Quando lo sport fa politica, anche in Nicaragua

L’utilizzo della gesta degli atleti da parte dell’orteguismo.

di Bái Qiú’ēn

[populus] duas tantum res anxius optat panem et circenses (Giovenale)

La frase nell’epigrafe, appartenente a un poeta e retore dell’Antica Roma «[il popolo] desidera ansiosamente due sole cose: pane e divertimenti», ci fa ricordare che nella storia si sono verificati degli avvenimenti difficilmente dimenticabili che uniscono lo sport e la politica.

Quando nel 1936 si organizzarono le Olimpiadi a Berlino, essenzialmente per promuovere il nazismo a livello mondiale e dimostrare la superiorità della razza ariana (mai esistita se non nelle fantasie malate dei gerarchi), James Cleveland Owens, detto Jesse, vinse ben quatto medaglie d’oro (100 e 200 metri piani, staffetta e salto in lungo), dimostrando che quella razza inferiore non era per nulla inferiore.

Nel 1968 alle Olimpiadi di Città de Messico, Tommie Smith e John Carlos si presentarono sul podio dei 200 metri piani senza scarpe, per simboleggiare la povertà del popolo nero e con il pugno alzato coperto da un guanto nero, simbolo delle Black Panther. Quando le prime note dell’inno statunitense iniziarono a diffondersi nello stadio, abbassarono la testa. Furono espulsi dalla squadra e accusati di vilipendio alla bandiera. Poi squalificati a vita dalle Olimpiadi.

Più recentemente numerosi sportivi (con diversi colori della pelle) hanno manifestato la loro vicinanza e la loro solidarietà con il movimento Black Lives Matter.

Ai mondiali di calcio del Qatar, in questo 2022 ormai agli sgoccioli, la nazionale iraniana ha scelto di non cantare l’inno nazionale (Sorud-e melli e-Iran) all’inizio della partita contro l’Inghilterra, in solidarietà con la lotta in corso contro il regime teocratico instaurato da oltre quarant’anni, dopo l’uccisione di Mahsa Amini da parte della Gasht-e Ershad (polizia morale). Lotta che vede soprattutto le ragazze nelle strade e nelle piazze, combattendo per il loro diritto di essere considerate esseri umani e non semplici oggetti (forma di razzismo mascherata da religione o da tradizione, che lo si voglia o meno). «Verso l’alto, all’orizzonte, sorge il sole orientale / La luce negli occhi dei credenti nella giustizia». Il giornale più vicino agli ayatollah, Kayhan (Universo), ritenendo che la giustizia richiamata nell’inno debba essere a senso unico, ha titolato «Senza onore, 6-2 per i traditori».

Il 31 marzo, Daniel e Rosario avevano inviato ad Ali Hosseini Khamenei, líder Supremo de Irán, le loro sincere felicitazioni per il 43° anniversario della Repubblica Islamica. Tra l’altro definendo Amato Fratello il Presidente Ebrahim Raisi. Non hanno però mai speso una sola parola per le proteste popolari: strana interpretazione del termine solidarietà.

Il pugile nicaraguense Alexis Argüello, soprannominato Flaco Explosivo, nella sua carriera ha conquistato ben tre titoli mondiali nelle varie categorie (piuma, superpiuma e leggeri). In gioventù fu un guerrigliero sandinista che combatté contro la dittatura della famiglia Somoza, ma negli anni Ottanta divenne critico nei confronti della Rivoluzione e fu esiliato, dopo l’esproprio delle sue proprietà. Si trasferì a Miami, diventando l’idolo degli anticastristi locali. Ciò nonostante, rientrò a Managua nel 1990 e alcuni anni dopo fu candidato nelle file del Frente Sandinista, diventando nel 2008 sindaco della capitale ma il 1° luglio dell’anno successivo, a soli 57 anni, si suicidò nella propria abitazione con un colpo di pistola al petto, secondo il comunicato ufficiale della polizia. In circostanze, però, mai chiarite e come risultava dalle foto all’epoca pubblicate da La Prensa, il corpo presentava numerose ferite di arma da fuoco. Non occorre essere un patologo forense per capire la difficoltà per un suicida di spararsi vari colpi di rivoltella.

