Quando c’era Lula…

Il bel libro di Ivan Grozny Compasso ripercorre la storia del Brasile dai grandi eventi – Mondiale di calcio (2014) e Olimpiadi (2016), su cui avevano scommesso Lula e Dilma Rousseff – fino all’incubo bolsonarista.

di David Lifodi

Nei suoi undici anni di presidenza, Lula ha avuto il merito di aver fatto uscire dalla povertà 36 milioni di persone, entrare 42 milioni di brasiliani nella classe media e creare 21 milioni di posti di lavoro, ma, al tempo stesso, non è riuscito ad evitare che la politica brasiliana restasse sempre più prigioniera di una fitta rete di clientelismo e corruzione, ha scommesso troppo sull’organizzazione di grandi eventi allo scopo di permettere al suo paese di crescere a livello economico e sociale, senza però considerare del tutto le difficoltà delle fasce sociali più povere di un paese che, all’epoca del bolsonarismo, è ulteriormente sprofondato in una spirale di violenza senza fine (a partire dalle crescenti violazioni dei diritti umani), di un’enorme crescita delle disuguaglianze sociali e di una crisi economica difficilmente risolvibile nel breve periodo.

Ruota attorno a questi concetti il bel libro di Ivan Grozny Compasso, Quando c’era Lula… Dal sogno dei grandi eventi a Bolsonaro, che ripercorre le proteste della società civile e le contraddizioni del più grande paese dell’America latina di fronte all’organizzazione dei Mondiali di calcio del 2014 e delle Olimpiadi del 2016 in una sorta di diario di viaggio che ci fa conoscere i lati più oscuri o rimossi del paese, dalla guerra sporca condotta contro i favelados al razzismo e all’esclusione della popolazione nera, poi sdoganato definitivamente dalla presidenza di Bolsonaro, ma ci racconta, nonostante tutto, anche un paese che vuol esistere e resistere, come dimostrano le battaglie dei contadini senza terra, delle madri dei giovani uccisi dall’esercito e dei venditori ambulanti, che, all’epoca dei grandi eventi sportivi reclamavano i loro diritti per non essere cacciati senza pietà dalle zone dove si tenevano le competizioni sportive come invece è avvenuto.

A meno di due mesi dalle presidenziali del prossimo 2 ottobre, già adesso caratterizzate dai ripetuti tentativi di Bolsonaro di alzare il livello della tensione, a partire dalle accuse preventive di brogli rivolte a Lula, infondono speranza le parole di Augusto, amico di Ivan Compasso, recluso all’epoca della dittatura militare ed esponente della Commissione verità e diritti umani: «Tanti errori, troppi, sono stati commessi, è vero. Però ora stiamo rischiando di perdere anche quel poco che avevamo costruito. La gente se non muore di Covid muore di fame. E se non muore di fame c’è qualcuno sempre pronto a sparare. Non era così il mio Brasile prima di Bolsonaro. Mi domando come sarà dopo. Perché ci deve essere per forza, un dopo… ».

Nonostante la grande complessità di un paese di 190 milioni di abitanti, il Brasile che, dal 2 ottobre, come tutti ci auguriamo, sarà de-bolsonarizzato, dovrà essere libero dalle disuguaglianze sociali. Non sarà facile il compito che attende Lula. Per capirlo basta leggere i dettagliati, quanto coraggiosi, resoconti dell’autore, in prima linea nel seguire le proteste contro i grandi eventi sportivi del 2014 e del 2016, poi cavalcate astutamente dalla destra, tra lacrimogeni e violenze di ogni tipo della polizia, ma anche interlocutore con i familiari delle vittime del Bope in megalopoli come San Paolo o Rio de Janeiro, tanto da finire lui stesso prigioniero, per alcune ore, di un sequestro da parte del famigerato e senza scrupoli battaglione militare del Bope (Batalhão de Operações Policiais Especiais). È luglio 2014, ma sembra l’Argentina, il Brasile, o un qualsiasi altro paese del Cono Sur latinoamericano degli anni Settanta. Con una pistola puntata alla tempia per circa venti minuti, derubato e spogliato di tutto, Ivan Grozny Compasso diventa temporaneamente desaparecido.

La strada per la democratizzazione della polizia, o, più genericamente, per un paese non più vittima di una violenza esibita e messa in pratica quotidianamente, è lunga. Il paradosso, che emerge più volte leggendo il libro, è così sintetizzato dai brasiliani: “Adesso c’è la democrazia e siamo liberi di manifestare, ma qualcuno si deve essere scordato di avvisare la polizia”.

La Fluminense, una delle squadre di calcio di Rio de Janeiro, è stata la prima a far giocare i calciatori neri nelle competizioni ufficiali, annota l’autore, ma, proprio giocando a calcio nei campetti delle favelas, sono molti i ragazzini rimasti uccisi dalle balas perdidas, sparate dai cartelli del narcotraffico o dalla polizia militare in operazioni spacciate come pacificatrici, ma in realtà mirate esclusivamente a reprimere. Le testimonianze raccolte da Ivan Compasso nei suoi numerosi incontri con gli abitanti delle favelas sono sempre le stesse: nell’anno della Coppa del Mondo «5.600 neri che abitavano nelle favelas sono stati vittime di vere e proprie esecuzioni. La polizia si nasconde, oggi come allora, dietro la legittima difesa, quando la maggior parte delle volte è lampante che si tratta di persone disarmate e rese inoffensive. C’è una cortina di fumo che copre questo massacro».

Sono molte le storie drammatiche raccolte dall’autore durante i suoi soggiorni in Brasile, anche all’epoca delle presidenze petiste di Lula e Dilma Rousseff, quando per costruire gli stadi e le infrastrutture per i Mondiali e le Olimpiadi, venditori ambulanti e senza tetto spesso finivano per essere vittime delle operazioni di “pulizia sociale” dei militari, per non dire degli operai brasiliani più poveri e degli immigrati boliviani e peruviani sfruttati e costretti a lavorare al nero in condizioni massacranti per garantire la consegna delle strutture nei tempi stabiliti.

Il libro di Ivan Grozny Compasso rappresenta un’ottima lettura per comprendere non solo le contraddizioni del paese, ma anche le prossime presidenziali. Il Brasile è in un brutto momento e le troppe risorse stanziate all’epoca per i grandi eventi sportivi sono state sciaguratamente dirottate verso l’acquisto di armi, che Bolsonaro invita a sfoggiare in ogni occasione. Se Lula avrà il coraggio e la possibilità di cambiare realmente il paese, stavolta non dovrà scendere a compromessi.

Quando c’era Lula… Dal sogno dei grandi eventi a Bolsonaro

di Ivan Grozny Compasso

Tracciati Editore

Giugno 2022

Pagine 301

16

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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