ancora in gran parte da conoscere e studiare, soprattutto in Italia. Ma possiamo domandarci se noi siamo d’accordo, se veramente ne è valsa la pena e, soprattutto, varrà la pena riprovarci. Cioè per quanta acqua sporca possa esserci, lì dentro c’è un bambino che va salvato e fatto crescere? Come non essere d’accordo e trovarci in sintonia con chi prospetta il giorno in cui “la coscienza di lavoratori arriverà a un tale grado di sviluppo che non avremo più bisogno di un Piccolo Padre.” ? Eppure… eppure se Aleksandr Bogdanov, nel romanzo, arriva a definirsi “un marxista marziano” l’eco di un compagno, che forse per molti si era perso per strada, non può non risuonare, Al di là del ghiaccio, (6) Antonio Caronia nell’ultimo numero della rivista Un’Ambigua Utopia, nella fase ultima dei resti dell’omonimo collettivo, toglie dalla copertina il sottotitolo “Rivista di critica marx/z/iana” (7) e avvia il suo lungo e sofferto percorso di ripensamento politico. Non certo per diventare anarchico, o genericamente libertario (che di per sé significa assai poco), ma per essere capace di far morire ciò che è morto e far vivere ciò che deve poter nascere. A tal proposito alla lettura di Proletkult sarebbe molto utile affiancare un suo testo scritto poco prima della sua scomparsa: Trockij cent’anni dopo, ovvero: dagli amici mi guardi iddio,(8) Qui Antonio Caronia rovista nell’acqua sporca e al posto del bambino fa emergere non solo ciò che non ha funzionato sinora, ma ciò per cui non potrà mai funzionare. Se “non è concepibile un Marx senza materialismo storico (…) un Marx senza filosofia della storia”, quella storia “dotata di una sua intrinseca razionalità” allora quella rivoluzione, archetipo di tutte le rivoluzioni a venire, non fu tradita ma era, di fatto, già tradita nel suo stesso nascere. “Una rivoluzione fatta in nome del progresso, basata sulle analisi delle ‘contraddizioni’ che pretenda di individuare una direzione della storia, invece di lavorare sulle condizioni di formazione e di creazione delle soggettività, è destinata in modo quasi fatale a sacrificare sull’altare del futuro e delle ‘tendenze della storia’ il concreto presente degli agenti storici, degli individui e delle classi sociali di cui pretende di interpretare le nascoste e profonde esigenze.” (9) La critica di Caronia non risparmia neanche Trockij, ma, ovviamente, non può prendere in esame la figura di Bogdanov, dato l’oblio e le falsificazioni storiche del suo pensiero. Ora con lo stimolo del romanzo dei Wu Ming e con i primi studi in ambito accademico si potrebbe forse considerare Bogdanov come quella possibilità persa della rivoluzione passata e fattibile in quella futura? Il realismo dei Wu Ming ci dice di no, e anche Antonio Caronia ce lo dice. Però quest’ultimo ci dice anche, citando Foucault, che “le forze che sono in gioco nella storia non obbediscono né a una destinazione, né a una meccanica, ma piuttosto al caso della lotta” (10) e allora “è questo ‘caso’, l’emergenza degli avvenimenti, la nascita delle opportunità che si tratta di sviluppare, non la fedeltà a un dubbio e spesso pericoloso ‘disegno della storia’.” (11) E quindi Bogdanov è altro dalla rivoluzione marxista, pur contenendo (e perché no?) tanto di Marx. È quella rivoluzione al pensiero razionale astratto che giunto al suo culmine si ritrova a fare i conti con se stesso e a dover scegliere se cristallizzarsi nel dogma della verità indiscussa o proseguire a criticarsi e a divenire altro. Bogdanov, insieme a tanti altri più o meno conosciuti che hanno attraversato il Novecento, di cui ricordiamo in particolare A. N. Whitehead che influenzerà il pensiero di Deleuze come di Stengers e Haraway, è probabilmente ciò che di più importante abbiamo oggi, non per ritentare la roulette della rivoluzione nella sua mistica millenaristica, ma per riannodare i fili della nostra esperienza umana su un comune piano di realtà che veda finalmente riuniti il fisico e lo psichico (cancellando sia il dualismo che il riduzionismo) entro un materialismo dalle spalle sufficientemente larghe per reggere la complessità di un mondo che dopo la preistoria e la storia è passato in un’era, affatto nuova, di cui non possiamo, ancora, neanche tentare di dare un nome nuovo.
Nota 1: Scaricabile gratuitamente dal loro sito qui: https://www.wumingfoundation.com/giap/2021/05/proletkult-download/
Nota 2: La mia recensione: https://www.labottegadelbarbieri.org/quali-colori-per-marte/?fbclid=IwAR2vEiu7THEA0RMcYke69Mcycqi_ZtZGIG4UCYdsIvCebL8_MlM7-3-1hAA
Nota 3: A. Bogdanov, Stella rossa, Sellerio, Palermo 1989 e Agenzia Alcatraz, Milano 2018
Nota 4: Vladimir Il’ic Lenin, Materialismo ed empiriocriticismo
Nota 5: Paola Cioni, Un ateismo religioso, Carocci, Roma, 2012, p. 38.
Nota 7: La dicitura marx/z/iana non ricomparirà neanche quarant’anni dopo nel numero dieci della rivista ad opera di un gruppo di giovani attivisti, autori anche della digitalizzazione dell’intera serie della rivista http://archivio-uau.online/archivio.html
Nota 8: Postfazione a Zizek presenta Trockij. Terrorismo e comunismo (a cura di Antonio Caronia) https://www.academia.edu/487116/%C5%BDi%C5%BEek_presenta_Trockij._Terrorismo_e_comunismo_ed._it._a_cura_di_A.C._Mimesis_Milano_2011
Nota 9: A. Caronia, idem
Nota 10: A. Caronia, idem (la citazione da Foucault è presa da Nietzsche, la genealogia, la storia in Microfisica del potere, Einaudi, Torino, 1977, p. 44.
Nota 11: A. Caronia, idem
In “bottega” cfr Che ci fa Lenin su Marte-dì? e di sponda anche «Stella rossa»: dal 1908 all’oggi (entrambi di db)