Oggi doppio Pabuda
NIENTE DI MEGLIO
a mio modesto
parere,
certe mattine – ma presto:
quando i poveri vecchi poveri
han appena raccattato robe come loro
vecchie e povere
dai cumuli di spazzatura
lasciati davanti ai portoni –
non c’è niente, mi sembra, di meglio
che passeggiare
lungo i marciapiedi che i custodi
dei palazzi innaffiano
con la pompa dell’acqua
e spazzano
ancora con la saggina:
a quanto pare
per cancellare, oltre la polvere,
anche il ricordo
di quei cumuli e di quei vecchi.
passeggiando a quell’ora
passan per la testa delle storie,
t’imbatti in delle facce
che all’ora di punta
manco te le puoi sognare.
VIRUS
non impazza più
ma langue
in certe fessure
del legno
ben nascoste,
poi colpisce fulmineo
in forma piuttosto
originale:
questo virus
detto “influenzale”;
per gli amici
“malanno stagionale”:
chissà in base
a quali conoscenze
esclusive,
il mio stregone di base
ritiene d’averne
riconosciuto i sintomi
palpandomi l’addome
con le sue manotte
pulite e pienotte:
lui pigiava un po’ di qui
un po’ di là,
io protestavo
con brevissimi
ahio! uhio! e ah!
per il momento,
di comune accordo,
s’è deciso di lasciare
in un canto
l’artiglieria pesante
del devastante antibiotico:
solo tre mitragliate al giorno
di paracetamolo
più
dosi massicce di dolce
far niente,
spalmato, come si dice,
nel corso di settantadue ore.
questa, lo ammetto, è una cura
che non mi dispiace,
non mi preoccupa, non mi fa paura.
Che buffo: postando questo doppio Pabuda ieri qualcuno (il mio dito? signorina stanchezza? super-blog? Casaleggio che, stando ai media, tutto può? il criceto dei calendari?) invece di 2013 ha scritto 1913. Un paradosso temporale che però si adatta a Pabuda, così volevo dirvelo. Saluti dal dito discolo.