Secondo alcuni familiari Alexis aveva intenzione di convocare una conferenza stampa per denunciare la mancanza di qualsiasi indipendenza nelle sue funzioni di sindaco e le costanti pressioni che riceveva dall’alto. Vero o meno che fosse, unito ai vari spari ricevuti, il dubbio sul suicidio è più che legittimo.

Anche per far tacere le polemiche e i sospetti, il 10 luglio 2010 a Managua fu eretto un orribile monumento policromo in suo onore, nell’attuale Plaza de las Victorias, realizzato a tempo di record in trenta giorni. All’inaugurazione non potevano mancare Daniel e Rosario.

Nel giugno del 2011 il commentatore all’epoca al soldo degli impresari Moisés Absalón Pastora pubblicò in Internet la sua analisi «Di fronte a chi si è arreso il campione», feroce atto di accusa contro l’orteguismo e i suoi rappresentanti.

Dalle proteste popolari del 2018 un altro campione sportivo, idolo delle folle nicaraguensi amanti del baseball, tiene una rubrica sulle colonne de La Prensa (da oltre un anno solo nel web). José Denis Martínez Ortiz, il cui nome è assai spesso storpiato in Dennis (persino nella scritta sul nuovo stadio di baseball a lui intitolato), nato nel 1954 e da decenni abitante negli Stati Uniti. Il 28 luglio 1991 realizzò quello che gli appassionati di questo sport chiamano “lancio del gioco perfetto”, diventando un vero e proprio mito per gli aficionados.

Pochi giorni dopo il suo insediamento alla Presidenza della Repubblica, nel gennaio del 2007 Daniel lo ricevette nella sede nazionale del Frente Sandinista (ovvero la stessa casa nella quale vive a El Carmen), promettendogli il proprio sostegno nella formazione di giovani giocatori di baseball in Nicaragua. Da allora, vive sei mesi a Managua e sei mesi a Miami.

Con una notevole facciatosta, il portale ufficiale El 19 digital, il 30 aprile 2018 (pochi giorni dopo l’inizio delle proteste, riportò un suo appello, difficilmente catalogabile come sostegno al Governo: «Ho meditato su quanto sta accadendo nel mio Paese, non avrei mai immaginato di rivivere momenti di violenza tra fratelli e anche se sono lontano li porto sempre nel cuore. Desidero inviare le mie condoglianze ai genitori e alle altre persone che hanno perso una persona cara in questi tempi difficili che stiamo vivendo. […] Lottiamo insieme per realizzare i nostri sogni, ovvero vivere in un Nicaragua migliore».

Proprio a causa del suo sostegno alle proteste, non a caso, alcuni propagandisti dell’orteguismo o muerte lo hanno definito traditore vendepatria e si sono pronunciati a favore del cambio dell’intitolazione. Tra costoro vi è pure il sopraricordato Moisés Absalón Pastora, nel frattempo passato armi e bagagli all’orteguismo ed eletto deputato del Frente nelle elezioni del novembre 2021, oltre a ricevere una notevole somma di denaro in pubblicità da vari enti pubblici (ENEL, ENATREL, EPN, FISE) per i programmi che conduce sui canali televisivi statali. Parafrasando Giosué Carducci, riesce a tirare tre paghe per il lesso (Davanti a San Guido).

Tutti i mezzi di comunicazione ufficiali attualmente non fanno più riferimento al nome di Denis Martínez quando parlano dello stadio, finanziato da Taiwan e inaugurato nel dicembre del 2017 con una partita di baseball tra la nazionale nicaraguense e quella taiwanese. Una sorta di damnatio memoriae che nulla toglie alle sue glorie sportive o alla sua posizione politica (condivisibile o meno che sia).

A quanto pare, i circenses sono utili al Potere solo finché lo sostengono o non lo criticano, altrimenti… Roberto Calvi o Michele Sindona insegnano.

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